Wear Your Wounds ‘Rust On The Gates Of Heaven’
Review Overview
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8WEAR YOUR WOUNDS
‘Rust On The Gates Of Heaven’-LP
(Deathwish Inc.)
8/10
Wear Your Wounds, la creatura di Jacob Bannon, si è evoluta e da progetto in solitaria del cantante dei Converge, nel passaggio tra il primo album ‘WYW’ e questo ‘Rust On The Gates Of Heaven’, diventa una (super) band a tutti gli effetti. Un quintetto che annovera tra le sue file Mike McKenzie (The Red Chord), Adam McGrath (Cave In), Sean Martin (Twitching Tongues, ex Hatebreed) e Chris Maggio (ex Trap Them). L’album, dedicato a Caleb Scofield e incorniciato da intro e outro pacati e dai toni bigi, segna una netta evoluzione dal progetto intimo e personale di Bannon, a band in cui tutti collaborano al processo di scrittura. Viene fuori un album composito, che modella diverse grammatiche musicali per condurre un discorso valido e complesso. I morbidi momenti pieni di carattere di post-rock scrivono mesti e toccanti epitaffi che sbocciano lentamente come dei fiori notturni e che raggiungono il climax proprio con l’arrivo delle tenebre. I tremolii di chitarra sembrano instabili gocce di rugiada esposte ad un freddo vento invernale, ma non mancano nemmeno degli episodi più dinamici e incisivi. ‘Rust On The Gates Of Heaven’ ci trascina con sommesso e timido lirismo tra nenie che sgomitano fra le cicatrici del passato (‘Tomorrow’s Sorrow’) reinterpretate con nuovo piglio, tingendosi di elettricità al limite dell’industrial e passando per delle sfuriatine post-black, finali a sorpresa e allusioni gothic doom, ambizioni folk (‘Lurking Shadow’), illusioni indie (‘Love In Peril’), un cantautorato maturo e lente e tenui liturgie post-rock. Qualche sprovveduto avvertirà puzza di manierismo ma, se pensiamo che alla regia c’è proprio quel Bannon, che questa maniera ha contribuito a creare, allora cade ogni perplessità e ‘Rust On The Gates Of Heaven’ si svelerà per la perla che è.
(Santo Premoli)
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