Good Riddance ‘Peace In Our Time’
Review Overview
8
8GOOD RIDDANCE
‘Peace In Our Time’-CD/LP/DIGITAL
(Fat Wreck)
8/10
‘Operation Phoenix’ parte seconda. In breve, ve lo riassumo così. Chi ha orecchie per intendere, probabilmente ha già inteso e, se non l’ha già sentito, è corso ad ascoltarsi il disco in streaming, prima di procedere all’acquisto. Per chi, sfortunatamente per lui, non avesse inteso, ‘Peace In Our Time’, nuovo album per la band di Santa Cruz, che arriva a 9 anni di distanza da ‘My Republic’, è la migliore uscita discografica del quartetto dai tempi di ‘Operation Phoenix’, datato 1999. E, proprio da quel disco, a mio avviso l’ultimo veramente meritevole, riparte. Non manca nulla; Sean Sellers in forma smagliante dietro alle pelli, Luke Pabich e la sua pioggia di ottave, Chuck Platt e le sue urla disseminate qua e la per il disco e la voce di Russ Rankin, sempre pronta a gridare, oggi come allora, il disagio di questa società. Russ che, ad un certo punto, mi ricorda terribilmente Tony Sly, sentire ‘Glory Glory’ per credere. Quattordici canzoni che superano raramente i due minuti,forse l’unica pecca del disco. O forse no, perchè dai Good Riddance ti aspetti questo, un disco veloce e diretto. ‘Peace In Our Time’ è proprio questo, giusto un paio di cedimenti, non qualitativi, ma di ritmo con ‘Grace And Virtue’ e ‘Washed Away’, ma per il resto, con pezzi come ‘Disputatio’, ‘Year Zero’ (miglior canzone del disco) e ‘Dry Season’, pare proprio di essere tornati nel 1999. E la cosa, almeno personalmente, non mi dispiace affatto. Dopo Lagwagon e Strung Out, altro bel ritorno di una band che in molti davano per finita e altra scommessa vinta da Fat Wreck.
(Francesco Zavattari)
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