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Salad Days Magazine | November 22, 2024

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Shinebox interview

Shinebox interview
Salad Days

Torniamo a parlare di hardcore in questa intervista con gli Shinebox, band di Foligno che in ‘A Quiet End’ ha riassunto anni di vita on the road e quel senso di appartenenza tipico dell’ambiente.

SD: Siete in giro dal 2007, vivendo sulla vostra pelle l’evoluzione recente che la scena hardcore ha avuto. Come si sta all’interno di questo movimento e com’è il suo stato di salute?
S: Il concetto di hardcore è molto cambiato negli ultimi anni, perdendo in gran parte quelli che erano i tratti dominanti e fondamentali. Onestamente è un fenomeno anche abbastanza comprensibile, sarebbe piuttosto ingenuo credere che una “filosofia” resti immune al passare del tempo. Come band abbiamo sempre avuto sentimenti ambivalenti per quanto riguarda l’appartenere o meno a questa scena: da un lato l’onore di essere inseriti in un movimento che abbiamo sempre amato, specie in termini di valori proposti. Dall’altro la consapevolezza di avere un suono e dei testi non prettamente tipici del genere. Suonando con tante band possiamo tranquillamente affermare che c’è molta qualità nella scena underground italiana.

SD: Conoscendovi più o meno bene a livello discografico ammetto di essere molto contento della crescita artistica avuta soprattutto negli ultimi anni. Cosa ha influito in questo cambio di passo a vostro avviso? L’essere costantemente in tour, l’affiatamento all’interno della band, cosa?
S: I primi ad essere orgogliosi di questo nuovo lavoro e di questa nuova direzione siamo proprio noi. Come puoi facilmente intuire è stato un processo lungo e non privo di ostacoli. Di sicuro hanno influito gli ormai sette anni insieme, le tante date, le esperienze vissute come band e come individui, la presenza di una seconda chitarra, ascolti molto più eterogenei rispetto al passato e una inevitabile crescita personale.

SD: Una domanda che mi faccio spesso è cosa spinga una band underground a pubblicare un EP, con la crisi discografica e le vendite a picco è una mossa assai rischiosa non trovate?
S: In realtà dietro la scelta di pubblicare un EP ci sono molteplici ragioni. La prima è innanzitutto legata ad un discorso di visibilità: una band del nostro livello non può permettersi lunghi silenzi discografici o anni di sala prove e studio, si rischia di bruciare quel poco di buono fatto e finire nel dimenticatoio prima del tempo. Ecco dunque l’esigenza forte di esserci. La seconda ragione è di carattere “sociale”. Oggi il fruitore medio ha un approccio molto veloce alla musica, difficilmente qualcuno ha il tempo di sedersi e ascoltare un LP. La musica si divora in macchina mentre si va a lavoro, per strada, nei tempi morti. Ecco allora che l’EP risulta più diretto, veloce senza comunque perdere in termini di qualità del prodotto. Infine una ragione economica: essere in una band che prova a farsi conoscere ha i suoi costi fra date, furgone, video, promozione, merch. Registrare un EP costa meno.

SD: Ciò nonostante trovo che in ‘A Quiet End’ siano contenuti alcuni dei vostri migliori brani, ‘Seasons’ in primis. Siete della mia stessa idea? Come sono nati questi sei brani?
S: Siamo infinitamente soddisfatti di questi brani, ognuno a modo suo rappresenta nella nostra visione un piccolo gioiello, curato fin nei minimi dettagli. I pezzi, ad esclusione delle meno recenti ‘Atlantic’ e ‘Write Home’, hanno avuto una gestazione piuttosto lunga e complicata, passavamo ore in sala senza riuscire a trovare qualcosa che davvero ci piacesse. Poi, come spesso succede, arriva il giorno in cui tutto riesce, tutto diventa fluido e lineare, il giorno in cui le discussioni interminabili diventano un lontano ricordo. Da allora abbiamo scritto quattro brani in pochissimi mesi.

SD: Sul fattore stilistico siete un mix tra old e new school, da una parte un grande utilizzo di cori che ricordano molto le band vecchia scuola, dall’altra un sound moderno e assai vario. Chi sono le vostre principali influenze?
S: Come accennato in precedenza, questo EP è figlio di ascolti molto più vari e, per la prima volta, di cinque persone con l’aggiunta di una nuova chitarra. L’utilizzo dei cori ci ha sempre affascinato, sia nella versione più old school che in quella più classica come in ‘Thousand Miles Away’. Crediamo che nel coro risieda l’essenza di quel sentimento di appartenenza, di sostegno reciproco che è alla base di ogni relazione. Fra le band che ci hanno ispirato possiamo citare Pianos Become The Teeth, Touchè Amorè, More Than Life e gran parte della nuova scena britannica, fino a band post-rock come i This Will Destroy You.

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SD: Il mood del mini mi sembra orientato verso qualcosa di oscuro e rabbioso. Come sono stati pensati i testi e quali sono i temi caldi?
S: E’ effettivamente il disco più scuro, intimo e personale che abbiamo mai scritto. Rappresenta una riflessione amara e consapevole sulla vita, sulla fragilità dei rapporti e dei legami, sulla nostalgia e sulle proprie radici. Quello che si chiede, come ultimo favore, è solo una fine tranquilla. Fino ad allora c’è l’obbligo morale di provarci.

SD: Per la produzione vi siete affidati agli ormai consolidati Hell Smell Studio. Come vi siete trovati a lavorare con loro e qual è a vostro avviso il punto di forza di questo studio?
S: “Hardcore” per noi è innanzitutto rispetto, stima, amicizia e sostegno alle persone a cui vogliamo bene e che nel corso degli anni non ci hanno mai fatto mancare il proprio appoggio. Fino a quando gli Shinebox esisteranno e avranno qualcosa da dire, ci affideremo alle sapienti mani (e orecchie) di Alex Gavazzi dell’Hell Smell Studio di Roma. Non potremmo chiedere di meglio in termini di professionalità, risultato, competenza, disponibilità, relazione umana.

SD: A proposito di Roma e di Hell Smell Studio, pochi giorni fa si è tenuto il last show di un nome storico della scena hardcore nazionale, i To Kill. Cosa pensate di questa band e quanto ha dato di suo a vostro avviso alla scena?
S: I To Kill hanno rappresentato e sempre rappresenteranno un esempio di cosa voglia dire suonare hardcore. I To Kill erano sostanza e non c’è cosa più commovente di una band che ha una storia da raccontare.

SD: Guardiamo avanti, progetti per questo 2014?
S: Tante date in tutta Italia (e speriamo presto anche all’estero) per promuovere ‘A Quiet End’ e un nuovo video.

SD: A quando il nuovo disco?
S: Al momento davvero non sappiamo proprio, ci stiamo godendo questo EP e vogliamo suonarlo live il più possibile.

SD: Un saluto ai lettori di Salad Days Mag?
S: Un abbraccio sincero da tutti noi e grazie di cuore per lo spazio che ci avete concesso

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(Txt by Arturo Lopez x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

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