Rival Sons live @ New Age Club
Piove ed è una di quelle serate che te ne staresti bene sul divano con la copertina in questo scorcio di primavera che Giove Pluvio ha trasformato in una infinita Seattle o Manchester…
dove piove sempre e quando non piove sembra che piova lo stesso, come citava John King in uno dei suoi libri più famosi. Ma tanto è che decidiamo d’andare a vederci la terza calata in Italia dei californiani Rival Sons in meno di due anni, l’ultimo disco: ‘Head Down’ ha accresciuto l’interesse intorno a loro, basta arrivare al parcheggio intorno al New Age a Roncade (Tv) per capirlo si fa fatica a trovare da parcheggiare e come si entra si ha la conferma che stasera c’è parecchia gente ad assistere al concerto, che riempie quasi del tutto il locale.
Il pubblico è quanto di più eterogeneo si possa avere a un concerto: si va dal rockettaro ultracinquantenne che non vuole perdersi gli ultimi eredi dei Led Zep agli immancabili hipsters che seguono qualsiasi novità hype che il mercato sforni (qui forse più per The Balconies, spalla dei Rival, e la loro avvenente cantante). Bastano le prime due canzoni per capire che i Rival Sons sono stati tirati su ad hamburger e Led Zeppelin, rock blues britannico alla massima potenza con dei suoni che solo un gruppo statunitense riesce a ottenere; deve dipendere da una questione genetica il fatto che solo al di la dell’oceano si riesca ad avere un suono cosi dal vivo. La sapienza con cui dimostrano di saper alternare brani immediati e veloci ad altri che mescolano blues, soul e funk pagando dazio proprio agli immensi Grand Funk Railroad; ciò dimostra quanto i nostri non siano il gruppetto da una hit, video e via: solidi, concreti, sembrano appartenere giustamente a un’altra era quando le bands non avevano paura d’improvvisare o dilatare le proprie canzoni.
Se Jay Buchanan è una sorta d’incrocio fra Robert Plant o Paul Rodgers per l’ugola e Jim Morrison per atteggiamenti e movenze, rappresenta il fulcro intorno al quale si muove tutta la band, (anche se stasera sembra leggermente sottotono e non si produce nei soliti acuti zeppeliani) certamente Scott Holyday non gli è da meno alla chitarra e insieme catalizzano l’attenzione dei presenti; ma il vero motore lo rappresentano Robin Everhart al basso, superlativo, sembra un bassista jazz capitato a suonare per sbaglio in una rock band, e Mike Miley alla batteria davvero un indemoniato, instancabile sciamano che trasmette entusiasmo a tutti.
In definitiva abbiamo assistito a un buon concerto di una buona band che forse non è paragonabile ai Led Zeppelin ma certamente è quello di cui l’asfittica scena hard rock blues ha bisogno, forse attualmente uno dei migliori live act in circolazione di questo genere di musica. Ah dimenticavo le canzoni: ‘All Over The Road’ e ‘Sleepwalker’ sono quelle che mi hanno colpito, non dimenticando naturalmente ‘Pressure And Time’ e ‘Keep On Swingin’ per concludere con ‘On My Way,’ il loro inno ufficiale.
Leggetevi l’intervista completa al quartetto qui: https://www.saladdaysmag.com/rival-sons-interview/
@saladdaysmagazine
(Txt by X-Man; Pics by Rigablood x Salad Days Mag – All Rights Reserved)
Submit a Comment