Urlo / The Mon – Ufomammut – interview
La pausa di Ufomammut permette ad Urlo, cantante, bassista e synth player della band, di tornare a concentrarsi sul suo progetto solista The Mon.
In questa intervista ci racconta la nascita e lo sviluppo di questo altro capitolo della sua vita, in cui vediamo un lato più intimista ed introspettivo. A seguito in anteprima un video live del singolo ‘The Manure Of Our Remains’.
SD: Il tuo primo disco con il progetto solista The Mon esce nel 2018. Quando è nata l’esigenza di suonare da solo?
U: Tanti anni fa, in verità. Dopo l’uscita di ‘Idolum’ ho cominciato a lavorare ad un progetto chiamato Farwest Zombee che col tempo si è evoluto coinvolgendo altri artisti, ma non è mai andato in porto. Quindi ho deciso di fare qualcosa che fosse solo mio e alla fine del 2016 ho iniziato a buttar giù qualche idea. Poco alla volta è nato Doppelleben.
SD: Quando hai iniziato a suonare il synth? Che tipo di sintetizzatore/i usi?
U: Da quando Poia ed io abbiamo cominciato a lavorare alle prime idee di pezzi che poi sarebbero diventati i primi brani di Ufomammut, nell’ormai lontano ’98. Avevamo un Korg MS20 che mi aveva regalato un amico di un mio Zio. Nel tempo ho iniziato ad appassionarmi al suono dei synth e ho un po’ di cose carine, dei Moog, dei Korg, dei Waldorf… ma non disdegno anche i synth
virtuali.
SD: Cosa significa The Mon?
U: Beh, per prima cosa è un suono… demone. Inoltre i “mon” sono gli emblemi giapponesi che identificano un individuo (o una famiglia). Stemmi, in pratica. E il design del nome che c’è sulla copertina di ‘Doppelleben’ ha la funzione di “stemma” per distinguere un semplice nome e dargli un valore unico.
SD: Di cosa parla ‘The Manure Of Our Remains’?
U: Parla dell’uomo, dello scorrere del tempo e della nostra fragilità. Siamo già spariti, come le nubi in cielo, il respiro su un vetro e come le stelle già morte di cui vediamo ancora la luce. E combattiamo per cause stupide che non fanno altro che cancellare ciò che resta di noi.
SD: C’è un filo conduttore che ispira la tua musica o sono ispirazioni che cambiano e si evolvono di volta in volta?
U: Compongo musica principalmente quando sono di cattivo umore. Quando sento dentro di me la necessità di sfogarmi. Sono una persona abbastanza chiusa e la musica è sempre stato il mio modo di esprimermi e liberare il mio spirito e parlare con gli altri. Non c’è un’ispirazione sola per The Mon, sono storie, momenti.
SD: Come definiresti il sound di The Mon?
U: Non saprei. Non amo le definizioni, è semplicemente quello che faccio, il suono che mi rappresenta, il modo in cui so creare musica ma non saprei davvero definirlo.
SD: Quando senti dare un’etichetta al genere di musica che fai ti capita di sentirlo riduttivo o semplicemente obsoleto? A volte definire un genere può diventare fuorviante.
U: Come dicevo sopra, non mi piace etichettare nulla. I generi sono definizioni sfuggenti che lasciano il tempo che trovano. Mode che cambieranno. C’è stato un momento in cui tutto era stoner, poi drone, quindi doom e presto diventerà altro. Credo che la musica sia semplicemente musica, suonata in modi differenti, con intenzioni diverse, ma con l’intento di toccarci l’anima.
SD: Il video che hai girato e montato sembra quasi un rimando allo Yin e lo Yang, Sbaglio?
U: Lo Yin e lo Yang sono due opposti… non ho pensato a quello mentre lavoravo al video. Ci può stare, certamente. L’idea era quella di cogliere il fluire del tempo, c’è un’istante in ogni ripresa in cui le due metà dello schermo si uniscono e diventano una forma unica, un’immagine sola. E’ un istante, come la nostra esistenza all’interno del passato e del futuro. E’ il presente, che dura un attimo e viene perduto nell’incessante fluire del tempo.
SD: Avere una band ed un progetto solista equivale un pò ai due (o più di due) aspetti del proprio essere che si intersecano, questo è il motivo per cui chiedevo dello yin e dello yang. Ti riconosci di più in una delle due forme o ti appartengono entrambe allo stesso modo?
U: Credo che suonare sia semplicemente suonare. Ho sempre fatto tutto quello che ho voluto, senza mai seguire regole, cercando sempre il massimo della libertà nella fase compositiva. Ho sempre voluto essere me stesso, che fosse Ufomammut o The Mon. Sono sempre io, o almeno una parte di me.
SD: Secondo te è difficile unire la naturalezza dello sperimentare la propria “esigenza” musicale con il business della musica?
U: Sicuramente. La musica diventa sempre di più puro business, divorando il lato artistico della cosa. Negli anni ho visto cambiare tante cose, nascere realtà pronte a divorare altre realtà pur di far soldi, la musica a volte non conta più. Certamente è sempre stato così, i discografici hanno sempre investito per vendere i dischi. Ma oggi è tutto effimero e dura un istante, per poi sparire ed essere sostituito da qualcosa che può funzionare meglio. Consumismo musicale… ho sempre avuto la fortuna di trovare etichette come la Neurot, oppure di produrre con Malleus (e quindi Supernatural Cat) le cose che ho fatto con Ufomammut e con The Mon. E non sempre è andata bene…
SD: La simbologia, sia negli Ufomammut, ma anche in questo progetto sembra essere un’impronta estetica di grande rilievo. Prende spunto da qualcosa?
U: Mi è sempre piaciuto giocare con la simbologia, interpretare le forme per dar loro nuovi significati. Mi piace l’idea che ognuno possa vedere quello che vuole nelle forme che risultano dalle grafiche delle copertine, dei video, di quello che gira attorno a ciò che faccio. Spesso sono immagini e simboli religiosi, ma sono svuotati dal loro significato comune, assumono una nuova identità nelle mie mani e nella mia testa.
SD: Come si sviluppa il tuo percorso creativo? Nascono prima i testi o le musiche?
U: Nascono sempre prima le musiche. Poco alla volta aggiungo strati fino ad arrivare alla forma finale in cui le parole diventano come il formaggio su una teglia di lasagne… ahaha
SD: Quando uscirà il nuovo album di The Mon?
U: Spero dopo l’estate.
SD: Dove è stato registrato?
U: Nel mio studietto casalingo piccolo piccolo che ho chiamato The Howl, in onore ad Allen Ginsberg e al mio soprannome.
SD: Oltre a The Mon ci sono altri progetti in corso?
U: Musicalmente no. Anche perché in questo momento è difficile anche solo portare avanti The Mon.
SD: Cosa consiglieresti di ascoltare in questo periodo?
U: In questi giorni sto postando un po’ degli ascolti che faccio su Spotify, per sentirmi un po’ più vicino alle persone con cui condivido da sempre la mia musica e passioni. Comunque, tra gli ascolti di questo periodo metterei Abul Mogard, Leeched, Trent Reznor, Pinkish Black, Andreas Scholl, MMMD, Jaye Jayle, Etta James, Bohren, Icebreaker and JB Cole, Whores, Pure Mary… niente Trap, mi spiace…
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(Txt Valentina Vagnoni x Salad Days Mag – All Rights Reserved)
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