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Salad Days Magazine | November 22, 2024

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VISION DEPRIVED ‘SELF ELEVATING, DEEP INSIDE THE VOID’

VISION DEPRIVED ‘SELF ELEVATING, DEEP INSIDE THE VOID’
Salad Days

Review Overview

7.5
7.5
7.5

Rating

VISION DEPRIVED
‘Self Elevating, Deep Inside The Void’-CD
(Slaughterhouse)
7.5/10


“…sei relegato ad un genere quindi sei di vedute corte…” Questo è stato l’ultimo commento (poi modificato… e finalmente cancellato… ma ho tutti gli screenshot) ricevuto a seguito di una mia recensione su queste pagine. “Stai cominciando questa rece come quella dei Retarded: ma che, sei scemo?”. Questa c’è l’imprecazione che, a questo punto, uscirà dalla bocca di chi sta leggendo. Daje, lasciatemi divertire un po’: l’avevo detto a “X” degli “Y” che i suoi insulti sarebbero stati di grande aiuto per la mia creatività! Comunque. Se per i Retarded si trattava di un chiara dichiarazione d’intenti del tipo “siamo relegati ad un genere e siamo orgogliosi, perché lo facciamo bene”. Qui il pezzo ha un sapore totalmente opposto. Ci si occupa di death coi Vision Deprived. Genere lontano dai Retarded come l’Italia dalla Nuova Zelanda. Penso di poterne scrivere con cognizione di causa: mi ha traghettato alle sonorità “floridiane” il chitarrista dei Cubre – per la serie quando la vita ti riserva delle sorprese pazzesche – conosciuto a servizio civile in quel di Canzo. 1998. Ripeto. 1998. Fine anni ’90. Fat Wreck basta. Punk basta. Hard Core Basta. Non ne avevo più. Vedo dal vivo i Cubre, uno dei primi esperimenti italiani di metal estremo meets hardcore, e mi si apre un mondo. Dischi. Frequentazioni. Concerti che non pensavo avrei visto solo un anno prima. Tutto molto underground. Uno spirito ed una rabbia che le canzoncine dei Rancid, proprio, avevano perso da ‘Let’s Go’ (e sono buono). I Cubre giravano con una crocchia di gruppi milanesi, tutti “metal estremo meets hardcore”. Nashwuah. Mumbajumba. Cain. Cazzo. I Cain: il cerchio si chiude. Se la maggior parte delle testate che ho letto parla (giustamente) di Vision Deprived come “gruppo di Carlo Altobelli dei Toxic Basement Studios”… per me (che ho vedute corte, ma soprattutto sono un vecchio, caxxo), i Vision Deprived sono il nuovo gruppo del bassista dei Cain. Sentitevi ‘Realm Of Void’, e ditemi se non ho ragione. Un incipit del genere manda a casa tutti quelli che: “il death è un genere monolitico, uguale a se stesso”. Nonostante l’ottima produzione (ovvio, parliamo di Carlo Altobelli), lavoro tutto tranne che “marcio”… la cosa che vedo, leggo e sento nei Vision Deprived è questo “mezzo” piede, anzi quest’unghia che li tiene ben attaccati all’hc. E la cosa, non lo devo dire, mi piace. Faccio due esempi. Di sostanza e di forma. Uno. La voce. Non è il growl alla Corpsegrinder. E, visto che di Cain si parlava. La voce di Alberto non è neanche “disturbante” (in senso positivo) come le urla di Guasco. Ci sono dei momenti, chiudete gli occhi con me, dove sembra di sentire Cesare degli Incudine. E se non è hc la voce di Cesare degli Incudine. LA VOCE. Due. L’attitudine. La “forma”, appunto. Materiale fotografico che mi vengono in mente gli Hooded Menace, i Conan la prima volta che li ho visti: felpa nera con cappuccio, e volumi talmente alti che non si riusciva a guardarli in faccia. La BOTTA. Artwork new wave. O, se proprio dobbiamo rimanere nel genere, artwork Meshuggah (o Nasum) più che Immolation. Avete detto “titoli”? ‘I am’. ‘Beyond Myself’. ‘Deeper’. Questi sono i 108… cazzo. Questi parlano di me. Non di serial killer, né di operazioni andate a male. Da recuperare. Quest’album, e TUTTO quanto sopra.
(franz1972)

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