Obituary ‘Ten Thousand Ways To Die’
Review Overview
8.5
8.5OBITUARY
‘Ten Thousand Ways To Die’-LP
(Relapse)
8.5/10
In attesa del nuovo album che uscirà nella primavera del 2017, gli Obituary ci danno in pasto due nuovi pezzi. Non paghi di ciò, accludono pure un live set registrato in giro per gli Stati Uniti nel corso del tour di supporto alla loro ultima fatica in studio, ovvero ‘Inked In Blood’. Partiamo col parlare un pò dei due pezzi inediti, ovvero ‘Loathe’ e ‘Ten Thousand Way To Die’. Da anni ormai il gruppo di Tampa ci ha abituato ad un songwrting molto asciutto e più pulito rispetto al passato, con l’innesto di parti groove che però non inficiano minimamente la potenza distruttiva che sono in grado di produrre. Questi due brani sono nel loro classico stile del nuovo millennio: lenti, pesanti e senza tanti giri di parole. La produzione secca li rende a mio avviso molto validi, specialmente ‘Loathe’. La seconda parte di questo lavoro, si compone di dieci tracce pescate nei vari live set tenuti in giro per la loro madrepatria, compresa una puntatina a Toronto in Canada. Personalmente se non avete mai visto gli Obituary dal vivo, colmate appena potete questa lacuna. Sono semplicemente micidiali, una mattanza di sangue e budella senza fine. Spazzano via tutto. Le tracce sono prese dai loro lavori più recenti e più vecchi, e su tutto aleggia una forza apocalittica che vi farà scapocciare la testa senza ritegno alcuno. Suoni crudi e ruvidi, non c’è stata nessuna sovraincisione ne l’uso di “trucchetti” da studio: qui parliamo del suono Obituary come lo potreste ascoltare trovandoveli di fronte. La voce di John Tardy è profonda e gutturale e regge ancora benissimo nonostante gli anni che ha sul groppone. La batteria del fratello Donald Tardy è un concentrato di precisione ed è in grado di trascinare questi brani senza che nessuno possa opporvi resistenza. L’ascia di Trevor Peres è maligna e sulfurea, con un riffing maniacale e omicida. Terry Butler al basso è la solita enorme garanzia di qualità mentre il secondo chitarrista Kenny Andrews aggiunge quel tocco di classe che non fa rimpiangere i suoi illustri predecessori. Non consideratelo solo un riempitivo, qui gli Obituary ci hanno messo il cuore come sempre.
(Marco Pasini)
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