Nashville Pussy interview
Una delle band più sporche e polverose del Sud degli Stati Uniti sono senza ombra di dubbio i Nashville Pussy.
Dopo cinque anni dal loro ‘From Hell To Texas’, ritornano alla ribalta con ‘Up The Dosage’, forse il loro album più completo e “maturo”. Per questo, abbiamo raggiunto l’esplosiva Ruyter Suys (grazie Pamela per l’occasione!), chitarrista e moglie del cantante Blaine, per una chiacchierata…
SD: Ciao Ruyter, come va?
RS: Va tutto bene, ora mi sono appena alzata e ho qui la mia prima tazza di caffè, è un po’ presto per me.
SD: Tra poco inizierete un tour in Europa. Ci siete stati parecchie volte, come ci si sente a ritornare?
RS: Sono eccitata all’idea di ritornare in Europa, la amo. Mi piace la parte del viaggio, quindi sono sempre felice di essere per strada. Siamo stati in Italia probabilmente un anno e mezzo fa o due, mi pare a Febbraio, e ci siamo divertiti parecchio.
SD: Ho visto che avete in programma parecchie date in Francia (11) e in Spagna (5) per questo tour…
RS: Esatto, il pubblico francese impazzisce per noi, ed è un bene. Siamo anche stati sulla tv francese spesso, il che aiuta, in un programma di varietà pomeridiano su Canal+, dove il pubblico principale sono bambini e nonne, e poi tutto quello che ci passa di mezzo, quindi i Nashville Pussy sono una sorta di normalità in Francia… è strano, ma ci piace! In Italia abbiamo solo tre show, va bene, anche se ci piacerebbe suonare di più. Negli scorsi anni abbiamo suonato in qualche grande evento, ma soprattutto abbiamo girato nei piccoli club e i fan ci hanno sempre supportato alla grande. Vorremmo sempre fare di più, quindi cerchiamo di portare il tutto ad un livello superiore. Ricordo che una delle ultime volte che abbiamo suonato è stato a Roma ed era la prima volta che nevicava da parecchi anni ci hanno detto: la città stava impazzendo ed è stato tutto così divertente, la gente che è venuta a vederci ha fatto di tutto per esserci sfidando il tempo, è stato grande! Mi ricordo il tassista che ci ha portato al posto del concerto che ad ogni metro urlava “Ma che cazzo sta succedendo qui?”… Sai, tutte le strade portano a Roma, ma non quella volta, è stato pazzesco.
SD: Come mai avete deciso di promuovere ‘Up The Dosage’ cominciando con un tour europeo invece del classico tour negli Stati Uniti?
RS: Innanzitutto perché amiamo l’ambiente europeo, e poi anche perché ormai gli Stati Uniti sono una nostra roccaforte, ci siamo costruiti una carriera, quindi questa volta abbiamo deciso di dare la priorità ai nostri fan d’oltreoceano, poi torneremo a casa, andremo in Australia e poi di nuovo in Europa, e così via, a fare festa con i nostri amici, perché i party iniziano sempre in Europa!
SD: ‘Up The Dosage’ esce circa cinque anni dopo ‘From Hell To Texas’, e fin dal primo ascolto si capisce che è un album sorprendentemente forte e curato, ma allo stesso tempo grezzo e chiassoso…
RS: Esatto, come dici tu, abbiamo cercato di mantenere un bilanciamento tra il grezzo e il pulito, sembra difficile e quasi impossibile, ma ci sembra di aver raggiunto il nostro scopo in questo senso. Per me, l’obiettivo di ‘Up The Dosage’ era di conservare e trasmettere l’energia che abbiamo messo durante il periodo passato in studio, ero davvero felice in ognuna delle parti che dovevo registrare che sono rimaste sporche e confusionarie, ma potenti, e se mi veniva chiesto se volevo riprovare rispondevo “Diavolo, no!”, e così siamo andati avanti per tutto il disco, catturando la magia del momento. La maggior parte delle registrazioni sono “prime”, tutti insieme nella stessa stanza (eccetto le parti di batteria) a suonare, riascoltavamo e ci dicevamo “Wow! Questa è perfetta, la teniamo”, e anche ripetendole la maggior parte delle volte erano perfette le prime. Dopo cinque anni dall’ultimo album eravamo affamati e ansiosi di ritornare in studio a registrare, ma soprattutto di riunirci e tutto è uscito così bene, veloce ed immediato che ci siamo divertiti un mondo a farlo.
SD: Possiamo dire che è quasi un live album…
RS: Sì, praticamente sì. I Nashville Pussy sono una live band prima di essere una band da studio. ‘Up The Dosage’ è forse il nostro miglior lavoro in tutti questi anni, dove siamo riusciti ad esprimerci ed a catturare l’essenza totale di quello che i Nashville Pussy sono. Il fatto di riuscire a catturare e ricreare la nostra forza nei live in studio è ciò che abbiamo provato a fare in ogni album, e credo che questa volta ci siamo finalmente riusciti, anche se ci sono voluti quindici fottuti anni!
SD: Credo di avere ascoltato per la prima volta in Nashville Pussy nei primi anni del duemila, con ‘Wrong Side Of A Gun’, che rimane tuttora una dei miei pezzi preferiti…
RS: Oh, quella sì che è una canzone! Sai una cosa, abbiamo deciso di suonarla di nuovo nei live e sono davvero contenta perché è un pezzo che amo! E quando Bonni (Buitrago) si è unita alla band, una delle prime cose che abbiamo suonato è stata proprio ‘Wrong Side Of A Gun’, perché era anche uno dei suoi preferiti!
SD: Se leggiamo i vostri testi, ci sono continui riferimenti a droghe e feste, immagino non sia solo ironia…
RS: Esattamente, spesso la droga è divertente! Ovviamente i nostri testi sono una combinazione di realtà e di fantasia. Ci ispiriamo da quello che facciamo e da quello che fa la gente che è attorno a noi, da alcuni dei nostri fan più scatenati e da quello che ci succede e da ciò che sentiamo: abbiamo un sacco di gente pazza che ci gravita attorno. Siamo costantemente ispirati!
SD: Come è già stato scritto, le vostre influenze sono spesso riconducibili ai Motörhead, AC/DC, e così via; poi anche in un pezzo del nuovo album, ‘Before The Drugs Wear Off’, la voce di Blaine (Cartwright) assomiglia parecchio a quella di Mick Jagger: è stata una scelta voluta?
RS: Wow! Sarebbe molto felice e orgoglioso di sentirtelo dire! Oh mio dio! No, non è stata una sua scelta, Blaine non ha capacità decisionali, ahahah! Canta solo nel modo in cui riesce a cantare, alle volte somiglia ad Alice Cooper, altre a non-so-chi, ma Blaine è Blaine, e ha pochissimo da decidere sulla sua voce. I Rolling Stones sono una band che ha fatto storia, inarrivabili per noi. Blaine sarebbe impressionato sentendo questo, mentre Mick Jagger sarebbe davvero depresso! Vorrei davvero vedere la faccia di Jagger se qualcuno gli dicesse “Hey Mick, sai che canti come Blaine dei Nashville Pussy!?”, sarebbe fantastico. Ora ho un nuovo obiettivo nella vita!
SD: So che sei sposata con Blaine: ti chiedo, com’è vivere con Blaine, facendo la parte della moglie e quella di membro dei Nashville Pussy?
RS: Ti dirò, ora come ora è sorprendentemente semplice, anche perché siamo persone abbastanza pigre e utilizziamo la maggior parte delle nostre energie per i live con la band. Cerchiamo di non fare cose che richiedano troppo sforzo o energia, il matrimonio è una di quelle. Blaine e io siamo davvero ottimi amici da sempre, e dall’inizio siamo stati d’accordo che non avremmo avuto figli oltre al nostro Nashville Pussy, e cerchiamo di evitare l’argomento figli concentrandoci sul lavoro da fare con la band. Con gli anni siamo riusciti a tenere separate le nostre due vite, e come ho sempre detto “non sono tua moglie finché la porta non è chiusa e i pantaloni non sono giù”. Fino ad allora siamo solo membri di una band. È forte perché prima di tutto sono una fan di Blaine, anche da prima che fossimo sposati, e lui è un fan di Ruyter Suys, e la possibilità di vederci sul palco assieme e suonare ci rende più uniti, e anche se non fossi nella band il mio desiderio sarebbe quello di rimanere quanto più vicino a Blaine, perché gli voglio bene e perché è un ragazzo divertente.
SD: Conosci qualche band italiana con cui ti piacerebbe suonare?
RS: No, credo di non conoscerne nessuna. Ah, forse i Lacuna Coil, sono italiani vero? Li conosco solo di nome, non so cosa suonino e credo che non mi piaccia comunque. No, quindi no, non conosco nessuna band italiana. La mia testa è ferma nel 1987, al metal di quei tempi. Mi ricordo di un pomeriggio a casa dei miei zii dove ho ascoltato centinaia di volte ‘Kill ‘Em All’, che è stata la colonna sonora della mia apocalisse.
SD: Siete una band che ha vissuto parecchio dal ’96, qual è la vostra formula segreta?
RS: Oh, questa è difficile. Ah, intanto ho scritto a Blaine che hai detto che somiglia a Mick Jagger, mi ha risposto “Very cool!”. Credo che sei fai parte di una band, aiuta se tutti si fanno dello stesso tipo di droga. Se una band fa le stesse cose insieme, allora la band sta insieme. Se in un gruppo di alcolizzati c’è uno che si fa di speed, non funzionerà. Se sono tutti alcolizzati, allora sì che funzionerà. Se tutti fanno yoga, perfetto. Se tutti fanno yoga e uno si fa di coca, allora no. Credo che questa sia la formula segreta. Credo che anche uno dei fattori segreti siano i videogame: il nostro batterista Jeremy è costantemente immerso durante i tour, e se gli chiedi qualcosa ti risponde “Cosa?” e si rimette a giocare. Anche quella è una formula segreta, ignorare tutto.
SD: Cosa ti piace ascoltare quando sei in tour o nel tempo libero?
RS: Recentemente mi piace ascoltare le stazioni radio che passano musica classica, perché il mio cervello è costantemente occupato dalla musica che la classica mi permette di rilassarmi e staccare la spina. Se per tutto il tempo ascoltassi la nostra musica, diventerei pazza! Penserei “avremmo dovuto fare così, non avremmo dovuto fare questo” e così via. Non mi piace ascoltare la nostra musica, mi piace viverla. Ho ascoltato solo dopo un po’ di tempo l’album questo weekend, e ho pensato “Cazzo! Grande!”, ed è questo che mi è capitato ascoltando occasionalmente la nostra roba. Ah, recentemente ho sentito che Rod Stewart sta riunendo i Faces, erano fantastici: ho sentito Rod che faranno un tour e sono davvero eccitata al pensiero, con Ronnie Wood che poi è andato negli Stones e Kenney Jones dei The Who. Li ho ascoltati un sacco questa settimana e il bello è che tutti loro hanno avuto una carriera di successo, ma all’inizio hanno cominciato assieme da sconosciuti in questi Faces, prima che Rod Stewart diventasse Rod Stewart. Poi, non ascolto molta musica contemporanea, più che altro roba vecchia.
SD: In ‘Up The Dosage’ c’è anche un pezzo country, ‘Hooray For Cocaine, Hooray For Tennessee’, che se vogliamo incarna anche lo stile di Hank Williams III, con cui avete fatto parecchi tour, giusto?
RS: Sì, esatto, abbiamo fatto molti tour con lui e ci piacerebbe tornare a suonare insieme, ora dovrebbe anche avere un nuovo progetto. Non credo che gli serva una band di apertura o di supporto, credo riesca a fare da solo anche tre ore di show, che cambia ogni volta. Ora con noi abbiamo il suo chitarrista che ha suonato delle parti in ‘Before The Drugs Wear Off’, si chiama Andy Gibson, incredibile! Blaine ha anche un’altra band, si chiamano Kentucky Bridgeburners, sono una band country-punk che ha fatto un album chiamato “Hail Jesus!” e hanno fatto anche un tour di sei settimane in Europa, non so se abbiano suonato anche in Italia, forse a Milano ma non ne sono sicura, e Andy ha suonato con loro nei live: lo amiamo, è fenomenale!
SD: Puoi dire quello che vuoi ai lettori di Salad Days…
RS: Vuoi che dica quello che voglio? Prendetevi ‘Up The Dosage’, è un album “driving-fucking-eating-sleeping”! È un’ottima colonna sonora per la vostra vita!
Leggi la precedente intervista ai Nashville Pussy su Salad Days Mag #11:
(Txt by Fabrizio De Guidi, @fabriziodeguidi; Pics Rigablood x Salad Days Mag)
Comments