Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Salad Days Magazine | November 5, 2024

Scroll to top

Top

No Comments

MOUNTAIN TAMER ‘LIVE IN THE MOJAVE DESERT VOL.4’

MOUNTAIN TAMER ‘LIVE IN THE MOJAVE DESERT VOL.4’
Salad Days

Review Overview

8.5
8.5
8.5

Rating

MOUNTAIN TAMER
‘Live In The Mojave Desert Vol.4’-STREAM LIVE
(Heavy Psych Sounds)
8.5/10


Continuo da dove c’eravamo lasciati, cioè dagli Spirit Mother e dall’operazione ‘Live In The Mojave Desert Vol.3’. Consiglio quindi di affrontare questo delirio dopo aver letto la rece di cui sopra. Partiamo male: un’ora e più di attesa prima del live vero e proprio: cazzo non mi hanno ascoltato. Seconda volta, se non altro sto facendo un bel copia incolla del pezzo precedente. Sono ostinato (o professionale?) e mi becco tutta la prima ora, nella speranza di qualcosa di buono. Una nota positiva, solo una. Passano un video degli ultimi Corrosion Of Conformity, post ritorno Pepper, pre morte Reed… ed in questo periodo turbolento mi scende una lacrima. Ma torno alla realtà, con un voto personale, una “new year expectation”. Quando ordinerò a Heavy Psych i vinili, insisterò per farli parlare con gli organizzatori, gli ammericani: regaz, sapete che qualche grafico/IT più interessante di questi qua esiste e lavora dalle nostre parti (ed è pure meno caro)! Intervista di rito ai Mountain Tamer, e la cosa si fa interessante. Giovani, simpatici, assolutamente non “tironi” (il cantante degli Spirit Mother mi ricordava troppo quello dei King Gizzard, gente molto alta nella mia classifica “scendi dal piedistallo”). Vuoi vedere che questa sera sarà una bomba? Mi sembra di sentir parlare il mio compare di mille avventure Luca dei Cubre, quelli che sorridono perché suonano, quelli che suonano perché sorridono. Ancora una volta, massimo supporto per la Heavy Psych, che li avrebbe dovuti portare in giro per l’Europa a seguito del loro ‘Psychosis Ritual’: d’altra parte i Mountain Tamer genuinamente incavolati per la super occasione persa. Finale con ricordo gustosissimo dell’ultimo loro concerto prima del Covid: un trionfo in una venue, se mi ricordo bene a Tempe in Arizona, dove la volta precedente si erano trovati malissimo, causa episodio trash/apertura delle fogne/pozzetto bagno causa smarrimento di chiave nel cesso di uno del pubblico/puzza di piscio e merda che la gente è scappata. Come chi ha fatto economia quando il barile di petrolio va alle stelle: i fondamentali per un ottimo gig ci sono tutti! Ci siamo! Si parte. Al quarto episodio, finalmente no effetti at all. Ma proprio no effetti! Caxxo, e ci volevano tre episodi per capirlo? Video-tecnicamente, quindi, i Mountain Tamer mi saltano in prima posizione. Si fila via lisci, fino allo slot di domande sul loro disco/video live della vita, il solito pain in the ass, per dirla come Oxford. Seconda ottima notizia. Constatato come ‘Live At Pompei’ dei Pink Floyd (ho l’impressione) sia imposto dalla produzione, godo quando aggiungono ‘Stop Making Sense’ alla loro lista dei film musicali “game changer”. Dimenticavo, per finire il quadretto. Suonano di giorno, sotto al sole. Divertente come Andrew Hall spieghi come la cosa l’abbia infastidito non poco (non distingueva i pedali). Per noi di Salad Days Mag, molto attenti allo stile, oltre che alla sostanza, il trio spacca. Andrew è l’unico che segue i canoni della psichedelia (jeans/camicia aperta/occhiale nero con montatura shocking). Dave il basso sembra uscito da un documentario sull’esplosione grunge a Seattle, mentre Garcia sfoggia una maglietta (“Guns don’t kill people, cops kill people”) che mi riporta a gente del Sud, tipo gli Hookers. Ma i Mountain Tamer non sono solo del fumo puzzolente, c’è anche dell’ottimo arrosto. E’ come se chiedessero agli Antiseen di rallentare, dilatare i loro pezzi di qualche minuto, e divertirsi a far casino. Il tutto infarcito da un voce che mi ricorda un idolo della mia gioventù… Perry Farrel, fase primi Jane’s Addiction, la versione sporca e dopata. Si pesca a piene mani da ‘Psychosis Ritual’, un gran finale con due pezzi da ‘Godfortune-Dark Matters’ (per la gioia di gente come me, per cui quello che viene prima è sempre e comunque meglio di quello che viene dopo). Non è un 10 pieno, solo perché avrei apprezzato un paio di pezzi in più, rispetto al polpettone totale di 2 ore plus che mi sono dovuto beccare. Be’, questa è un’ottima notizia per la Heavy Psych!
(fmazza1972)

Submit a Comment