Mother: in anteprima il disco ‘Love Vision’
Washington, 21 giugno 1985.
Una manifestazione davanti all’ambasciata sudafricana per protestare contro l’apartheid, fortemente sostenuta dalle personalità che gravitavano attorno alla Dischord House, culmina nello storico concerto dei Rites Of Spring al Club 9:30, dando vita a quella che viene comunemente definita “Revolution Summer”, un punto di rottura con le istanze hardcore del passato, che in quegli anni stava diventando sempre più macho e sessista, ispirando il filone emocore di fine anni’80. Non a caso Tomas Squip dei Beefater definì la nuova scena la “realtà del cuore”, in contrapposizione alla “realtà della violenza” che caratterizzava invece la scena skinhead.
Questa introduzione è quanto mai doverosa per riuscire a comprendere l’intento dei Mother, giovanissima formazione veneta attiva dalla primavera del 2017. “Love Vision” è infatti un tributo alle istanze di cambiamento portate avanti da band come Embrace, One Last Wish e Dag Nasty. Ma non solo: il disco sembra una di quelle fotografie scattate con quelle macchine che permettono di mandare indietro la pellicola e scattarci sopra più e più volte, stratificando ricordi, percezioni, pensieri e influenze che abbracciano generi diversi. Nel sottosuono dei brani si percepisce infatti il lamento rumoroso dallo sguardo incerto dei Dinousaur Jr, l’impatto emotivo del grunge-rock più sognante degli Smashing Pumpkins, la rabbia dei Turning Point, l’inquietudine di band come Alice in Chains e Sunny Day Real Estate.
I Mother riescono nell’impresa di mescolare l’alternative rock degli anni’90 con il post-hardcore degli anni’80, affrontando temi come la distanza emotiva tra gli esseri umani, la morte, l’autocoscienza, la resilienza. ‘Colorless Boy’, ad esempio, sembra un pezzo degli Scream suonato con la delicatezza dei Mad Season ed è proprio questo alternarsi di chiaro-scuri a rendere il sound della band decisamente originale. Il risultato è un disco di 19 minuti sincero, diretto e immediato, nel quale sono contenute piccole gemme luminose come il primo cielo sereno in Primavera. Un esempio è ‘Keepsake’, brano di chiusura del disco, perfetto sunto del Seattle Sound grazie anche alla presenza della voce sensibile ed espressiva di Giorgia Zabeo, sostenuta dai contributi di Samall Ali degli Slander e di Michael Simeon dei Misery For A Living. Simon Reynolds parlerebbe di “Retromania” per sottolineare l’impossibilità di liberarci di quegli spettri del passato che continuano ad influenzare le istanze culturali della nostra epoca. I Mother sono semplicemente i figli di quegli anni’90 dai quali non riusciamo a staccarci, nonostante sia un’epoca che abbiamo vissuto solo parzialmente ma che, allo stesso tempo, ci abbraccia come una Madre dal quale abbiamo ereditato la malinconia di Cobain e i colori della pop culture, entrata nelle nostre case grazie a MTV. ‘Love Vision’ ha tutte le caratteristiche per essere uno dei dischi dell’anno. Premi “play” e ascoltalo.
Submit a Comment