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Pagoda interview
March 5, 2022 | Salad DaysAnni trascorsi tra vari progetti hanno portato Giacomo Asti, musicista originario di Parma, ad intraprendere un nuovo, personale percorso.
Sotto il nome di Pagoda, il cantautore pubblica il suo album di debutto, ‘Amerigo Hotel’, disco di carattere e colori variegati. Con Tom Petty and the Heartbreakers e i REM nel cuore, ma con gli occhi pieni di voglia di scrivere la propria pagina nella musica di questo Paese, ecco Pagoda. L’abbiamo intervistato in esclusiva per Salad Days Magazine.
SD: Come mai hai dato vita a questo nuovo progetto? E cosa ti ha spinto a scegliere il nome d’arte Pagoda?
P: Questo progetto è figlio dei brani che ho scritto in questi ultimi due anni. Non avevo intenzione di iniziare a fare dischi a dire il vero, non era una cosa in programma. Mi sono messo a scrivere canzoni prima che la pandemia arrivasse, più che altro a scopo terapeutico. Avevo bisogno di incanalare le mie energie, i miei pensieri e le mie piccole ossessioni in qualcosa che mi rendesse soddisfatto di me stesso. Ho scelto la musica senza neanche pensarci. Suonavo da tempo nei locali della mia città e in passato avevo già provato a fare pezzi miei, ma senza l’impegno e la disciplina necessari. Quando le canzoni hanno cominciato ad arrivare, una dopo l’altra, ho capito che avrei dovuto fare i passi successivi: registrare, pubblicare e… scegliere un nome! Anche scegliere il nome è stato abbastanza naturale. Mi era capitato di inciampare sulla parola pagoda diverse volte nel corso degli anni e l’avevo sempre trovata misteriosa, simpatica, rispettabile e suggestiva. Insomma, mi aveva sempre colpito in qualche modo. La prima volta che l’ho sentita è stata quando un amico mi ha svelato che uno dei due stabilimenti dismessi delle Acciaierie Falck di Sesto San Giovanni veniva chiamato il Pagoda. La seconda volta ascoltando una canzone di Paolo Conte, ‘Pesce Veloce Del Baltico’. La terza volta quando ho fatto un viaggio in Giappone e ho chiesto alla mia amica/guida come si chiamassero tutte quelle torri di diversi piani che vedevo ovunque. Il mio cervello deve aver riservato un posto speciale a questa parola e quando si è trattato di decidere un nome mi è venuta subito in mente.
SD: Il tuo album di debutto è ‘Amerigo Hotel’. Cosa puoi dirci su questo titolo e su questo album? Ci sono canzoni che sono nate in un modo e finite sul disco in tutt’altro modo?
P: ‘Amerigo Hotel’ è stata la prima canzone a cui ho iniziato a lavorare per questo disco e ho sempre pensato che sarebbe stato il titolo perfetto da dare all’album. Mi suonava (e mi suona tuttora) bene. Le otto canzoni di ‘Amerigo Hotel’ rappresentano solo una piccola parte del repertorio che ho accumulato nel corso degli ultimi due anni. Non voglio tirarmela troppo, ma ho già materiale sufficiente per altri due album. Quando ho deciso di andare a registrare dovevo fare delle scelte e ho pensato che fosse giusto iniziare dai pezzi più immediati e semplici, quelli che non avrebbero avuto bisogno di una produzione massiccia e che non mi avrebbero complicato la vita. Detta così può sembrare una scelta poco ambiziosa, ma in realtà è stata una più dettata dall’urgenza: desideravo mettere su una band, arrangiare le canzoni, registrarle e pubblicarle nel minor tempo possibile. Non volevo esitare o rimuginare troppo sul da farsi. È stato un approccio poco prudente e un po’ incosciente, ma sono contento di aver fatto le cose a modo mio. Abbiamo registrato queste canzoni live, con una band di musicisti fantastici tutti insieme nella stessa stanza. Era tutto ciò che volevo. Certo, ci sono dei difetti qua e là, alcune cose potevano venire meglio, ma non ho grossi rimpianti. Sono molto soddisfatto di tutte queste canzoni. Per rispondere all’ultima parte della tua domanda, no, le canzoni sono finite su disco più o meno come le avevo immaginate. Chiaramente nessuna è aderente al 100% all’idea che avevo in testa, ma nessuna è uscita stravolta dalle fasi di arrangiamento, registrazione e mix. Le riconosco ancora tutte. Sono cambiate, ma non troppo.
SD: Come nascono i testi delle tue canzoni? Arrivano spontaneamente e con facilità o sono frutto di un processo elaborato e incostante? Ci sono testi che ti hanno creato particolari difficoltà?
P: I testi nascono spontaneamente, non direi con facilità, ma non è nemmeno un processo lento e laborioso. Sicuramente finisco prima le musiche, ma di solito riesco a completare una canzone in pochi giorni. Mi aiuta molto scrivere di ciò che conosco, che mi riguarda e mi circonda. E sì, due testi mi hanno messo un po’ in difficoltà: ‘Amerigo Hotel’ e ‘Un’Ora Di Libertà’. La prima perché riascoltandola dopo averla registrata, mi sono accorto che certe parole suonavano proprio male e penalizzavano il canto, così ho dovuto riscrivere certe strofe, cercando di mantenere gli stessi concetti, ma facendo attenzione al suono di ogni singola parola. La seconda perché… il testo non arrivava! Avevo scritto qualche verso, ma non riuscivo a capire dove volesse/dovesse andare a parare la canzone. Le mancava un cuore, un nucleo. Poi, come spesso succede, mi sono sbloccato e in un paio di giorni l’ho conclusa. Ma non è successo all’improvviso. Ho passato pomeriggi interi a sbattere la testa davanti a un foglio bianco di Word.
SD: Cosa vuol dire per un musicista underground far uscire un album in un periodo storico come quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, con risvolti cruciali per il mondo della musica dal vivo?
P: Non posso parlare per l’intera scena underground, ognuno avrà stimoli e motivazioni diverse. Ma posso parlare per me e, come dicevo prima, non ho fatto troppi pensieri prima di iniziare questa avventura, ero solo determinato a fare un disco di cui essere fiero. Se mi fossi messo a pensare troppo al mercato musicale odierno e alla situazione dei live (anche) in relazione al Covid penso che mi sarei scoraggiato e non avrei combinato un bel niente. Sicuramente per i prossimi lavori agirò diversamente e mi farò consigliare da chi ne sa più di me, ma dovevo sbloccarmi e ‘Amerigo Hotel’ l’ha fatto.
SD: Tra i tuoi riferimenti ci sono REM e Tom Petty and the Heartbreakers. Se potessi aver scritto un brano per ciascuno di questi gruppi, quali sceglieresti?
P: È dura sceglierne solo una per ognuno di questi artisti, ma ci provo. So già che farò il saputello, scusate, ma parliamo di artisti che amo. Vediamo… per Tom Petty direi ‘The Waiting’. Una canzone semplicemente perfetta. La melodia è entusiasmante, scorrevole, immediata e semplice (non facile). È curata nei minimi dettagli, ma all’ascolto suona tutto così spontaneo e naturale. Fa impressione. Poi adoro l’arrangiamento degli Heartbreakers, un capolavoro di buon gusto. Ma anche il testo e l’interpretazione di Petty non sono da meno. È una canzone che trasuda desiderio ed energia, con quell’amarezza di fondo a rendere tutto ancora più eccitante. Per i R.E.M. dico ‘Man On The Moon’. Una volta Beppe Viola disse: “Sarei disposto ad avere 37 e 2 tutta la vita in cambio della seconda palla di servizio di McEnroe”. Ecco, io sarei disposto ad avere 37.2 di febbre tutta la vita in cambio di ‘Man On The Moon’. È una canzone enigmatica, misteriosa, e beffarda, ma allo stesso tempo commovente e accessibile a tutti. Vorrei averla scritta, arrangiata, prodotta e cantata, anzi, mi basterebbe anche solo una di queste cose. È una canzone enorme. Ogni volta che l’ascolto rimango senza parole.
SD: Parlaci di Parma, dalla prospettiva di un musicista navigato che intraprende un nuovo percorso musicale. Pregi e difetti, senza restrizioni.
P: Senza restrizioni? Ok, sono andato a registrare a Montichiari, nel bresciano. Questo la dice lunga, no? Non che a Parma manchino studi e professionisti di alto livello, ci mancherebbe. Ci sono. Il problema è più mio. Parma è una città chiusa e io sono caratterialmente un po’ chiuso, dovrei sentirmi a mio agio in questo contesto, invece no. È uno di quei casi in cui meno per meno non fa più, fa sempre meno. Non mi sono mai sentito parte della scena musicale parmense (ammesso che ne esista una). Quindi non conosco bene le realtà di questa città, le sue dinamiche. Collaboro con pochi musicisti qui, quasi tutti amici fidati e che stimo artisticamente. Dal punto di vista live, invece, Parma va un po’ a cicli. Ci sono periodi in cui tanti locali fanno suonare e funzionano bene, altri in cui i locali scarseggiano e sono gestiti male. Giudicare l’andamento di questi ultimi due anni sarebbe ingiusto vista la presenza del Covid. Mi auguro che si esca definitivamente dalla pandemia e che tornino a fiorire tante attività che fanno musica dal vivo.
SD: Cosa possiamo aspettarci da Pagoda ora che l’album è uscito? Quali sono i progetti futuri?
P: Il mio primo obiettivo è recuperare il release party già programmato per la data di uscita del disco, ma che è stato rimandato causa Covid. Dovremmo riuscire ad aprile. Incrocio le dita. Poi continuare a suonare live per portare queste canzoni fuori dai confini della mia città e regione. Infine, sto già pensando a qualche singolo da pubblicare prima di immergermi totalmente nella realizzazione del prossimo album. Insomma, se dovessi riassumere i progetti futuri in una parola direi: insistere!
Pic Credits: Maria Buttafoco
The Ghost Inside ‘Rise From The Ashes: Live At The Shrine’ – (Epitaph Records)
February 25, 2022 | Salad DaysTutti ricordiamo ancora cosa successe nel novembre del 2015, quando la band di Los Angeles rimase coinvolta in un terribile incidente d’autobus, dove persero la vita un paio di persone e dove gli stessi membri della band…
…riportarono gravi danni fisici, uno su tutti la perdita della gamba destra di Andrew Tkaczyk, batterista del combo losangelino. Quel giorno tutti pensavano che il capitolo The Ghost Inside fosse giunto alla fine. Dopo anni di dura riabilitazione, fisica e mentale, nella primavera del 2018 la band aveva comunicato che l’avventura sarebbe continuata e nel Febbraio del 2019 ha annunciato che sarebbe tornata on stage, per una sola data, il 13 Luglio 2019 al The Shrine di Los Angeles, andata sold out in quattro minuti. Data che non poteva non essere documentata e che oggi, dopo la release digitale e quella video, ha anche la sua release fisica vinilica. All’inizio di questo mese ‘Rise From The Ashes: Live At The Shrine’ è uscito per Epitaph Records in sei varianti colore, Black, Metallic Silver, Clear with Black Smoke (fuori proprio oggi in esclusiva sul sito della band), Orange, Yellow e Red. E proprio quest’ultima variante ci siamo portati a casa. Ritorno live in pompa magna per la band di L.A. che, nonostante le difficoltà di tornare su un palco dopo quello ha passato, non ha perso la grinta e la ferocia a cui ci aveva abituati. Venti pezzi che ripercorrono tutta la loro carriera dagli esordi fino a ‘Dear Youth’, con un riversamento su vinile di buona qualità; quello che esce dalle casse è quello che volete esca dalle casse. Menzione particolare all’artwork che non poteva che essere curatissimo.
Sulla copertina l’illustrazione realizzata da Jordan Buckley (ex-Every Time I Die) per il poster che promuoveva il ritorno sulle scene della band losangelina. Jason Link, senior art director di Epitaph Records, e Jim Riley, bassista della band, hanno pensato fosse perfetta per la copertina dell’album e hanno così deciso di riadattarla in square format, aggiungendo della carta olografica su tutti i bordi così da dare l’idea che l’illustrazione prendesse vita. Missione compiuta.
Foto retro copertina e interno gatefold a firma Jonathan Weiner, amico di vecchia data e, da sempre, collaboratore della band.
Design degli sleeves affidati invece alle cure di Kevin Moore di Soft Surrogate Design, che ha usato le foto dei case della band ispirandosi a quanto avevano fatto i Metallica nel 1993 per ‘Live Shit Binge And Purge’. Ritorno in grande stile per la band della città degli angeli, suggellato poi dall’ottimo self-titled uscito nel 2020.
Portatevi a casa questo ‘Rise From The Ashes’ perchè è la testimonianza di qualcosa di grande che è successo e che in molti pensavano non sarebbe mai capitato. Il resto è storia dei nostri giorni. Non vediamo l’ora di vederli on stage a Milano questa estate.
Io E I Gomma Gommas interview
February 17, 2022 | Salad DaysAbbiamo intervistato Io E I Gomma Gommas, che escono con un nuovo album e celebrano due decenni tra punk rock e classici della discografia italiana.
SD: Venti anni sulle scene, ne avrete viste di cose… Quale è la top 5 dei migliori momenti della vostra band in tutti questi anni?
IEIGG: Ce ne sono tantissime di cose da mettere nella Top 5, così di getto proviamo con queste, in ordine sparso:
N.1 – Suonare come band ospite a Lamezia Terme al DemoFest 2009 prima di Arisa e Roy Paci e Aretruska, davanti a un bagno di folla (i giornali dell’epoca parlavano di oltre centomila spettatori).
N.2 – Suonare a Comiso in Sicilia prima e dopo lo spettacolo del Mago Forrest, da piegarsi in due dalle risate.
N.3 – Andare una settimana in America in studio con Ryan Green per prendere parte al mixaggio e al mastering del nostro primo album. Esperienza pazzesca. Quante cose sono successe in quelle giornate!
N.4 – Primo concerto all’estero allo Street Food Festival di Neresheim in Germania. Vedere il pubblico cantare le nostre canzoni anche all’estero ci ha fatto sentire famosi! Ahahahah…
N.5 – Concerto alla Corte dei Miracoli a Siena qualche settimana prima dell’inizio della pandemia, locale pieno zeppo, pubblico scatenato e pogo dal primo all’ultimo brano del live. Ci è rimasto nel cuore e a pensarci oggi sembrano passati dei secoli.
N.6 – I featuring dell’ultimo album, da Pela (cantante della nuova band di Marky Ramone) a Davide Toffolo. Ancora ci sembra incredibile! Avevi detto 5… Abbiamo sforato ahahahah…
SD: Ovviamente avrete visto e vissuto anche cose assurde. Vi andrebbe di condividere con noi un aneddoto folle, di quelli difficili da credere per chi non l’ha vissuto?
IEIGG: Una storia con scene da film, ci è successa qualche anno fa. Suonavamo in un locale situato in una zona industriale vicino Foligno. Prima del live stavamo fuori a fumare qualche sigaro e a bere birra, ad un certo punto assistiamo ad uno speronamento tra auto lungo il rettilineo adiacente al locale… una Smart speronava un’altra auto molto più grande, cercando di mandarla fuori strada. Le auto procedevano a folle corsa, la macchina speronata dopo aver fatto un’inversione entra nel parcheggio del locale e prova a parcheggiare, mentre la Smart gli va addosso bloccandogli la fiancata opposta alla guida… dall’auto scende un ragazzo sulla trentina che cerca di entrare nel locale, nello stesso tempo scendono dalla Smart due ultrasessantenni enormi (ci chiediamo ancora oggi come potessero entrare in una Smart) che bloccano il ragazzo e lo iniziano a pestare a sangue, con una violenza inaudita. Gli prendono la testa e iniziano a sbatterla nell asfalto… ci rendiamo subito conto che la situazione sta precipitando, così interveniamo blocchiamo i due signori e chiediamo l’aiuto dei ragazzi del locale, subito dopo arriva la Polizia. Il ragazzo era alticcio e sconvolto, continuava a dire: “me só cagato addosso! M’avete fatto cagare addosso!”. E ci accorgiamo che veramente se l’era fatta sotto (la puzza dopo poco è diventata nauseante). Dopo tutti gli accertamenti del caso con la Polizia capiamo che il ragazzo aveva rotto lo specchietto della Smart e non si era fermato, così è partito l’inseguimento… dopo ore di ritardo siamo riusciti a fare il concerto.
SD: Parliamo invece del presente. Nuovo album, nuove collaborazioni. ‘…E Vennero Fuori I Lupi’ è uscito da poco, ma è stato scritto e registrato da tempo. Come è cambiato il rapporto tra voi e queste canzoni, dopo averle fatte (forzatamente) sedimentare durante il periodo della pandemia? A mente fredda, c’è qualcosa che avreste fatto di diverso?
IEIGG: Bhe diciamo che per la prima volta anche Filo (chitarra/voce) lo ha ascoltato più volte! Ahahahah. Dovete sapere che odia risentire la sua voce e solitamente non ascolta mai gli album dei Gommas. Questo fatto ci ha fatto ben sperare ed è stato già un buon segnale. Le canzoni scelte rispecchiano pienamente quello che avevamo in mente e danno secondo noi un quadro abbastanza dettagliato del fermento artistico che girava in Italia in quegli anni. Quindi non cambieremmo praticamente nulla… poi ovvio se lo registravamo oggi magari sarebbe venuto completamente diverso!
SD: Avete creato un video in stop motion spettacolare per il singolo ‘Tanto Pe’ Canta’, con ospite illustre Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Come è nata questa idea? Quali sono le difficoltà nel creare un visual in stop motion di alto livello? C’è qualche video che vi ha ispirato nella realizzazione del vostro progetto?
IEIGG: Il videoclip è nato dalla pazza mente del nostro chitarrista/cantante Filo. L’idea era far incontrare El Tofo (Davide Toffolo) e Fortunello (Ettore Petrolini) e l’unico modo era in un mondo fantastico ovviamente. Le difficoltà nell’affrontare un lavoro del genere sono innumerevoli, da quelle più basilari, tipo costruire i pupazzi in modo che riescano a muoversi abbastanza bene, alla costruzione della scenografia, fino ad arrivare alle cose che sembrano più semplici, ma che non lo sono affatto, come posizionarsi per inquadrare al meglio i personaggi… per non parlare poi del montaggio e la sincronizzazione a tempo. Per la fotografia Filo si è completamente affidato alla maestria della bravissima fotografa Nicoletta Pasquini (Foto F Lab). Pensate che per questo lavorone Filo e Lele (batterista dei Gommas) si sono arrangiati con quello che avevano, rendendo questo videoclip ancora più pazzesco. Per dirne una, il bellissimo pellicciotto de El Tofo è stato ricavato rubando un Gilet di pelo della compagna di Filo. Le ispirazioni sono state diverse: sicuramente El Tofo e Fortunello sono personaggi che, nella testa di Filo da sempre affascinato da questa tecnica, e dal grande Tim Burton, si prestano a diventare pupazzi… Già in passato Filo si era cimentato con lo stop-motion realizzando il videoclip di ‘Nel Blu Dipinto Di Blu’ (che vi consigliamo di andare a vedere).
SD: Avete rivisitato diversi classici e anche diverse perle nascoste della discografia italiana in questo album. C’è qualche brano che avreste voluto includere ma che non sarebbe rientrato nella linea dell’album?
IEIGG: Sono diverse le canzoni che non abbiamo messo o concluso. Ci sarebbe piaciuto inserire un brano dei primissimi Skiantos, tipo ‘Eptadone’ o ‘Gelati’, ma purtroppo poi sarebbero stati 17 i brani nel disco… e visto il periodo, abbiamo deciso che forse era meglio non sfidare ancora la sorte. Ahahahah.
SD: Se poteste invitare qualsiasi artista italiano come ospite sul prossimo album, chi invitereste?
IEIGG: Sarebbe bellissimo avere Gian Maria Accusani (Sick Tamburo, Prozac +): per quello che rappresenta per la musica punk italiana e per molti altri motivi….e non per ultimo per la bella persona che è.
SD: Venite dalla provincia di Ancona. Le Marche sono terra florida per la musica underground? Quali sono i luoghi di riferimento nella vostra zona per chi vuole ascoltare musica indipendente? Ci sono band e artisti che dovremmo ascoltare?
IEIGG: La scena marchigiana è viva e florida, anche se purtroppo dobbiamo constatare che tra le band c’è poca collaborazione. Per quanto riguarda la nostra band, nella nostra zona, c’è sempre stato molto scetticismo, probabilmente perché facciamo cover… o forse perché siamo molto belli! Ahahahah. Se vuoi ascoltare musica indipendente nella nostra zona devi andare al Loop ad Osimo o al nuovo Circolo Dong zona Macerata e d’estate all’Igno Park (bellissimo skatepark) di Osimo e al Lazzabaretto di Ancona. Ci sono ottime band e artisti della nostra zona che meritano sicuramente un ascolto. Ad Osimo siamo cresciuti con Aurelio Laloni in arte Joe D’elirio. Tra le band storiche (generi più disparati provincia di Ancona) ascoltatevi per esempio: Gli Amici Dello Zio Pecos, Kurnalcool, La Tosse Grassa, Dadamatto, The Gentlemens… tra quelle più recenti ci sono i Pomodoro Troppikaos, la scena Castello Hardcore Crew con i T-Rex Squad, The Livermores, The Dinasyt o anche la nuovissima realtà Bruma Records con i Dr. Furia.
SD: Se poteste cambiare qualcosa nel panorama musicale italiano, cosa cambiereste? E cosa invece pensate sia una qualità da preservare?
IEIGG: Nel panorama musicale italiano troviamo ancora poca collaborazione e poca condivisione. Questa cosa accade soprattutto nel mondo indipendente. E poi ci fa davvero strano notare che la maggior parte delle critiche non costruttive provengono quasi sempre da chi la musica la suona solo nella propria sala prove, questo atteggiamento va sicuramente cambiato. Quindi la qualità da preservare quando la si trova nella musica è appunto la condivisione.
SD: Cosa c’;è in arrivo, a ridosso dell’uscita del vostro album? Tornerete dal vivo? Avete già concerti confermati?
IEIGG: In arrivo ci saranno altri videoclip… e poi vorremmo ritornare a fare tanti live, come facevamo prima della pandemia. A questo ci sta pensando la Make A Dream. Per ora possiamo dirvi che ad Aprile recupereremo il concerto che dovevamo tenere al Traffic di Roma a Gennaio.
Noyz Narcos ‘Virus’ 2022 – Believe Music, Thaurus, Propaganda Agency
January 28, 2022 | Salad DaysAnnunciato a sorpresa all’inizio di Dicembre, è diventato fin da subito una delle release più attese del 2022. Non potevamo quindi non iniziare l’anno con ‘Virus’, il nuovo studio dell’ottavo Re di Roma, Noyz Narcos.
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Nightwatchers interview
January 15, 2022 | Salad DaysI Nightwatchers sono una band punk e vengono dalla Francia. Hanno appena pubblicato un interessante album chiamato ‘Common Crusades’, un disco che mette in luce le gravi ombre della società post-coloniale francese.
Un album carico di significati e allo stesso artisticamente notevole. Abbiamo fatto una chiacchiarata con Julien Virgos, cantante della band.
SD: Il vostro nuovo album ‘Common Crusades’ è uscito da poco. Qual è il feedback?
NW: Finora il feedback è buono! Siamo molto felici del risultato, non vediamo l’ora di suonare il nostro nuovo set in tutta la Francia e l’Europa.
SD: È un album molto esplicito su antiche questioni sociali come il colonialismo e le loro conseguenze nella società moderna. Cosa vi ha spinto a scrivere un album del genere? Pensate che il punk possa avere un impatto nella società francese quando si tratta di questo tipo di disuguaglianze sociali?
NW: Abbiamo scelto questo tema dopo due dischi sulla violenza della polizia, perché la gestione contemporanea della polizia in aree prioritarie della politica cittadina è ancora molto influenzata dal periodo coloniale, senza che questa eredità sia sempre consapevole. Gli scritti di Malika Mansouri o di Manuel Boucher sono molto interessanti su questo tema. Trovo importante sottolineare i legami che esistono con questo periodo e soprattutto con questo territorio, quello dell’impero coloniale francese, che spesso tendiamo ad evitare quando pensiamo alla storia della Francia. L’Algeria era un dipartimento francese non molto tempo fa. La società sta cambiando e le cose si stanno muovendo su questi temi, direi di sì, ma non saprei dire in che modo. La musica punk può avere un impatto nella società francese, su scala molto piccola… il nostro album non cambierà molto riguardo ai problemi che affrontiamo, ovviamente. Ma l’obiettivo è quello di informare e illuminare un argomento di cui la gente non parla / scrive molto nella scena punk / alternativa francese.
SD: Perché la Francia è afflitta dai problemi che riportate nei vostri testi? C’è qualche tipo di critica verso il colonialismo al di fuori delle controculture radicali?
NW: La colonizzazione francese rimane un argomento molto divisivo, basta vedere gli ultimi dibattiti sulla commemorazione di Napoleone Bonaparte. Negli ultimi anni il cursore politico si è chiaramente spostato verso la destra conservatrice, in Francia come nel resto d’Europa. L’attuale governo ha deciso di fare della lotta contro l’”Islam radicale” o “Islam politico” una priorità, in nome della coesione nazionale e dei “valori della Repubblica francese”. Dal nostro punto di vista, questa lotta si inserisce nella continuità della storia coloniale della Francia, in particolare nel contesto algerino. I nostri governi hanno sistematicamente cercato di imporre lì dei valori cosiddetti “universali”, sostenendo che la pratica dell’Islam è incompatibile con essi. Non si parla molto di colonialismo in Francia al momento, ma sempre più persone cominciano a sottolineare un’eredità postcoloniale che il nostro governo rifiuta di riconoscere. Rifiutano ancora di prendersi la colpa e di affrontare la loro responsabilità storica sui crimini che abbiamo commesso in nome dell’Universalismo ad Haiti, in Indocina, in Algeria, in Camerun e così via. Abbiamo un problema con tutte le parti oscure della storia coloniale, come se parlarne e far luce su di essa equivalesse a sputare sulla Francia. Si viene rapidamente etichettati come islamisti, separatisti o quant’altro. Ci si lava con l’importanza del dovere di ricordare, ok molto bene, ma ci si rende conto che la memoria in questione è molto selettiva, e che ci sono certi passaggi che si preferisce mettere da parte quando turbano un po’ troppo il nostro romanzo nazionale. Non ci sarà nessuna riconciliazione, nessuna unità nazionale in Francia finché tutte le memorie potranno essere espresse e non saranno riconosciute allo stesso modo. Il fumo è una parte triste della storia francese. Anche l’uso del napalm in Indocina. La sistematizzazione della terra bruciata, la tortura e lo stupro in tutte le guerre decoloniali pure.
SD: Che tipo di band menzionereste se doveste descrivere i Nightwatchers a qualcuno che non ha mai sentito parlare di voi?
NW: Se non ci hai mai ascoltato, potrebbe essere descritto come un mix tra band come Red Dons, Radioactivity, Mass Hystery, Eagulls, Sad Lovers & Giants… punk cupo e malinconico. Credo che questo nuovo album sia in continuità con ‘La Paix Ou Le Sable’, esplorando un po’ di più alcuni orientamenti post punk.
SD: È difficile per una band francese cantare in inglese e avere un seguito nel proprio paese? Avete un feedback da altri paesi europei?
NW: In Francia siamo abituati ad avere band punk che cantano in francese o in inglese, non è un problema. Naturalmente ad alcune persone non piacerà se canti in inglese, ma non è insolito. Credo che in realtà ci aiuti ad avere un pubblico più vasto al di fuori della Francia. Siamo stati in tour in Germania, Svizzera, Spagna, Repubblica Ceca, Svezia… almeno possono dare un’occhiata ai nostri testi e capire di cosa stiamo parlando. È bello vedere che i temi che trattiamo interessano molte persone fuori dalla Francia.
SD: Come avete iniziato a lavorare con la vostra etichetta svedese, la Lovely Records?
NW: Dopo i nostri primi 2 EP, abbiamo chiesto alla Lövely se sarebbero stati interessati a lavorare con noi sul nostro primo LP. Li conoscevamo per via di Rotten Mind e Dahmers, soprattutto. Erano interessati, così abbiamo organizzato alcuni incontri su Skype per parlarne e la nostra collaborazione è iniziata abbastanza facilmente! Sono stati super gentili e pazienti con noi.
SD: Dove vorreste andare in tour con questo nuovo album?
NW: Inizieremo con la Francia e l’Europa, ma andremo in tour ovunque sia possibile! Il Sud America sarebbe fantastico, ma credo che dovremo aspettare un po’ a causa della crisi dei Covid… condivideremo un paio di concerti con i Rotten Mind a marzo/aprile, eventualmente altri con Marmol in Bask Country a maggio… annunceremo tutti i nostri piani molto presto!
Volk Flannel x Punk Rock Holiday 10th anniversary new year giveaway!!!
January 1, 2022 | Salad DaysHappy New Year to everybody! We start the 1st day of 2022 with this banger: almost two Volk Flannel x Punk Rock Holiday 10th anniversary to giveaway.
Hoping the new year will be better than the past one, with less covid restrictions and less police statement, Salad Days Mag with Punk Rock Holiday Festival and Volk Flannel put on a plate two high quality pieces of classic street culture: Punk Rock Holiday x Volk collab – 10th anniversary special edition flannel release! This epic black and white buffalo plaid with orange stripes on Volk signature material that will never lose it’s form, detailed buttons and many more perks is a perfect match to celebrate 10 years of best Punk Rock festival on Earth. This is strictly limited to 300 pieces and will not be re-released. True to size. Please check size: Matic is 1.80 m tall and wears size M. All products are top quality, breathable materials for an excellent wearing experience! Carefully sewn with care and precision by skillful sewstresses! Precisely fitted to all body types. Just choose your size & the shirt will fit!
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Holding Absence ‘The Greatest Mistake Of My Life’ 2021 – SharpTone Records
December 31, 2021 | Salad Days 1Per il terzo capitolo della rubrica vi parliamo di un disco uscito lo scorso Aprile… ma che è il mio disco dell’anno… quindi giusto parlarne prima che l’anno finisca.
Holding Absence arrivano da Cardiff, Galles, sono in giro dal 2015 e suonano un “alternative rock/post-hardcore” che farà felici tutti i fan dei Saosin Cove Reber-era e degli ultimi Architects e Bring Me The Horizon. Dopo svariati singoli, uno split ep con i Loathe (2018) e l’album di debutto omonimo (2019), ad inizio primavera 2021 hanno rilasciato ‘The Greatest Mistake Of My Life’, preceduto dal singolo ‘Afterlife’, che lasciava presagire ottime cose.
Il disco è uscito per l’etichetta americana SharpTone Records, sussidiaria di Nuclear Blast ed è finito nelle top 10, top 20, top 50 dei dischi dell’anno di praticamente tutte le riviste/webzine del settore. Vinile rilasciato in cinque varianti colore, di cui ce ne sono passate tra le mani un paio, la Purple with Grey Splatter (tiratura 500 copie) e la Oxblood on Creamy White (tiratura 500 copie). Il disco è una mina e l’edizione in vinile non è da meno. Doppio vinile, gatefold e con doppio inserto con tutti gli scatti della giovane fotografa inglese Bethan Miller a comporre l’artwork.
Foto che rispecchiano appieno quanto trattato nel disco, la vita che incontra la morte, la vita che continua e l’amore che non finisce mai. Produzione del disco impeccabile affidata alla mani di Dan Weller, come impeccabile la resa dei dischi sul piatto.
Vi diremmo di non lasciarvelo scappare, ma al momento l’unico modo per portarvi a casa una copia fisica di questo fantastico disco è sui canali di secondary marketing, nell’attesa che venga (speriamo) ristampato.
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The Black Lips @ Circolo Magnolia, Milano – recap
December 17, 2021 | Salad DaysE’ stato scritto e detto tutto riguardo ai Black Lips, questa volta approccio ‘sta pagina bianca un po’ meno gasato del solito. Una mezza idea mi viene, funzionerà?
Come è stata la mia prima volta live con Cole, Jared e compagnia? Mille anni fa, grandi aspettative. Tour europeo nel periodo pre-Vice. Facciamo fatica, pur consultando il mio omonimo Barcella ed i massimi esperti di garage italiani, a ricostruire il tutto. Era il tour di ‘Let It Bloom’? O addirittura del secondo su Bomp!, quello dal titolo interminabile? E, soprattutto, dove avevano suonato? Sicuramente non nei posti “istituzionali” (cazzo, erano veramente fuori per i tempi), parlo di Bloom et similia. Mi ricordo una vasca in solitaria per vedermeli, tanto che associo quel concerto al cuneese (come direbbe Totò: “io sono andato a vedermeli a Cuneo”). I Black Lips si portavano dietro una fama di cazzari, distruttori: vomito, nudità, elicotteri (per i maschi che leggono dovrebbe essere chiaro di che tipo di elicotteri stiamo parlando). Mi ricordo che me li aveva fatti ascoltare in negozio il buon Cattaruzza, Hangover. In un periodo che a Milano era tutto “post” Sottopressione. Atmosfere pesanti, nere. Gli chiedo di questi Black Lips, e lui mi mette il primo, l’omonimo. WOW, dico, ‘sta roba è allegra, ma anche molto potente! Comunque. Grandi aspettative! Tanto grandi, che alla fine il concerto era filato via “liscio”, quasi normale, comunque senza troppi sussulti. E’ vero, eravamo abituati bene: scene come i pieni dei Good Riddance al Tunnel penso siano state il nostro benchmark milanese per ogni live da lì in poi, in quanto ad “aspettative”. Detto ciò. Mai come in quel caso Chuck D ci aveva visto giusto: ‘Don’t Believe the Hype’.
Fast forward, ed arriviamo a dicembre 2021. Da buon punkettone non seguo i Black Lips dall’esplosione Vice. Ma in questi turbolent times sono come ‘L’Attimo Fuggente’: carpe diem, ci devo andare! Aspettative meno di zero. L’aggiunta al lotto di Zumi Rosow, musa di Gucci, certo non mi aiuta in quanto a “punti scena”. Anche perché non credo che Alessandro Michele passi le sue serate ad ascoltarsi i dischi dei Black Lips. Sapete bene cosa penso di certe operazioni “moda meets underground”, in generale “mainstream meets underground”. Penso che l’effetto “scimmietta allo zoo” sia dietro all’angolo. Conclusione? Concerto dell’anno (e quest’anno ho visto i Kobra, i Golpe… ma anche i Sons Of Kemet o Fatboy Slim). Cazzo se ci siamo divertiti. Cazzo se si divertono. Ultima data del tour europeo: ci siamo pure beccati il finale/bonus con ‘Hippie Hippie Hooray’, LA cover per eccellenza. Per dirla come i Napalm Death: questi sono “Leaders, not Followers”.
P.S.
Thanks to Paolo Proserpio, possiamo anticiparvi che i Black Lips sono ora a Parigi, per registrazione nuovo album. YES.
P.P.S.
A parte Gucci, tanta Italia nei Black Lips. E’ gente che ne sa, poche palle. Guardatevi il loro Instagram. E sentitevi i loro pezzi: qualcuno ha detto Pooh?
(Txt fmazza1972 & Pics Paolo Proserpio)
Hot Mulligan ‘I Won’t Reach Out To You’ 2021- Wax Bodega
November 26, 2021 | Salad DaysNon è stato facile scegliere la release vinilica novembrina. Tra le tante (prime stampe o ristampe) uscite che ci sono passate tra le mani, alla fine l’hanno spuntata gli Hot Mulligan, quelli che a quanto pare sono la #1 hot new band (cit.)
Hot Mulligan sono un quartetto (erano un quintetto fino a qualche mese fa) del Michigan di recente formazione (2014) ma che nel corso di questi anni si è guadagnato fin da subito la stima del pubblico, e l’apprezzamento della critica, a suon di ottime release. L’ultima di queste, ‘I Won’t Reach Out To You’, è un ep di cinque pezzi uscito a maggio per l’etichetta Wax Bodega, nuova label di Philadelphia nata nella primavera di quest’anno da un’idea di Zack Zarrillo (già co-fondatore di Bad Timing Records) e che ha già avuto modo di farsi apprezzare per le splendide release di artisti come Mat Kerekes (Citizen), Gates (nuovo ep uscito a fine ottobre e vinile in uscita a dicembre) e Super American (fuori con uno dei dischi più interessanti del 2021). La prima stampa di ‘I Won’t Reach To You’, distribuita da Many Hats Endeavors (altra creatura di Zarrillo), è uscita lo scorso maggio in cinque varianti colore (per un totale di 1850 copie) andate esaurite praticamente subito. Wax Bodega ha ascoltato le numerose richieste e a inizio novembre ha rilasciato la seconda stampa, questa volta in sole due varianti colore, la prima Half Pink/Half Clear with White Splatter (tiratura 500 copie e disponibile solo sul sito di Wax Bodega) e la seconda Pink (tiratura 750 copie e disponibile solo durante le date del tour e da selezionati retailers US – per il momento), entrambe con etched b-side.
Come per tutte le altre release di Wax Bodega, anche questa esce con il consueto obi-stripe realizzato da Matt Delisle di Eat Cold Pizza che rende riconoscibili tutte le uscite dell’etichetta e che riporta sullo stesso tutte le info di ogni release.
Artwork affidato alle cure di Andrew Zell, digital artist del Wisconsin (e grande fan di Hot Mulligan) che in passato ha curato i lavori di band come Carousel Kings, August Burns Red e Texas In July e che ha realizzato l’artwork per ‘I Won’t Reach Out To You’ a stretto contatto con la band, utilizzando alcune sue foto scattate durante un viaggio presso il Canyonlands National Park in Utah e mashuppando il tutto con alcuni suoi lavori che i membri della band hanno personalmente scelto. E il risultato è quello che potete vedere nella gif e nelle immagini qui sotto.
Altra release di qualità quindi per la label di Philly che vi suggeriamo di tenere d’occhio in quanto avrà in serbo parecchie bombette in uscita da qui in avanti.
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Stone Island presents Milano @ Fabrique, Milano – recap
November 12, 2021 | Salad DaysEvento “as part of the Stone Island Sound” e “curated by C2C”: quindi “bomba”.
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Kilauea, lo skateshop/edicola di Sassari
November 9, 2021 | Salad Days“La dose quotidiana di notizie fresche, cruciverba, tavole da skateboard, penne, matite, quaderni, vecchi vinili, ritrovo degli skateboarders per una birra fresca insieme”
Nel tempo si evolve sempre, questo è il dna naturale dello skateboarding. Lo skateboarding è una spugna, è capace di prendere ispirazione da tutto ciò che lo circonda, una prospettiva che riesce a catturare anche le sfumature più nascoste.
La globalizzazione ha fatto sì che il mercato cambiasse in modo permanente e velocissimo negli ultimi 15-20 anni. Nuove tecnologie da sfruttare, da spremere e la sfrenata corsa all’acquisto, tutti possono avere tutto e in tempi brevissimi, a volte a scapito della qualità dei prodotti e non ultima delle Esperienze.
Ora è diventato molto raro trovare qualcosa di veramente speciale e che sia pienamente supportato da una particolare nicchia interessata e che questo sia sostenibile anche per chi ha l’iniziativa. Lo skateboarding ha sicuramente un legame di sangue con l’arte, la creatività e le sottoculture in generale, lo skateboarding è sinonimo di comunità.
In tempi normali, amo molto scoprire nuovi luoghi interessanti durante un viaggio, un po’ nascosti, frequentati da nicchie particolari nelle quali stare e con le quali scambiare esperienze. Gli skateshops nascono per questo: creare aggregazione, senza differenze di culture, sesso, orientamento sessuale o “classe sociale”. Sicuramente gli skateshops sono fatti per gli skateboarder ma aprono le braccia a qualsiasi persona su questo pianeta terra e anche proveniente dal mondo extraterrestre, questo è lo skateboarding.
Negli ultimi anni si è perso il senso di comunità, e i negozi locali sono stati visti, dalle nuove generazioni, come superati, sfigati. Tutto gira come una ruota, molte cose tornano alle loro origini ed è giusto che sia così. Se, da un lato, lo skateboarding è diventato una disciplina olimpica, uno “sport riconosciuto” grazie ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020 e mentre i “big players” sono interessati a spremerlo per sfruttarlo al meglio; dall’altro lato, ci sono piccole realtà che tornano e piccole masse che tornano ad avere un “senso di appartenenza a una certa comunità di simili”.
Negli ultimi anni, abbandonati dagli stessi skaters (non è bella la cosa che ho appena detto ma rappresenta la realtà) i veri core skateshops si sono evoluti offrendo anche altri prodotti e servizi, altri invece si sono “tuffati” nella più estrema dipendenza dal fashion. Personalmente è da molto tempo che non sentivo il “senso di comunità” e l’ho appena vissuto. Non capita tutti i giorni di entrare in una classica edicola che, allo stesso tempo, è anche un classico core skateshop al servizio degli skaters. Questo skateshop non si trova ad Amsterdam, Berlino, New York o Los Angeles, si trova a Sassari, Sardegna – Italia e si chiama Kilauea skate & surf shop.
Ci sono diversi esempi di skateshop che offrono anche altri prodotti e servizi ai loro clienti, solo per citarne alcuni: l’amatissimo Benny Gold Shop che offriva skateboard, abbigliamento, caffè e chai tea (ora definitivamente chiuso) attivo nell’area di S.Francisco, Stitch a Grafenwohr – Germania, che offre skateboard e vaporizzatori, Quonset Hut in Ohio che vende vinili, golf disc, freccette, regali e vaporizzatori, Sanantonio 42 a Pisa – Italia, che offre libri, accessori per dj, graffiti lattine, vinili e ancora Folks a Verona – Italia che vende skateboards e vinili. Non ultimo nomino South Central, un negozio che possedevo che ho gestito per circa dieci anni, offrendo, skateboards, marchi streetwear di nicchia come Reeson, Lobster, marchi come Stussy, A Quiet Life, Undefeated, Brixton e molti altri ancora. South Central era un luogo per incontrare persone che la pensavano allo stesso modo. Il negozio offriva anche eventi, libri, prodotti artigianali e un angolo caffè molto “fresh” semrpe all’interno del negozio e un noleggio gratuito di biciclette.
Quindi, può essere reale che nel 2021 ci sia un’edicola di 60 mq che è anche un core skateshop? Sì, esiste dagli anni 70 come classica edicola e azienda familiare di Vito Porcu (il proprietario) e si chiama Kilauea. Sabato scorso sono rimasto davvero sorpreso dall’aria che respiravo all’interno dello spazio, punto d’incontro per gli skateboarders. Giusto per essere sincero direi “più luoghi di aggregazione e meno social network”.
Element x Hotel Radio Paris launch @ Polartec Showroom, Milano – photorecap
October 30, 2021 | Salad DaysElement x Hotel Radio Paris launch @ Polartec Showroom, Milano – photorecap
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Thrice ‘Horizons/East’ 2021- Epitaph Records
October 29, 2021 | Salad DaysPrimo appuntamento con la nuova rubrica Vinyl Of The Month e non potevamo partire che con uno dei dischi più attesi dell’anno.
Non ci soffermeremo qui a parlare del contenuto musicale del disco (la recensione la potete trovare qui) ma andremo ad analizzare più nello specifico il prodotto fisico. ‘Horizons/East’, il nuovo lavoro dei californiani Thrice, è uscito lo scorso 17 settembre su tutte le piattaforme digitali e l’8 ottobre in versione cd e vinile per Epitaph Records. Per il vinile previste diverse varianti, alcune esclusive per il territorio americano (e che verranno rilasciate a novembre), altre esclusive per l’Europa e altre ancora sia per i retailers a stelle e strisce che per quelli europei, più l’esclusivissima variante per i membri della Thrice Alliance, per un totale di dieci varianti colore. Qui sotto potete vedere le prime quattro varianti che mi sono passate tra le mani: Cloudy Purple (Kings Road Merch Europe exclusive), Purple & Mustard Galaxy (Kings Road Merch exclusive), Orange & Mustard Galaxy (German retail exclusive) e Purple in Neon Yellow (european indie retail). Ve lo diciamo già, il prodotto è, ovviamente, curatissimo. Direzione artistica e design affidate alle sapienti mani di Jordan Butcher e della sua nuova creatura Strange Practice (ex Studio Workhorse – quello che ci ha regalato gli artwork di Underoath, Anberlin, mewithoutYou, Haste The Day, The Devil Wears Prada e molti altri ancora). La cover è presentata in Chromadepth, sistema brevettato dall’azienda Chromatek che funziona sfalsando i colori nell’ordine dell’arcobaleno e che vi potrete godere appieno utilizzando gli occhialini 3D inclusi nella confezione (occhialini che potrete usare anche per gustarvi tutti i lyric video presenti su youtube).
Il titolo dell’album e il nome della band sono embossed in carettere Sväng dai regaz di Letters From Sweden; retro copertina con ritaglio quadrato nella parte centrale e logo band embossed nella parte inferiore e inner sleeve a doppia facciata con la track list e i credits da una parte e tutti i testi dall’altra. Niente da dire nemmeno sul fronte audio, il disco sul piatto suona bene tanto che vi farà apprezzare tutte le sfumature e i bellissimi arrangiamenti presenti nelle dieci canzoni che compongono il disco. Uno dei platter più attesi (e più belli) dell’anno non poteva non essere supportato da un prodotto fisico di qualità. Compratelo online, richiedetelo al vostro negoziante di fiducia, ma non lasciatevelo assolutamente scappare.
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DR. MARTENS x “TOUGH AS YOU” FEST DAY 1 @MI AMI x CIRCOLO MAGNOLIA, MILANO – PHOTORECAP
October 22, 2021 | Salad DaysDR. MARTENS x “TOUGH AS YOU” FEST DAY 1 @MI AMI x CIRCOLO MAGNOLIA, MILANO – PHOTORECAP
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