KING GIZZARD AND THE LIZARD WIZARD ‘K.G.’
Review Overview
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5KING GIZZARD AND THE LIZARD WIZARD
‘K.G.’-CD
(KGLW)
5/10
Per gente “della vecchia” come il sottoscritto, la copertina di ‘K.G.’ è un bruttissimo inizio: è un plagio dell’omonimo dei Motley Crue, quello con John Corabi alla voce. Album trascurabile per essere buoni. Vuoi che dopo il trash per le masse ci tocchi l’hair metal per le masse? Ottime notizie (e così dovreste capire cosa pensa il sottoscritto dell’operazione ‘Infest The Rats’Nest’): ‘K.G.’ ci riporterebbe, anche per voce del loro markettari, ai tempi di ‘Flying Microtonal Banana’, quindi ai Lizard come ci piacciono, quelli tra weird e psichedelia. Ma ci tocca usare il condizionale… purtroppo di canzoni “outstanding” ce n’è solo una: ‘Some Of Us’, unico pezzo creditato a Cook Craig, secondo singolo, video e atmosfere belle malate. Il grosso di ‘K.G.’, alla faccia dello sforzo comune in quarantena che i markettari di cui sopra ci hanno raccontato, è a cura della faccia pulita del solito Stu Mackenzie. Gli spunti ci sono tutti, intendiamoci: Alt-Country-Weird-Psycho-Rock-World/Middle East/Prog at its best, con un tocco di sporco finale, la quasi sabbathiana ‘The Hungry Wolf Of Fate’. Il problema, a mio modo di vedere, è che niente di tutto questo si solleva da un misero “6”. Per scrupolo mi sono sentito un volume a caso di ‘Roadwork’ dei Motorpsycho; un po’ come San Tommaso ho pensato di tirare fuori dai miei scaffali il primo dei Queens Of The Stone Age (senza scomodare i Kyuss); e per partigianeria mi sono pure ri-goduto i lavori dei nostri Al Doum: essendo queste le coordinate, pensavo di fare qualche confronto ad hoc. Non c’è storia, non c’è gara: si rimane nei confini del “carino e divertente”. Ma, per finire, non farò come gli illustri colleghi di testate ben più prestigiose: non mi dimenticherò dei due pezzi a firma Walker, quelli dell’elettronica per chi non fa clubbing. ‘Minimum Brain Size’ è un tentativo di arrivare a certe suggestioni alla Chemical Brothers, partendo da strumenti suonati e arricchendo il piatto con loop orientaleggianti. Un disastro. Roba che se ci fosse ancora in giro Andrew Weatherall li cercherebbe per distruggerli. ‘Intrasport’, singolo appena uscito, mi ricorda Cosmo. E non è un complimento.
(franz1972)
Photo by Jamie Wdziekonski
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