Human Nature x Lucas Foglia – recap
Fotografia Open Milano – (Rogoredo Santa Giulia, Milano) – recap
Essendo un talebano dell’underground, faccio spesso fatica a parlar (bene) di iniziative “istituzionali”, come il progetto in questione, i.e. abbellire i cantieri milanesi con mostre fotografiche open air. C’è sempre il sospetto che “le concessioni” su quei muri le vincano gli amici degli amici, you know what I mean. Essendo un talebano dell’underground, faccio spesso fatica a parlar (bene) del fotografo di turno, in questo caso Lucas Foglia da New York (ma vive a San Francisco): il mondo delle gallerie d’arte è lontano mille miglia dal mio vissuto, dai miei gusti, per non dire dalle mie simpatie. Come nella musica, quando si moltiplicano i manager, gli agenti, gli uffici stampa, il marketing: tutto diventa not my cup of tea. E lo dico con cognizione di causa, visto il trattamento riservatomi dall’agente di una nota fotografa conosciuta causa la comune passione per l’apnea: alla mia domanda “ho qualche soldo da investire, quanto possono costare le foto di…”, la risposta è stata un neanche tanto velato invito a lasciar stare, “il mercato di… viaggia più alto di te”. FOAD, come direbbero i Darkthrone.
Fatte tutte queste premesse, forse perché viaggio verso i 50 e non è più il caso di fare il talebano dell’underground, mi piace spendere due (belle) parole riguardo a ‘Human Nature’. Mi hanno colpito molto, all’inaugurazione “guidata” con Lucas Foglia e l’ottima Giulia Zorzi a fare da traduttrice (BTW, un motivo in più per cui mi viene il sangue alla testa quando si parla di gallerie d’arte: magari voi volate più alti di me, ma io l’inglese lo so, caxxo), alcune parole di spiegazione riguardo al concept di questo progetto. Per una volta il focus non è sulle brutture che noi uomini stiamo facendo al mondo che ci sta attorno. Per una volta il focus non è sullo splendore della natura perduta. Qui il target è mostrare esempi, tentativi, esperimenti, riusciti o meno riusciti, di integrazione tra “human” e “nature”. Potete ben capire che per un ingegnere come il sottoscritto, che lavora anche in zone molto “nature”, e quindi spesso additato come lo “human” distruttore… un concept del genere è una manna dal cielo. Potete ben capire che per un “talebano dell’underground” come il sottoscritto, siamo gente che vive di contrasti, si nutre di provocazioni, cerchiamo di guardare un po’ più in là che “c’è il riscaldamento globale, dobbiamo andare in bici”… un concept del genere è un bel messaggio, fattivo, di speranza. La cosa geniale, poi, è che quelle foto diventeranno, anzi, sono già loro stesse un esperimento di ‘Human Nature’: verranno “brutalizzate” piuttosto che “abbellite” dalla vita che si svolge vicino alla stazione di Rogoredo, dalle attività (dirette e indotte) del cantiere attorno a cui sono esposte. Saranno “live” fino a ottobre. Must go!
(fmazza1972)
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