Iron Monkey ‘9-13’
Review Overview
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9IRON MONKEY
‘9-13’-CD
(Relapse)
9/10
Vi ricordate quel gruppo di Nottingham che con soli due album aveva marchiato a fuoco la storia dello sludge? Quello con Johnny Morrow alla voce? Ebbene, a distanza di diciannove anni, tornano gli Iron Monkey. Più incazzati che mai. Quando l’attitudine è nel dna è difficile comporre un album che non sia un’assoluta bomba a mano. Nonostante gli anni, nonostante i miliardi di gruppi sludge passati in queste due decadi, nonostante alcune scene metal derivative siano andate un pò scemando (se non tanto per la mancanza di novità, quanto per la mancanza di attitudine di chi dal palco sembra voglia sbranarti), la band inglese è di nuovo qui con un album che mette all’angolo tutte le altre che ci hanno provato. Gli Iron Monkey avevano fatto scuola con solamente due album, ora tornano e sono di nuovo i capi. L’album si chiama ‘9-13’. Nove brani e 48 minuti di dolore, sofferenza e misantropia come solo loro sono in grado di tirar fuori. ‘Crown Of Electrodes’ comincia e già dopo sessanta secondi la reazione è di estasi assoluta per il ritorno di gloria di una band che chiunque nella scena sludge avrebbe desiderato vedere di nuovo sul palco. Violenza pura. Bassi profondi onnipresenti, chitarre al catrame, la voce del nuovo frontman è colma di odio. Non ci sono paragoni con altre band. Sono gli Iron Monkey. Un ululato diventato ancora più sofferente del passato come se questi anni fossero serviti a perfezionare la sublimazione del puro nichilismo. Il songwriting propone, come sempre, la poetica della rabbia e del disgusto. Il groove a basse frequenze si unisce nuovamente con le influenze crust che avevamo sentito negli anni novanta, nei due album ‘Iron Monkey’ e ‘Our Problem’; così adesso, specialmente in brani come ‘Toadcrucifier – R.I.P.P.E.R.’ o ‘Mortarhex’ tornano gli stessi mix di suoni che avevano reso gli Iron Monkey una band unica. L’incontro tra l’estetica hardcore e quella doom aveva dato vita al suono Iron Monkey. Un suono che nessuno più ha dimenticato e che ora è tornato tra noi morti viventi più depravato che mai. Il disco si chiude con il suono dell’Apocalisse. Un’altalena di quasi dieci minuti tra riff ossessivi e riverberi che avanza inesorabilmente verso la perfetta unione tra punk rock, hardcore e sludge. ‘9-13’ è il terzo capolavoro di una band che rimarrà nella storia.
(Valentina Vagnoni)
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