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Salad Days Magazine | December 22, 2024

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NeverAlone interview

NeverAlone interview
Salad Days

Da Modena ecco i NeverAlone, punk-rock band che in ‘Same Old Shit’ si presenta al grande pubblico in maniera fresca e attuale. Li abbiamo incontrati al gran completo.

SD: ‘Same Old Shit’, un titolo forte che riflette pienamente la situazione odierna direi. Cosa vi ha spinto a scegliere questo titolo e cosa ne rappresenta all’interno del disco?

NA: Il titolo del disco racchiude in realtà più significati: abbiamo pensato sì alla situazione odierna del panorama musicale dove è sempre più difficile se non impossibile inventarsi qualcosa di nuovo, ma anche e sopratutto al fatto di essere affini a un genere da diversi anni e che continuiamo ad approcciarci al modo di scrivere, suonare esibirci dal vivo come dagli inizi, che continuiamo a proporre questo tipo di musica nonostante la nostra età e nonostante ormai non sia più in voga come negli anni’90. Infine è significativo che uno dei temi portanti dell’album siano le relazioni sentimentali. Di fatto ognuna di esse ha un inizio dove tutto è rose e fiori, una fase intermedia e stazionaria, poi una conclusione, solitamente non proprio rosea! In questo senso anche ogni nuova storia è la ‘Same Old Shit’.

SD: Non siete una band di ragazzini e la cosa la si nota soprattutto nel modo in cui intendete la parola punk-rock, ossia vecchia scuola ma anche inclini alle novità

arrivate negli anni’90. Cosa significa suonare punk-rock music per una band come i NeverAlone?

NA: Per noi suonare punk-rock significa prima di tutto divertirsi nel farlo, fare ciò che ci viene istintivo e senza dare troppo peso alle mode, sudare e dare l’anima ai concerti così come alle prove. Crediamo molto nell’aspetto live della nostra musica, la vera anima di una band. Il disco vanta diverse influenze al suo interno: troviamo richiami al sound street dei Clash arrivando all’hardcore melodico di stampo californiano e le novità introdotte dalle band Epitaph/Fat Wreck Chords.

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SD: Come è nato ‘Same Old Shit’ e come lo avete strutturato in fase di composizione?

NA: Il disco è nato prima di tutto molto velocemente, abbiamo scritto e arrangiato tutti i pezzi in soli quattro mesi. In generale per la scrittura di un brano siamo partiti da un’idea di uno di noi, anche semplice, che può essere una melodia o un riff più o meno complete. Poi l’elaborazione fino alla sua completezza è un processo che siamo abituati ad affrontare insieme e solitamente non tarda ad arrivare in sala prove. Riusciamo a capirci molto bene e abbiamo le idee molto chiare su quale sia la via da percorrere per arrivare al risultato. Una cosa alla quale abbiamo prestato particolare attenzione è stata la varietà, volevamo che ogni pezzo fosse qualcosa di speciale e unico, cercando comunque di mantenere un sound omogeneo lungo tutto il disco.

SD: I temi trattati nelle liriche sono in chiave sociale con un forte tocco personale. Cosa vi ha spinto a focalizzarvi su questi temi e quali sono a vostro avviso i punti caldi sui quali riflettere vista la situazione della società odierna?

NA: Al giorno d’oggi penso che si sia detto tutto quello che c’è da dire sulla vita, la società, l’amore… Dunque quello che ho cercato di fare è stato dirlo in modo quanto meno il più personale e originale possibile. I punti caldi su cui riflettere sono comunque la perdita di speranza, la mancanza di appoggio e di supporto un po’ in tutti gli ambiti. Riuscire a ottenere risultati in un campo è sempre più difficile e sembra esserci sempre meno spazio per il singolo, nonostante ora come ora i mezzi per poterli ottenere ci siano, anche accessibili alla maggior parte delle persone.

SD: La produzione in studio è sicuramente il fiore all’occhiello del disco. Come siete arrivati a lavorare con loro e come vi è sembrato il risultato finale una volta ascoltato?

NA: Beppe e Eddy (DysFunction Productions) sono due produttori noti nella nostra zona, collaborano da anni con artisti di tutti i tipi. Ci siamo appoggiati a loro per il semplice motivo che volevamo quel qualcosa in più. I nostri precedenti lavori erano stati fatti “in casa” e per questo disco abbiamo deciso di fare le cose in grande! Il risultato finale ci ha letteralmente spiazzato abituati all’home recording, non eravamo per niente preparati a sentire i nostri pezzi con un sound del genere! Era quello che sognavamo da anni e siamo entusiasti del risultato.

SD: Da appassionati del mondo alternative, quali band pensate abbiano influenzato il disco e cosa ascoltavate una volta entrati in studio?

NA: In quel periodo abbiamo ascoltato molte band, non per cercare ispirazione o idee buone da cogliere ma un po’ come se avessimo bisogno di ricordare esattamente a che punto eravamo, ascoltando vecchie e nuove produzioni di band storiche ed anche relativamente giovani. Gli Swellers, i Rufio e gli Useless ID sono stati sicuramente quelli che più hanno fatto alzare il volume dei nostri stereo, il tutto mischiato a un po’ di No Use For A Name, MXPX e All Time Low! Ovviamente l’influenza degli Story Of The Year, una delle nostre band preferite, ha significato molto nonostante non fosse sempre in rotazione.

SD: Qual è stata la fase più complessa inerente a ‘Same Old Shit’?

NA: Direi in assoluto la prima parte del lavoro, la pre-produzione e la sistemazione di tutti gli accorgimenti fatti a cavallo tra lo studio con Dysfunction e la sala prove. Incastrare tutte le ritmiche, trovare quel giusto equilibrio di melodie, armonizzazioni e riff è stato faticoso ma stimolante, abbiamo imparato molto da loro e fatto tesoro dei consigli ricevuti. Poi come non menzionare le nottate passate a registrare alcune chitarre in extremis e il reamping.

SD: Negli anni’70/80 il DIY in chiave alternative era una prassi, le cose poi si sono evolute con manager e label a seguire tutto. Com è la situazione odierna? E nel vostro caso cosa vi ha spinto a cercare una label che segua i vari percorsi?

NA: La situazione odierna purtroppo non si discosta molto dagli anni’70/80 a nostro parere, il DIY è quanto mai tornato “di moda”. Per quanto ci riguarda, quasi ogni aspetto della band è stato ideato, sviluppato e portato a termine in autonomia. Le band oggi devono sapersi arrangiare, nessuno regala più nulla e le persone che mostrano interesse vero in un progetto scarseggiano sempre più. Dall’altro lato però la tecnologia moderna aiuta molto in questo senso, possiamo registrare le pre-produzioni e creare le grafiche in casa, gestire le “pubbliche relazioni” dai Social Network e via dicendo… Diciamo quindi che siamo tornati indietro da un certo punto di vista ma in un modo migliore.

SD: Avete girato un videoclip, diretto da Eklipse Design. Su cosa è incentrato?

NA: Il videoclip di ‘In a Million Pieces’ è incentrato su un personaggio protagonista che viene lasciato dalla fidanzata e, affranto, decide di partire per un viaggio. Durante il suo viaggio incontra altri tre personaggi coi quali interagisce e crea un rapporto di amicizia. Siamo molto legati tra di noi come band ma, prima di tutto, come amici; volevamo quindi, oltre a riportare un pò quello che è il significato della canzone, anche mostrare questo tipo di unione in un gruppo di ragazzi. E’ stato un lungo lavoro, ma anche molto divertente!

SD: Guardandovi attorno quali band sentite vicine al vostro progetto e quali invece consigliereste?

NA: Negli ultimi tempi abbiamo allacciato rapporti con molte band per un motivo o per l’altro e devo dire che le considero tutte molto vicine a noi dato l’impegno che ci mettono nell’affrontare tutto ciò che circonda il mondo musicale. Mi sento di consigliarvele tutte, dai Dance! No Thanks ai 4th’n Goal, Now.Here, Summer Of Hoaxes, Over, Why Everyone Left. Speriamo di conoscerne molte altre durante quest’anno e di poter condividere con loro palchi e belle serate!

SD: Arrivate da Modena, cittadina che di certo non si contraddistingue per la sua scena alternativa. Quanto è difficile emergere e trovare spazi all’interno della scena locale?

NA: A dirla tutta penso che Modena sia una delle realtà più attive del nord Italia! Ci sono tantissime band attive da anni e altrettante appena nate, rispetto ad altre zone in cui siamo stati c’è una grande attività. La cosa che manca sono gli spazi dove proporre la musica dal vivo. Tutto o quasi è incentrato sulle tribute band o comunque su ciò che garantisce ai gestori un guadagno sicuro. È un grande peccato perchè le band veramente valide ci sono eccome! Dunque non possiamo far altro che continuare per la nostra strada e, magari, puntare sull’estero senza comunque tralasciare le nostre zone a cui teniamo particolarmente.

SD: Dal punto di vista live come procedono le cose in casa NeverAlone? E’ assai complesso trovare club dove potersi esibire oggigiorno?

NA: È dura! E’ dalla fine dell’estate scorsa che siamo in moto per cercare date in giro per l’Italia, l’80% dei locali non risponde neanche alle e-mail. Per fortuna siamo riusciti comunque a fissare un numero sufficiente di concerti per iniziare la promozione del nuovo album!

SD: Progetti in cantiere per il 2014?

NA: Per quest’anno la priorità è sicuramente suonare, tanto e ovunque possibile. Abbiamo lavorato a questo disco per tantissimo tempo, è giusto dedicarne altrettanto alla promozione. A marzo partiamo per la Russia assieme ai Vanilla Sky, siamo onorati di aver avuto questa possibilità ed emozionati allo stesso tempo, è il primo tour serio che facciamo al di fuori dell’italia e non vediamo l’ora!

SD: Cosa state ascoltando ultimamente?

NA: Ultimamente ascoltiamo poche nuove produzioni. Siamo tutti tornati ad ascoltare i dischi degli anni’90/2000… Non troviamo nulla che ci prenda veramente tra le band nuove purtroppo.

(Txt by Arturo Lopez x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

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