Kingnomad ‘Mapping The Inner Void’
Review Overview
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7KINGNOMAD
‘Mapping The Inner Void’-CD
(Ripple Music)
7/10
I Kingnomad sono un quartetto svedese nato nel 2014. La fascinazione per la psichedelia, gli anni settanta, i riff doom, le iconografie occulte, Lovecraft, sono quanto di più banale possa esistere in questo momento storico musicale. Eppure i Kingnomad riescono a tirarsi fuori da questo saturo girone infernale, pieno di isterie musicali vestite sempre uguali. Il quartetto svedese con l’album ‘Mapping The Inner Void’ trova il modo di elaborare i vocalizzi alla Uncle Acid, i riff dei primi Black Sabbath, la psichedelia di ‘Come My Fanatics…’, la potenza degli Sleep e di trovare un’identità, nonostante i riferimenti siano sottolineati ad ogni nota. Forse un controsenso, ma già dalla prima traccia ‘Lucifer’s Dream’, il sound dei Kingnomad è in qualche modo poco pretenzioso, in un senso che è tutt’altro che negativo. La poca pretesa di risultare violenti a tutti i costi o di rispettare copioni già scritti, atti ad imporre “usi e costumi” di una realtà musicale che comincia a diventare stucchevole. Il secondo pezzo ‘Nameless Cult’ dice ancor di più su questa band: rielaborare non vuol dire cucire insieme brandelli. Il disco si muove verso un groove lisergico che smette di rievocare fantasmi, e delinea quella che è l’identità sonora dei Kingnomad. Il disco si chiude con un brano oscillante, ‘The Waiting Game’, una nenia psichedelica e malinconica che si evolve in vera e propria kosmik music fatta di synth oscuri, descrizione di incubi. Chiusura perfetta per un disco lineare, pulito ma elaborato con la sincerità artistica di chi si suona per se stesso.
(Valentina Vagnoni)
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