Frana x ‘Disastersss’ the full interview
E’ venerdì 18 dicembre 2020 ed esce ‘Disastersss’, il secondo Lp dei Frana, che potete ascoltare e acquistare al link sottostante mentre scoprite riga dopo riga chi sono, dove suonavano e perché lo fanno.
Se vi piacciono i generi vi dico noise, post hardcore e punk rock, se vi piacciono i nomi mi gioco Drive Like Jehu, Metz e Shellac oltre a quelli che troverete menzionati nell’intervista. Rispondono al gran completo Luca (voce e chitarra), Francesco (basso), Matteo (chitarra) e Michele (batteria). Happy release day, a loro ma anche a voi perché è una fortuna che lo possiate finalmente ascoltare.
SD: Non conosco di persona Luca, il vostro cantante, ma ho scoperto di averlo incrociato nella città dove i Frana sono nati: 2011, concerto di Off! e Fucked Up a Monaco, l’ho incontrato casualmente per strada tramite un comune conoscente (ciao Nat!). In generale di quel posto ho dei buoni ricordi per quella e altre visite, ai Frana la nascita in terra tedesca ha lasciato qualche segno?
Luca: Sisisisisi, ricordo ricordo! Ero in bici sulla Lindwurmstrasse ed ecco che ti compare Nat dal nulla. L’abbiamo poi rivisto l’anno dopo, quando abbiamo invitato gli Infarto a suonare alla primissima data dei Frana al Kafe Marat, dove ho organizzato concerti per anni, assieme agli Storm{o}. La Germania ci ha visto nascere e ci ha visto muovere i primi passettini zoppi come Frana, lasciando ovviamente un segno nel nostro modo di fare le cose, più da un punto di vista attitudinale/organizzativo/paramilitare che musicale. Eravamo prima di tutto degli outsider, della città stessa e della scena di Monaco di Baviera, era tutto molto difficile per noi, dal trovare un batterista o una sala prove o cercare le date, questo ci ha fatto crescere la pelle spessa e ci ha abituato allo sbattimento continuo. Così come vedere tantiiiiiiissimi gruppi che si prendevano trooooppo sul serio ci ha obbligato a non farlo coi Frana.
Fra: A me la terra tedesca sembra molto più accogliente in retrospettiva. A Monaco di concerti fighi ne abbiamo davvero visti e suonati una valanga, non posso non citare il Kafe Kult che è un punto di riferimento indispensabile. E la scena locale, pur con molti limiti, è genuina. Le persone tendono a crederci per davvero, c’è decisamente meno cinismo e più candore che qui da noi… persone giovani e vecchie, da cui abbiamo ricevuto sempre tanto supporto e interesse, anche quando siano tornati a suonare l’anno scorso. Questa cosa un po’ il segno l’ha lasciato, tant’è che alla fine tra vari cambi di line-up e traslochi internazionali pirotecnici siamo ancora qua a fare macello. E comunque a Monaco la birra costa pochissimo.
Teo: Nonostante non ci abbia mai vissuto devo però dire che Monaco è una città che ho frequentato tanto grazie soprattutto alla musica. Tado si spostò in Germania per un dottorato di ricerca e tutti noi sapevamo di trovare sempre e comunque un amico sul quale contare da quelle parti, siamo andati spesso a trovarlo, ci sono passato con i Filth In My Garage, con i The Disgrazia Legend e con i Frana. Credo di aver suonato in tutta la mia vita più volte a Monaco di Baviera che a Bergamo città. Inoltre la cosa bizzarra è che siamo sempre stati in posti diversi a dormire e tutti questi posti erano casa di Tado.
SD: Il vostro ‘Disastersss’ propone una curiosa triangolazione musicale: Washington, Chicago e Inzago e magari molti non realizzano che persino quest’ultima ha un suo piccolo feudo musicale legato al Trai Studio. Domanda uno: come avete scelto dove e come fare i tre passaggi fondamentali del disco?
Luca: Questo bizzarro mostro di Frankestein Inzago-Washington-Chicago è un po’ capitato. Il piano originale era di registrare dal Trai, far mixare da Dave Curran (Unsane, Pigs) al Trai studio, e fare il mastering da Carl Saff a Chicago, al quale puntavamo già dal disco precedente. Il Trai aveva già lavorato con Dave e questa combo aveva già funzionato molto bene con l’ultimo disco dei Filth In My Garage, mentre Saff e Dave lavorano spesso assieme. Poi covid, lockdown, piani che si sgretolano e impossibilità di pianificare qualunque cosa. Siamo riusciti per miracolo a fare le riprese, ma Dave non riusciva ad esserci. La necessità di trovare qualcuno che potesse lavorare in remoto ci ha fatto scoprire TJ Lipple, che ha fatto un gran lavoro, è stato molto piacevole e facile lavorare con lui.
Fra: E’ capitato, ma penso sia capitato bene. Le riprese dal Trai sono oramai una tradizione per noi, tra i bianchini delle 11 di mattina e un parco amplificatori da sbavo. TJ invece l’abbiamo trovato fondamentalmente frugando su Discogs. Il suo nome continuava ad apparire collegato a un sacco di dischi che ci piacciono, tipo ‘Drescher’ degli Haram che è il disco più sottovalutato del millennio, o il primo disco dei Flasher. Allora vai a vedere per bene, e vedi che lavora all’Inner Ear Studio a DC, dove fra gli altri hanno registrato i Fugazi. Abbiamo sentito i suoi lavori sulle voci, la spazialità dei suoi mix, e siamo andati a colpo sicuro. Lui si è subito preso bene per il disco, ci ha fatto un prezzaccio e olé.
SD: Domanda due: troviamo un nome legato a ciascuno di questi tre luoghi cui vi lusingherebbe essere accostati? Però è proibito menzionare qualsiasi gruppo che abbia Steve Albini e Ian MacKaye come musicista o produttore.
Fra: Valgono i Rites Of Spring? No dai, scherzo. Per Washington DC dico Q And Not U, una band con un tiro e un gusto pazzeschi, capaci di combinare alla perfezione le cose complicate con quelle catchy. Che è quello che cerchiamo di fare a volte pure noi con risultati alterni. Per Chicago dico Meat Wave, un trio post-punk a cui ci sentiamo vicini nello spirito. Se venissero a suonare di qua del mare faremmo carte false per condividerci il palco. Mi sa che hanno registrato un disco da Albini, però dai facciamo che valgono lo stesso. Inzago, la provincia…, nei quasi 20 anni di Trai Studio ne son passati tanti di nomi a cui ci piacerebbe essere accostati, qua su due piedi non ti dico un gruppo ma un’etichetta, Wallace Records. Per il me stesso adolescente di inizio anni 2000 ha rappresentato un punto d’accesso a una gamma di band/persone/stili/visioni/posti che era veramente qualcosa di figo e nuovo, soprattutto in Italia, e che mi ha influenzato parecchio e non solo musicalmente. Su Inzago vorrei però che Teo aggiungesse la sua prospettiva più attuale dalla torre di controllo del Bloom, la mia di milanese di città emigrato conta zero.
Teo: Beh, io ad Inzago ci sono praticamente cresciuto, il Trai è un mio carissimo amico e anche collega, lavoriamo insieme ormai da anni su più festival estivi della zona e se lavoro nella musica, suono e sono appassionato di rock’n’roll è soprattutto grazie a lui. Tantissime band ho conosciuto facendo il fonico negli anni ma più di tutte lego al Trai Studio gli Spread, anche se in realtà non si collegano direttamente ai Frana. Succede che nel 2010, mentre stavamo smontando l’impianto audio da un palco sotto a una pioggia torrenziale, il Trai si lascia scivolare dalle mani un sub che mi è cascato dritto dritto sul piede destro, fratturandomelo. Mi sono dovuto sparare due mesi di gesso più riabilitazione, ricordo che il Trai ci rimase malissimo anche perché perdetti tutta la stagione estiva di lavoro, perciò una sera passò a prendermi sotto casa e mi portò ad un concerto nella Bergamasca, un concerto dei Verdena dove lui avrebbe dovuto lavorare come fonico per la band di apertura. Quella band erano proprio gli Spread. Per Washinghton DC cito gli Scream anche se non so se vale. Per Chicago invece non posso non giocarmi anche io la carta Meat Wave (che di certo hanno registrato un disco da Albini).
SD: Quando si parla di un suono come il vostro mi pare che venga raramente menzionato il lascito musicale di Amphetamine Reptile, qualcuno di voi ritiene che abbia prodotto qualcosa di buono?
Fra: Sì hai ragione, è un nome che in qualche modo fa un po’ da spartiacque. E’ elevato a leggenda da tutta quella classe di persone affezionata (secondo me pure troppo) al noise rock abrasivo dei ‘90s, americano ovviamente, vedi Unsane, Tar e Cherubs. Tutti quei gruppi con il nome scritto in stampatellone gigante. Come label ha fatto uscire dei dischi imprescindibili, tipo ‘Scattered, Smothered & Covered’. Ma penso che il lascito fondamentale non sono tanto i singoli dischi o le varie band, ma proprio la definizione di quel suono abrasivo e le sue produzioni essenziali, dove senti la corda di basso sferragliare come un treno merci. Il pacchetto può anche stancare, anche graficamente, ma avrà sempre un suo seguito e un suo ricambio di band, oggi ben rappresentate secondo me dai Whores.
SD: Di contro deve esistere una band o un intero genere musicale che non tollerate. Immaginatevi come un Pol Pot qualsiasi, chi togliamo di mezzo?
Luca: Più che il genere esso stesso toglierei di mezzo tutti i franchise, di qualunque genere, ovvero quei gruppi che decidendo di “prendere ispirazione” finiscono per fare la copia esatta di gruppi molto yeah, nella musica, nei testi, nelle grafiche e a volte pure nelle scarpe… io sono per il “piuttosto fallo male, ma che sia una roba personale”. Per quanto abbia senso parlare di originalità in un mondo dove tutto è già stato fatto, ovviamente.
SD: Negli ultimi anni, prima che il mondo finisse nel 2020, mi sembra di aver visto un buon numero di band italiane con caratteristiche proprie che cadono nell’ampio macrocosmo del post-hardcore, direi per lo più con persone tra i 30 e i 40 anni. Presupponendo – e magari sbaglio – che tutti siate passati da forme musicali più antemiche, a che punto avete capito che preferivate suonare pezzi più intricati e angolari?
Fra: In realtà non ho mai preso in considerazione l’idea di avere un gruppo dove la composizione non fosse anche un modo di mettersi alla prova. Poi c’è una questione di gusto ovviamente, e a me piace da sempre la roba intricata e inacidita. Basta che non lo sia per mettersi in mostra, ma che la cosa abbia un senso. Forse è così perché ho iniziato a suonare in un gruppo relativamente tardi, dopo il liceo, quando tutta una serie di ascolti avevano già lasciato il segno.
Luca: Premetto che ho dovuto googolare un paio di parole, anche Fra l’ha fatto ma non lo dice… in realtà quasi subito, sono passato dai gruppi del liceo grunge-punk al post-hardcore in molto poco tempo. Già nel 2004, che ne avevo 20, abbiamo formato i Daphne, una roba alla Dillinger Escape Plan, ultra-stortissima e con 400 riff al minuto, e nel 2007 ho iniziato a suonare coi Disgrazia Legend, più noise-core ma comunque belli storterelli e fastidiosi. Nel frattempo ci sono stati anche i Proto K Distillery, con un paio di elementi dei Daphne, perché New Found Glory e Blink 182 andavano molto forte e ci facevano battere il cuoricino. Almeno per me, le due anime del punk-rock melodico e del post-hardcore cacofonico hanno convissuto per un bel po’ di tempo (e continuano a farlo).
Michi: Penso che più che scelta sia una sorta di evoluzione personale, musicale inconscia che porti ad avvicinarsi a ad un genere piuttosto che ad un altro, o ad un modo di scrivere più semplice rispetto ad uno più intricato. I miei albori sono stati conditi da cover metal ai tempi del liceo ma strizzando sempre l’occhio al punk anni 2000, per poi iniziare un progetto di musica originale ad oggi ancora attivo con i Soundtrack Of A Summer dove si suona dell’alternative con influenze grunge/punk. Nel 2013 mi sono unito ai Disgrazia Legend con Luca e per un periodo anche Teo, e li mi sono avvicinato ad un genere decisamente più “storto” per poi franare nei Frana.
Teo: Ho sempre suonato in gruppi che facevano roba distorta, veloce, con tempi dispari e con la matematica che faceva da padrone nonostante per almeno un paio d’anni mi beccai il “debito” al liceo. Negli anni si sono susseguiti i Waist Of Noise, Filth In My Garage, Daphne, The Disgrazia Legend e compagnia bella… ma dal 2010 al 2013 c’è stata una piccola parentesi che mi ha visto imbracciare il basso nei Chatterbox, una band composta da gente che arrivava dal post hc e dall’hardcore melodico (cito gli A Perfect Day e gli Unless We Try). Suonavamo robe alla Minus The Bear con un po’ di elettronica, voci melodiche, tempi dilatati conditi da tante sigarette magiche, è stato molto divertente e questa esperienza mi ha fatto crescere sotto tutti i punti di vista, soprattutto sotto l’aspetto del comporre musica d’insieme. Ho addirittura imparato a scrivere canzoni da 5 minuti con solo 3 accordi di numero.
SD: Al di là delle mie impressioni sul fiorente underground italiano, resta comunque difficile portare 100 persone a un concerto e vendere 300 copie di un disco, obiettivi che qualcuno potrebbe anche definire “vecchi” nella musica contemporanea. I Frana ne hanno trovati di migliori da perseguire?
Fra: Quelli non sono obiettivi, sono abitudini dure a morire, perché ci continua a piacere: suonare, mangiare in area di servizio, dormire nel sacco a pelo nelle case delle persone (grazie a quelle persone!). Speriamo che il mondo esca presto dal buco nero in cui è piombato, perché c’è che da cominciare a ricucire tutto questo vuoto. Il disco è prima di tutto un mezzo per poter perseguire quello, pagandosi almeno l’autostrada. E poi fissa un momento, condensa degli stati d’animo. Penso che questa crescente tendenza nel mainstream contemporaneo a pubblicare pezzi sparpagliati ponga enormi limiti a livello di visione compositiva.
Luca: No no, il nostro obbiettivo non è vendere 300 copie, è liberarci di 300 copie, vai a casa della gente con una scusa, sfrutti un momento di distrazione e gli infili il disco dei Frana nella sua collezione, o nell’armadio, o nel controsoffitto, o nel camino, o nella sabbia del gatto… non sai di averlo comprato? Te lo ritrovi in salotto (cit).
Teo: Io suono per passione, per fare balle con gente nuova ogni volta, per bere, mangiare e dormire aggratis.
SD: I marchi prima e gli euro tedeschi poi hanno permesso a molte band (specie statunitensi) di mantenersi. Da ex residenti riuscite a definire quel paio di pregi o difetti che in Germania hanno nel trattare la vostra fascia musicale?
Luca: In Germania, come in Francia e tutto il nord Europa, c’è un welfare che qui ce lo si sogna, che permette a chi lavora/non lavora con la musica di avere abbastanza soldi e tempo per poterci quasi campare senza eccessivi sacrifici, facendo un “lavoro vero” abbastanza rarefatto. In più, le istituzioni sovvenzionano le attività culturali, che sono detassate alla grande. Altri grandi pregi: la gente che va ai concerti compra i dischi, c’è moooolto meno snobbismo e situazionismo… forse… no, l’ultima me la rimangio, sono solo declinati in maniera diversa… difetti: l’originalità dei progetti certo non è dalla loro, c’è un gap gigantesco fra i gruppi grossi e quelli DIY, come qualità della musica e del suono, e il pubblico che più beve e più balla/poga/si leva i vestiti, che è un po’ un’arma a doppio taglio perché se suoni tardi nella serata ti trovi a suonare di fronte ai rottami…
Fra: Sempre che il rottame non sia tu esso stesso… comunque di solito la gente sta impalata con l’occhietto spento, se non sanno bene chi sei. Il tedesco medio è abituato a sapere cosa ha davanti, a decidere scientemente e organizzare meticolosamente anche il suo svago. Perciò è una situazione rara quella di avere davanti un gruppo di cui sanno poco o nulla. Questo crea enormi salti di percezione nel suonare a concerti/eventi organizzati all’interno di scene ben precise e, ad esempio, festival generalisti dove la gente va davvero solo a vedere il nome grosso di turno e non caga di pezza nessun’altro gruppo. Però le persone si informano, si scelgono i concerti, ci vanno e pagano l’ingresso.
SD: Il vostro nome mi permette di constatare che – nel bene e nel male – “frana la curva frana sulla polizia italiana” così come “linee dritte quasi parallele nei tuoi sogni nei tuo sbadigli quotidiani” o ancora “acqua boario fegato centenario” e “l’odore della lana bagnata dalla pioggia” sono testi che potrò dimenticare solo con una lobotomia. Stando nei limiti delle produzioni indipendenti, quali sono le righe in italiano che vi accompagneranno fino alla morte?
Luca: Tre a testa? Dai! “io non ho paura del buio, meglio non vedere che cercare invano di evitare il soffitto, attendo da ore che mi crolli addosso”, “mi affogherei e anche se non mi viene io senza lei e anche se non c’è miele mi viene dolce e penso sempre lo stesso mi affogherei”, “le tre bellezze della vita siamo io mia sorella e mio papà… pippiamo la cocaina e la vita ci sorride sempre llero lallà, pippiamo la cocaina e la vita trallallero trallallà”.
Fra: “raid, aereo, sul paese delle farfalle”, “come lucertole s’arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano”, “ho tirato pugni da ogni parte per, uscire da un sacchetto diiii carta”, “gli amici del campetto passati dalle Marlboro direttamente all’eroina, alla faccia delle droghe leggere”, “sabato in barca a vela lunedì al Leoncavallo, l’alternativo è il tuo papà”.
Michi: “Magari non rinizierò da zero, e forse conviene così. Quando avrò meno pensieri potrò riniziare da me. Che suono fa un oggetto prezioso che cade?”, “Ma tu ci pensi mai alla fretta, ai ritardi a chi è rimasto indietro e quanto è ancora è difficile dirgli, ‘Mi manchi’ che schifo avere rimpianti”, “se devo uscire vado a caccia di peroni safari bangla mi potrebbero aiutare ne ho catturate quasi come quell’estate e ho fatto finta di far festa con la Fanta”.
Teo: “È tutto uguale è tutto così. Quando va bene pensalo bene ma bene ma… comunque tutto quanto è così. Quando va male pensalo male ma male ma…”, “Pezzi bui dentro di me non se ne vogliono andare, resto da solo a guardarmi allo specchio senza parlare” e “Giornate grigie e il cielo è spento la gioia mi scalfisce e non ho difese, più soffia il freddo, più l’azzurro e il giallo a se mi attraggonoooooooo ooooh”. Grazie, Marco, per la chiacchierata. Speriamo di rivederci presto e di lasciarci in fretta alle spalle questo schifo.
(pei i più pigri, in quest’ultima domanda abbiamo menzionato – in ordine sparso – testi di Erode, Quercia, Pornoriviste, Afterhours, Punkreas, Fine Before You Came, Skruigners, Tunonna, Verdena, X-Mary, La Quiete, Sottopressione, Offlaga Disco Pax, Frammenti, Frankie Hi-Nrg, Coma Cose – NDA)
Intervista di Marco Capelli x Salad Days Mag – All Rights Reserved
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