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Salad Days Magazine | December 24, 2024

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NO MORE LIES INTERVIEW

January 6, 2024 |

I No More Lies sono sicuramente uno dei pilastri dell’hardcore/Oi made in Roma.

Forti di ideali e liberi da ogni censura, la loro musica e i loro testi esprimono il male di vivere della società contemporanea ma anche la speranza di vedere la luce in fondo al tunnel, lottando! ‘Il Cuore Della Bestia’ è il loro terzo album (ricordiamo volentieri anche il gioiellino di qualche anno fa, sotto forma di 7” split con i Nabat, ‘Resta Ribelle’) e di questo e di altro abbiamo discusso con Fabrizio “il marinaio”, voce dei No More Lies (ma anche dei Payback).

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SD: Innanzitutto grazie per la tua disponibilità Fabrizio! Parlaci subito de ‘Il Cuore Della Bestia’ nuovo lavoro (uscito da pochi mesi) della tua band No More Lies. A noi di Salad Days Magazine è piaciuto molto (trovate la recensione sul nostro sito) e, soprattutto, abbiamo notato un piacevole bilanciamento tra i testi e la musica.
NML: Ciao e grazie a voi. Sì beh, ad oggi dovrebbe essere il nostro lavoro più completo in quanto abbiamo messo a fuoco quello che abbiamo imparato negli anni: cosa ci piace e come trasmetterlo. Nella parte musicale abbiamo coinvolto Fabio Banfio (Rake-Off, Taste The Floor) che ci ha seguito con tanta, ma tanta pazienza (sì, siamo disordinati) per la produzione; in più, testi e musica sono andati di pari passo, questa volta, molto più delle precedenti e abbiamo lavorato sui cori per noi fondamentali per avere un impatto live coinvolgente. Ne siamo soddisfatti, ci abbiamo messo dentro tutto, per ora…..

SD: ‘Nemo Profeta In Patria’, ma non nel vostro caso! Ho avuto occasione di potervi vedere in azione dal vivo al Questa E’ Roma Fest 2023 (la prossima edizione è ormai imminente, gennaio 2024) ed è stato molto elettrizzante, si notava un forte senso di appartenenza, di rispetto con i presenti, una situazione coinvolgente, tutti sempre pronti a pogare e a fare stage diving.
NML: Certamente, siamo molto “romani” nell’approccio a queste situazioni e la gente ce lo riconosce. Nei nostri testi ed atteggiamenti sul palco trovi tanta, tanta romanità, si ride si scherza, si parla di problemi quotidiani con l’ironia e l’amarezza di chi sa che ha perso, ma in fondo sapeva in partenza che non avrebbe vinto. Un atteggiamento borderline alla vita, insomma. Per il resto siamo in giro da otto anni, oramai, e abbiamo un bel rapporto con chi ci segue, compresi tanti ragazzi giovani, cosa non usuale per questo genere. Nel raccordo anulare andiamo forte… ahahahah

SD: Cosa si prova, invece, quando si suona fuori dalle proprie quattro mura? La gente cosa vi trasmette, cosa cercate di mettere in primo piano oltre alla musica?
NML: Quando suoniamo fuori siamo particolarmente curiosi di vedere l’effetto che facciamo, non abbiamo aspettative particolari di solito, pertanto una specie di derby del cuore con qualsiasi band, inteso come “dai andiamo e facciamo in modo che suonare dopo di noi sia un problema”, perché cerchiamo di impressionare tutti i presenti. Comunque, di solito, dopo i primi due-tre pezzi si crea una bella atmosfera. Cosa vogliamo comunicare? Rafforzare la convinzione, in chi ti guarda, di non essere il solo a pensare che la società in cui viviamo non va ed è piena di ingiustizie. La lotta di classe non è morta, ecco, ci piacerebbe che andando a casa qualcuno si sentisse meno solo.

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SD: Siete una band con un chiaro indirizzo politico, questa scelta si riflette sicuramente anche nello stile di vita quotidiana. Come si riesce a fare i conti con una società ipocrita che non lascia scampo né a destra né a sinistra?
NML: Non si riesce no, purtroppo, non se hai una sensibilità sviluppata e ti lasci coinvolgere nel gregge, è difficile orientarsi. Abbiamo una connotazione politica precisa perché questo siamo, non sopportiamo abusi e prevaricazione, siamo sempre dalla parte dei più deboli, perché lavoriamo tutti e ci rendiamo conto di quanto la società sia piena di contrasti, anche stridenti, con cui dover fare i conti giornalmente. Nel nostro privato cerchiamo di essere sempre e comunque lineari ma, come dicevo prima, è molto difficile.

SD: Domanda personale. Parlaci di come gestisci l’organizzazione di concerti, eventi e quant’altro che impegnano tempo e persone. Che effetto fa superare le mode, i periodi bui, oltre che, oggettivamente, il momento in corso? Insomma, “spalare merda”. I cambiamenti generazionali, le persone, i giovani non sempre sono quelli che uno si aspetta, continua a valerne la pena?
NML: Ecco, questa è una domanda difficile perché onestamente ogni tanto me lo chiedo anche io… guarda, non è semplicissimo! Non ti dirò che la passione aiuta sempre e comunque, che è tutto rose e fiori, no, dietro c’è tanto lavoro spesso non ricambiato dai risultati; le persone certe volte non sanno dei sacrifici dietro le quinte, anche a livello personale, sia economici che di tempo speso. La gente è cambiata, sono cambiate le aspettative, sono cambiate le motivazioni, sono passati molti anni e questo è diventato più un genere musicale che altro, quindi risponde sempre più alle logiche di mercato e quindi si entra in competizione con situazioni anche troppo distanti da te e, spesso, comporta una dispersione di energie e pubblico che non ti permette sempre di rientrare a livello economico. Tenere la barra dritta credo oggi sia molto difficile, noi poi cerchiamo di fare tutto da soli “diy”, si dice, e questo sicuramente non aiuta. Ma la soddisfazione di aver tirato su un evento come Questa E’ Roma Fest capace di aggregare così tanta gente rende il tutto più dolce, eheheh…

SD: A questo punto ci fa piacere sapere qualcosa in più del prossimo imminente appuntamento, l’evento Questa E’ Roma Fest 2024.
NML: 12/13 gennaio, questa volta proviamo a farlo in due giornate. Abbiamo coinvolto tutti quelli che potevamo a partire dai Derozer, sicuramente i più mainstream (e non è un insulto) del lotto, passando per la reunion dei Face Your Enemy, una vera chicca, i veterani Tear Me Down, Klasse Kriminale, dall’Inghilterra gli Antisect per arrivare poi a realtà consolidate come Dalton, Doomraiser, The 80′s, Raw (al loro addio alle scene), fino a giovani come gli Ostile. Insomma, abbiamo mischiato le carte in tavola e come sempre speriamo che tutto abbia avuto un senso… ci vediamo sotto al palco.

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SD: La musica o le band che hanno influenzato i No More Lies nel comporre ‘Il Cuore Della Bestia’.
NML: Eeeh, il solito guazzabuglio di influenze: si va dai Nabat, ai Nerorgasmo, ai Wisdom In Chains, Agnostic Front, Bloody Riot, Payback, Woptime. Melodia, cattiveria, cori e simpatia…

SD: I tuoi tre dischi e due libri che continui ad ascoltare/leggere (o trarne ancora spunto) dall’adolescenza…
NML: L’adolescenza è lontanissima però:
Musica: Agnostic Front, ovviamente i primi. Ramones tutto, è la band che ho visto di più live, ben 7 volte… la dice lunga, veh? Minor Threat, Misfits, Nabat, Bloody Riot, sì, lo so, nessuna sorpresa, mi rendo conto…
Libri: ‘Storie Di Ordinaria Follia’ lo adoro, ho tutto di Bukowski, adoro il suo modo di essere cinico. Poi leggo anche Welsh, King, Lansdale, Winslow. Lo so, non sono adolescenziali, ma per una volta che mi hanno chiesto di libri mi sono esaltato! Scusa se sono andato fuori tema.

SD: Intervistare una band significa mettere in chiaro molte cose che la riguardano e come la pensano, ma talvolta le domande sembrano essere sempre le stesse. Fare quello che stiamo facendo è inutile, è anche questo superato? Come ti rapporti invece con i social media.
NML: Credo che le interviste diano modo di conoscere il mondo che gravita dietro le quinte di una band e sono utilissime, ovvio, dipende dalle domande, come per tutte le situazioni. I social mettono ansia, onestamente, perché hanno le loro regole ed in più, spesso, rappresentano una realtà patinata, quindi artefatta ed è sinceramente pesante stare dietro a tutto che tra l’altro scorre via veloce, troppo veloce. Se una critica si può fare al mondo dei social è quella di fagocitare tutto alla velocità della luce, farsi spazio è veramente difficile. E poi spesso rende tutto troppo facile, cosa che in realtà non è, tende a evidenziare chi ce la fa senza sottolineare che non è semplicissimo, anzi, richiede uno sforzo importante. Ma questi sono i tempi e va bene così…

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SD: Intervista finita. Se vuoi, spazio per messaggi e ringraziamenti o anticipazioni sui No More Lies.
NML: Ma grazie a te per averci dedicato del tempo e a chi avrà la pazienza di leggere, ma soprattutto continuate così, c’è bisogno di lasciare tracce ognuno a suo modo. Per il resto ci trovate in giro, sopra o sotto i palchi sempre disponibili per quattro chiacchiere e una birra. Ciao a tutti!

(Txt & Pics Giuseppe Picciotto x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

REVOLUTION CALLING FESTIVAL @ KLOKGEBOUW (EINDHOVEN) – RECAP

December 28, 2023 |

Man mano che veniva svelato il bill si capiva benissimo che l’occasione di seguire il Revolution Caling Fest (29 band invitate) di Eindhoven era cosa troppo ghiotta.

Andare a vedere/fotografare in un’unica giornata band del calibro di 7 Seconds, Slapshot, Terror, Cock SParrer, No Turning Back, Wisdom In Chains e i leggendari Side By Side coadiuvati da un altro vasto stuolo di gruppi super agguerriti come Death Before Dishonor, Berthold City, Arkangel e Risk It!. Insomma , tanta roba! Il RCF si è rivelato vero e proprio punto nevralgico dove darsi appuntamento da tutta Europa per tutti gli amanti dell’Hardcore.

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La location: il Klokgebouw, perfetta la location, era suddiviso in due palchi enormi per le band più blasonate (Revolution stage e Stronger stage) e un terzo palco, denominato “Warzone”, dove si sono esibite le restanti band, dalle più giovani a veri e propri culti (Arkangel e Berthold City in primis), sin dalle 12,30 AM e ininterrottamente fino a notte fonda, in più mega stand di merchandising di tutte le band sparsi per tutta la location e una zona food & drinks davvero ben organizzata a ridosso dei palchi, ma con la giusta distanza.

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Arkangel

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Arkangel

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Berthold-City

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Berthold-City

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Combust

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Combust

La musica: la resa acustica strepitosa del Klokgebouw ha innalzato per tutti l’asticella delle performance. I live sopra la media, a parere personale, sono stati: Death Before Dishonor (con grande partecipazione del pubblico), Risk it!, Pressure Pact, Wisdom In Chains (coinvolgenti sin dalla prima song, tutti a cantare fino alla fine creando una vera e propria bolgia sotto il palco), 7 Seconds (idem come i WIC, in più però gli anthems che hanno fatto la storia dell’Hardcore! Altro da aggiungere?), No Turning Back (i padroni di casa sempre più coinvolgenti e sempre più seguiti, super live), Slapshot e i Side By Side (ovviamente c’era molta attesa per questa band che non era mai stata in Europa e che si era sciolta 35 anni fa!

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Cock Sparrer

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Kill Your Idols

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Risk It!

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Risk It!

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Wisdom In Chains

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Wisdom In Chains

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Slapshot

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Slapshot

Beh è stato fantastico vederli in azione e poter cantare a squarciagola sul palco con loro ‘Backfire’ e ‘Side By Side’, lo stage diving, folle e incontrollato, ha suggellato in modo epico la leggenda. Il pubblico: sin dalle prime band si è “scaldato” ballando in tutte le forme di 2-step e quando si è raggiunto l’affluenza massina (l’evento era sold out) si è passati ad un furibondo e selvaggio stage diving in tutte le sue forme e acrobazie. E’ stato un gran vedere.

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Pressure Pact

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Side By Side

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Side By Side

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Side By Side

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Side By Side

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Terror

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Terror

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Terror

Già annunciati le prime band della nuova edizione del RCF del 2024: Unbroken, CIV, The Exploited e All For Nothing. Ci si vede un altr’anno ad Eindhoven!

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7 Seconds

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7 Seconds

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7 Seconds

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Death Before Dishonor

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Death Before Dishonor

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Death Before Dishonor

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No Turning Back

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No Turning Back

(Txt & Pics Giuseppe Picciotto x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

Francesco Goats interview

December 23, 2023 |

Esce grazie a Spectrum ‘Punxerox’ di Francesco Goats, se fossi Blow Up dovrei dire qualcosa tipo: “agitatore culturale” del nuovo millennio milanese.

Io, che sono un ingegnere, mi limito a riportare alcuni fatti, alcuni nomi: Sentiero Futuro Autoproduzioni / Kobra (non quelli degli anni ‘80) / Zona Luce / Spirito Di Lupo… ottima occasione per scambiare due parole sul libro… e non solo.

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SD: quando nasce il progetto… e quanto dura?
FG: Il progetto nasce nel 2022 quando Edoardo di Spectrum mi contatta inizialmente per una collaborazione per il loro sito, poi conoscendoci la cosa si è evoluta e mi è stato proposto di fare un libro. Io sono pieno di file di testo sul computer con liste varie, ad esempio “libri che voglio leggere”, “nomi per band”,  “nomi per gatti”, “trame per film” ecc. Così ho aperto il file con “idee per libro” e ‘Punxerox’ mi è sembrata la migliore per questa occasione.

SD: avevi le idee chiare da subito? O è stato un processo… che mano a mano si è arricchito?
FG: Fin da subito volevo molto limitare il campo, non volevo un libro con un’idea che avrebbe necessitato 20 volumi per essere esaustiva. Quindi l’idea era precisa fin dall’inizio: artisti della scena punk attuale che fanno grafiche utilizzando le fotocopie, che è quello che faccio anche io. Durante il processo ho scoperto un po’ di artisti che non conoscevo che si sono aggiunti alla line up iniziale.

SD: Trovo SUPER importanti le premesse di Spazio e di Vallicelli. Tua idea? O sono saliti loro “sul carro”?
FG: E’ stata una mia idea. Conoscevo Giulia perché ho collaborato con lei soprattutto nella fase iniziale del suo archivio Compulsive (ho anche passato una summer in solitary archive, di cui parla nel suo testo, a scannerizzare fanzine) e ho pensato che un suo intervento potesse essere perfetto. Non conoscevo personalmente Giacomo ma avevo il suo libro ‘Virus’ (una raccolta di tutti i materiali grafici, volantini, flyer ecc. del centro sociale punk di Milano Virus) e ho pensato di provare a coinvolgerlo. Entrambi si sono presi bene e i loro interventi sono bellissimi.

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SD: Invece, a proposito di “colore” (nel senso di diversità), mi piace molto il fatto che escano dalle pagine del libro ispirazioni “freak” (tu sei un maestro in questo) piuttosto che super metal (molti, penso a Cuero per esempio)… cose che per quelli della mia erano abbastanza tabù. Anche qui… commenti?
FG: Ho sempre trovato un po’ limitante un certo manierismo nella musica punk. Nel senso, va bene che ti piace un certo tipo di punk però se fai un disco dove i suoni, i testi, la copertina sono uguali a un disco degli anni ‘80 forse faccio prima ad ascoltarmi un disco degli anni ‘80. Ho sempre trovato più interessanti quei gruppi che pur magari muovendosi all’interno di riferimenti musicali/estetici circoscritti poi ci mettevano dentro qualcosa di personale. Io credo di vivere la creatività in maniera molto individualista, faccio quello che faccio perché mi piace farlo e ci metto dentro quello che mi interessa. Non sto troppo a pensare a cosa è punk o cose del genere. Se adesso sono in fissa con certo tipo di freakkettonate il disco parlerà di questo e non riesco a immaginare perché dovrebbe interessarmi se a qualcuno (chi poi?) questa cosa possa non piacere. È come quando fai un lavoro su commissione per qualcuno, devi fare qualcosa che piaccia a chi ti sta pagando, quando invece fai qualcosa per te è come se tu fossi il committente quindi sei tu che devi essere contento. Parlando di freakkettonate mi vengono in mente gli shivaiti che dicono una cosa simile: per diventare shivaiti ci sono due modi… il primo, facile, che comporta seguire tutti i lunghi rituali, le meditazioni, le pratiche spirituali ecc… e poi quello difficile ma veloce che richiede la distruzione dell’orgoglio, ovvero devi riuscire a fregartene di quello che gli altri pensano di te. Penso che entrare in contatto con la parte profonda di te (“sii te stesso fino in fondo” dicevano i Wretched, no?) e dare ascolto solo a quella, invece che seguire dogmi e tabù di un gruppo di riferimento come stati, religioni, gruppi politici, scene ecc. mi sembra una cosa molto più punk. Che poi è la cosa bella di quando il processo creativo è slegato dal lavoro. Non devo creare un prodotto vendibile per dare da mangiare a mio figlio ma posso fare quello che voglio. In generale invece credo che i confini che delimitavano le sottoculture col tempo si siano sempre più assottigliati, è molto più normale ad esempio ora ascoltare musica estrema e allo stesso tempo cose più commerciali e pop. Mentre quando ero ragazzino era quasi impensabile. Le controculture ti davano un’identità e ti permettevano di scoprire mondi incredibili però a volte finivano per diventare delle gabbie, appunto come dici tu si creavano dei tabù invalicabili. Io penso che le sottoculture e quel modo di crearsi un’identità (io sono un punk, io sono un bboy, io sono un metallaro ecc.) stiano per morire definitivamente perché il mondo con internet è cambiato radicalmente e le identità sono più fluide.

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SD: La Xerox (nonostante il costo, ma è anche vero che io fotocopiavo clandestinamente in facoltà prima… al lavoro dopo), è molto “hardcore”. Molto DRI. Uno pensa che con canzoni di 30 secondi non ci possa essere varietà. Uno pensa che una fotocopia sia una fotocopia… ed invece qui escono tutte le sfumature/le idee etc etc… volevo sapere se hai fatto una selezione: ci sono degli “scarti”? Oppure ci sarà un volume 2?
FG: Non ci sono scarti, ci sono artisti che per un motivo o per l’altro non hanno potuto partecipato e artisti che ho scoperto troppo tardi. Usiamo la fotocopia perché siamo cresciuti in fissa con un certo tipo di punk dove l’estetica era fatta di immagini fotocopiate e sgranate. Mentre prima dell’arrivo del digitale la fotocopia era una necessità, ora è una precisa scelta stilistica e come dici tu è interessante vedere come ognuno la utilizza a suo modo. Nel libro la varietà di stili e di sperimentazioni è molto ampia. Realizzando il libro mi sono innamorato del formato libro e mi sono venute parecchie idee che non ho potuto concretizzare quindi spero in un volume 2, 3, 4… mi piacerebbe anche realizzare monografie su singoli artisti o su scene locali, insomma le idee non mancano.

SD: A qualcuno NON piace il discorso “lo fi” del tutto… (pensa anche alla musica). Che dici?? Io penso che sia “bello” lasciare spazio all’ascoltatore o al lettore… in altre parole dargli una cosa perfetta lascia poco spazio al “dialogo” che secondo me dovrebbe esserci tra artista e fruitore…
FG: Nella fotocopia, come in certi suoni lofi o nell’estetica vhs c’è una sorta di atmosfera “tragica” che il digitale, per ora, non è ancora riuscito a replicare. Molti dischi hardcore degli anni ‘80 erano registrati a caso ed erano super lofi e questo li rende magici. Tra i mille esempi penso ai Blue Vomit, un gruppo che ha scritte alcune delle mie canzoni preferite di sempre. Avevano delle registrazioni sgangheratissime ma che davano un’atmosfera perfetta. Quelle stesse canzoni riregistrate “bene” negli anni ‘00 sono terribili. In alcuni casi il lofi è proprio un elemento fondamentale di un’espressione artistica, sarebbe come togliere la chitarra elettrica a un gruppo rock e sostituirla con una acustica, la canzone rimane la stessa però cambia tutto. Io non so bene perché ma sono sempre stato un grande fan del lofi, vorrei che tutta la musica suonasse come un demo black metal, soprattutto quella pop.

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SD: A qualcuno non piace il discorso logo (Vans in questo caso)… e quel qualcuno ci ha scritto pure un libro, che per molti della mia generazione è stato IL VANGELO… sono cambiati i tempi? È la società che è cambiata? Che dici?
FG: ‘No Logo’ dici? Lo dovrei rileggere. Vans nello specifico ci ha solo dato le maglie che poi sono state serigrafate da Serimal. Comunque da questo punto di vista già far uscire un libro del genere per Spectrum, che è un negozio che fondamentalmente vende le Nike, direi che è problematico. Non ho la risposta, a me si è palesata questa possibilità e l’ho colta senza pensarci troppo. Io poi non ho un vero lavoro e sfortunatamente non sono (ancora) ricco quindi tutto fa brodo. Sicuramente c’è un interesse da parte della “moda” per le sottoculture, che a volte tende a trasformare una realtà underground in un prodotto da vendere o nell’ennesimo contenuto usa e getta. D’altra parte chi va ai concerti punk non va nei posti della moda e viceversa. Forse l’incursione nella moda può essere vista come un modo per monetizzare e poi ritorni nella comfort zone con gente che capisce quello che fai, tanto i due mondi non si guardano proprio. O meglio, la moda guarda le sottoculture come qualcosa di cui appropriarsi e la gente alla moda va al concerto punk quando è nel contesto moda ma la cosa finisce lì, nessuna persona moda va al concerto punk nel posto punk e i punk non vanno al concerto punk nel posto moda. Io ho comunque l’impressione che stiamo parlando di fenomeni, le sottoculture,  che sono un po’ degli zombie, e che questo interesse sia per colmare il vuoto del presente ma sento anche che sta per arrivare qualcosa di totalmente nuovo e sono più propenso a guardare in quella direzione piuttosto che nel passato.

SD: FANTASTICO!

Txt by Francesco Mazza x Salad Days Mag – All Rights Reserved

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Napoli Violenta + Caged + Bunker 66 @ Palestra LUPo, Catania – recap

November 2, 2023 |

Cosa c’entrano una band heavy metal, una H.C. straight edge e una band grindcore? C’entrano, eccome, se si trovano a dividere il palco in una serata all’insegna del divertimento più sfrenato.

E infatti questo è accaduto! La serata organizzata dalla crew di Catania Hardcore, nell’ormai storica location di palestra Lupo, ha visto esibirsi per primi i siciliani Bunker 66 alle prese con il loro ‘Evil (death/thrash) Metal’, un live maiuscolo fin dalle prime battute grazie anche ad una resa acustica eccellente e a un pubblico super partecipativo che, con fare furioso/divertito, ha letteralmente fatto esplodere la venue etnea. Anthem su anthem (tratte dal loro folto catalogo musicale), riffs su riffs, cori su cori, velocità macabre e urla belluine. I Bunker 66, in quaranta minuti, hanno spazzato ogni dubbio (ma non ne avevamo!) su chi sia la migliore band metal italiana oggi!

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A seguire i bolognesi Caged, hardcore vegan straight edge dritto e massiccio come le loro idee. Politicizzati al punto giusto, e nel posto giusto, hanno tirato fuori tra salti, stage diving e up to stars un set formidabile trapelato dal palese entusiasmo dei presenti che hanno chiesto più volte ai Caged di continuare a suonare, malgrado avessero finito il loro tempo a disposizione. Bellissima sorpresa!

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Infine i napoletani Napoli Violenta che con il loro grindcore a marchio poliziottesco non hanno lasciato scampo. Come in un rito voodoo il pubblico è stato ipnotizzato da O Smilz che nei momenti topici ha cantato a squarciagola ‘Jesuscrust Superscum’ e ‘I Figli… So’ Piezz’ ‘e Grindcore’ come se fossero canzoni da stadio. Divertimento totale fino all’ultima nota distorta. Chiudo evidenziando una interessante constatazione che ho notato nelle ultime serate organizzate alla palestra Lupo: un bel cambio generazionale, infatti, dove prima aleggiava il solito dire “siamo le solite facce” ora si è passato a dire “non conosco nessuna di queste facce”, un piacevolissimo innesto di una fascia d’età compresa tra i diciotto e i venticinque anni, Ottimo.

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(Txt & Pics Giuseppe Picciotto x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

STRIKE ANYWHERE @ LEGEND CLUB, MILANO – RECAP

October 13, 2023 |

“E’ dal 2008 che non suoniamo in Italia” mi dice Thomas, cantante degli Strike Anywhere…

…dopo avermi firmato la mia copia del loro classico del 2003, ‘Exit English’, e il loro lavoro più recente, l’ottimo ‘Nightmares Of The West’, uscito nel 2020 per Pure Noise Records. Ne è passato di tempo. 13 anni.

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In effetti, da quando ho messo piede fuori dalla macchina l’atmosfera di attesa al Legend Club era palpabile. Fan da tutta Italia arrivati per vedere la band ricordavano i concerti dei primi anni 2000, i più memorabili fra tutti, quelli ai due Deconstruction Tour (2004 e 2005). Forse perché sono stati quelli dove molti li hanno scoperti. Tra il pubblico c’è anche tanta curiosità su che tipo di scaletta faranno. Anche perché qualche giorno prima della data milanese, girava voce che questa data forse non si sarebbe fatta a causa dell’infortunio al polso destro di Eric, il batterista storico della band. Fortunatamente, la sera prima mi giunge voce dall’amico Simo Rancid che è stato trovato un sostituto, niente meno che Alex Gavazzi dei Thousand Oaks. Conoscendone la bravura dai tempi dei Jet Market sono certo che il concerto sarà qualcosa di speciale.

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Messi via i dischi autografati entriamo nel locale giusto in tempo per vedere aprire le danze gli Stanis, trio hardcore melodico di Bologna, che spicca per i suoi pezzi dai ritmi ultra-serrati e gli stacchi sempre super tight. Il loro up-tempo, le melodie orecchiabili e i bellissimi arrangiamenti che ciascun membro della band mette in mostra nel corso del loro set sono un perfetto mix per scaldare i motori prima degli Strike Anywhere. Finito l’ottimo set degli Stanis, arriviamo al momento che tutti stanno aspettando.

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Dopo un cambio palco durato qualche minuto in più del previsto, i ragazzi di Richmond salgono sullo stage e partono a tutta velocità come se tutti questi anni non fossero mai passati. La band infatti apre con ‘Refusal’ ed è subito Deconstruction Tour 2005, un pogo vivo ed energico che canta assieme a Thomas che fa da arringatore della folla dando il microfono al pit per tutti i momenti di singalong sempre presenti nei loro pezzi. Il livello di energia non scende passando poi alla loro hit, ‘I’m Your Opposite Number’, pezzone tratto dall’ultimo full length, ‘Iron Front’, e subito dopo alla bombetta old school, ‘Chorus Of One’, che prende tutti di sorpresa facendo esplodere la folla sull’onda delle parole “To live in discontent! Anti-establishment!”.

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Il set prosegue senza mai lasciare un attimo di respiro, merito anche di Alex Gavazzi che supera ogni aspettativa e di Brian Forst, seconda chitarra che si è unito alla band per questo tour, arrivato preparatissimo e preso benissimo su ogni singola nota e coro fatto durante il concerto. Matt, chitarrista solista, e Garth, bassista, saltano su ogni stacco come fanno da più di 20 anni tenendo sempre alta l’attenzione e la presa bene di tutti nel pogo. È chiaro che la band è molto fiera dell’ultimo EP, ‘Nightmares Of The West, e ne suona ben 4 pezzi su 7. Ma, a differenza di quando di solito una band con una carriera ultraventennale alle spalle suona materiale nuovo, si capisce subito che il pubblico è ben felice di sentire le novità. Infatti, ci sono momenti di altissimo coinvolgimento su ‘Imperium Of Waste’ (forse mio pezzo preferito del disco) e ‘Bells’.

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Il set a livello di scelta di pezzi è perfetto, essendo un bel mix della loro discografia. Forse avrebbero potuto fare qualche pezzo in più da ‘Dead Fm’, il loro unico disco uscito per Fat Wreck Chords. I due pezzi, ‘Sedition’ e ‘Allies’, sono stati tra i momenti più carichi di emozioni ed energia da parte di tutti in sala. Molti si aspettavano però il grande anthem di quel disco, ‘Instinct’, che invece mancava dalla scaletta. Ma andandomi a fare un giro su Setlist FM ho notato che non viene suonata da un po’. Molta importanza è stata data, giustamente, ai pezzi della loro era Jade Tree, infatti il set si chiude con la tripletta ‘Sunset On 32nd Street/We Amplify/Blaze’ e qui è difficile trattenere le emozioni.

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L’intero Legend si unisce agli “I’m Not Resisting You” dell’inno contro i soprusi della polizia americana e ai classici “Human Pollution!” di ‘We Amplify’. Dopo ‘Blaze’ la band si ritira brevemente per poi regalarci l’altra hit di ‘Exit English’, ‘Infrared’, e la closer di ‘Change Is A Sound’, ‘My Design’, che a ‘sto giro fa da closer della serata.

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Concerto finito, dopo che Brian e Matt mi donano gentilmente i loro bellissimi plettri, mi dirigo verso il merch. Il banchetto degli Strike Anywhere ha solo due maglie in esposizione una long sleeve e una maglia rossa a maniche corte con le date del tour. Ovviamente, per ricordo, scelgo la seconda e prendo, su consiglio di Gippi dei Leisfa, il cd degli Inquisition, gruppo di Thomas pre Strike Anywhere. Un classico della scena di Richmond. A fine serata c’è un’atmosfera magica, il pubblico è felicissimo di quello che ha appena testimoniato e la band è altrettanto felice ma anche, a detta loro, un bel po’ sorpresa di quanto sia andata bene. Dopo qualche chiacchiera con Matt che mi dice che spera non passi così tanto tempo tra questa e la loro prossima data in Italia e un sentito ringraziamento a Thomas, saluto qualche amico e mi dirigo verso casa.

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Ovviamente avrei voluto vedermi ‘When The Lights Go Out’, canzone con cui hanno aperto il loro set al Deconstruction 2005, e ‘Extinguish’, la mia canzone preferita di ‘Exit English’, però con una discografia così ricca di pezzi di altissimo livello non ci si può lamentare. Si può solo sperare che continuino a fare nuova musica e che tornino presto in tour. Viva gli Strike Anywhere. Grazie a Hub Music Factory per avere organizzato e a KINDA per l’invito a recensire lo show.

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(Testo: Persimmon Collective; Pics Rigablood x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

To The Max! ‘Me Against The World’ guarda il video in esclusiva

September 15, 2023 |

Se avete un debole per i power trio, siete nel posto giusto. Se poi un incredibile ibrido tra rock’n'roll, punk e spruzzate di doom vi incuriosisce, allora avete trovato pane per i vostri denti.

To The Max!, giovane band veneta nata nel pieno della pandemia ha pensato bene di contrastare le “bad vibes” di quel periodo buio a suon di ritmiche martellanti, riff, assoli e tonnellate di decibel. Gli ingredienti sono promettenti e il full length di debutto della band si annuncia nel migliore dei modi, con un singolo incendiario. Tra i prodotti di questa fucina infernale infatti troviamo il nuovissimo singolo ‘Me Against The World’, un brano intenso e sparato a mille che in tre minuti e quaranta secondi promette di non fare prigionieri e invita l’ascoltatore ad abbandonarsi ad un inevitabile head-banging. Il singolo, accompagnato da un video a cura di Francesco Corso viene così commentato dalla band:

“Sicuramente si tratta di uno dei brani più rappresentativi della band, dove si possono sentire molte delle nostre influenze, sia nella musica che nelle parole. Nel testo infatti i più attenti potranno scovare citazioni alle band che più ci hanno ispirato nello scrivere musica. La canzone è nata in un momento di rabbia e frustrazione durante il quale sentivamo la necessità di gridare contro il mondo e ciò che ne è nato è questo inno alla musica”

Il singolo è disponibile, oltre che su Youtube come videoclip, su tutte le piattaforme digitali. La band festeggerà l’uscita del singolo con un’apparizione live al Cimix Festival di Verona, proprio Venerdì 15 Settembre: sarà l’occasione per ascoltare ‘Me Against The World’ dal vivo.

CYPRESS HILL @ AMA FEST, ROMANO D’EZZELINO (VI) – PHOTORECAP

August 26, 2023 |

CYPRESS HILL @ AMA FEST, ROMANO D’EZZELINO (VI) – PHOTORECAP

Pictures by Martino Campesato x Salad Days Mag – All Rights Reserved.

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COLLE DER FOMENTO @ AMA FEST, ROMANO D’EZZELINO (VI) – PHOTORECAP

August 26, 2023 |

COLLE DER FOMENTO @ AMA FEST, ROMANO D’EZZELINO (VI) – PHOTORECAP

Pictures by Martino Campesato x Salad Days Mag – All Rights Reserved.

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PUNK ROCK HOLIDAY 2.3 @ TOLMIN, SLOVENIA – RECAP

August 21, 2023 |

Il Punk Rock Holiday è uno di quei festival estivi che ha saputo costruirsi lo status di culto in anni, merito anche di un senso di comunità che lo porta ogni anno ad essere sold out ancora prima che ci sia una line up fuori.

Ma anche della location, il piccolo paesino di Tolmin in Slovenia, con concerti e campeggi immersi nel bosco che dà sul fiume Soča (il nostro Isonzo), circondati da colline e montagne, un aspetto che colpisce positivamente anche tutti i gruppi che ci suonano. Un festival pure baciato dalla fortuna, perlomeno quest anno, visto che è stato uno dei pochi a salvarsi dalle alluvioni che hanno purtroppo colpito la Slovenia, segno che il Punk Rock Holiday s’ha da fare e manco il maltempo può fermarlo. Per il sottoscritto sono stati 6 giorni di presenza, 5 di musica e notti semi insonni a causa di tedeschi urlanti in campeggio. Ma andiamo con ordine.

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WARM UP SHOW

Il giorno 0, la giornata non ufficiale, ovvero il concerto per chi è già li che campeggia o arriva prima. Aprono la giornata i tedeschi Heathcliff a cui spetta il compito di aprire le danze. Il loro skatepunk fortemente debitore di quello anni 90 con spruzzate metal piace e fa muovere i già numerosi presenti assetati di concerti. Seguono i polacchi CF98, non dei novellini del festival, freschi di album su Sbam!. Voce femminile e punk rock melodico, non si può sbagliare, promossi pure loro. Dopo di loro è il momento di un altro gruppo “storico” del PRH, ovvero i tedeschi Straightline. Il loro ibrido di skatepunk e crossover thrash alza l’asticella con accelerazioni e melodie assassine, sempre un piacere rivederli dal vivo. Seguono i Booze & Glory con il loro street punk dalle venature oi! che coinvolgono appieno un pubblico che si sta già scaldando alla grande. Gli Authority Zero invece rubano definitivamente lo scettro agli Anti Flag di gruppo che ha suonato più volte al festival, sono praticamente il gruppo di casa. E c’è un motivo per cui vengono chiamati in continuazione: sono un gruppo che da tutto sul palco e lo sa tenere a meraviglia. Metteteci anche il fatto che il loro punk rock melodico è di pregevolissima fattura e avrete la chiusura del cerchio. Arriva anche il turno dei veterani Dog Eat Dog, chiamati in fretta e furia a sostituire i H2O che hanno dovuto cancellare il tour per problemi di salute di Rusty Pistachio. Gli americani incarnano e rappresentano lo spirito di certa musica degli anni 90, cosa che trasuda nei loro classiconi che fanno saltare tutti i presenti. Forse un po’ meno decisi sui pezzi nuovi, ma tutto sommato una buona esibizione. A chiudere la serata un altro pezzo da novanta, ovvero gli svedesi Satanic Surfers. Da quando Rodrigo è tornato fisso dietro le pelli i concerti del gruppo sono diventati una goduria, con il quartetto che pesca a piene mani dalla loro discografia, dall’ultimo ‘Back From Hell’ fino agli esordi di ‘Skate To Hell’. Magari qualche classico in più sarebbe stato gradito, ma chi sono io per lamentarmi? In fondo rimangono uno dei miei gruppi preferiti e mi godo ogni loro concerto che posso permettermi. Si chiude così la prima sera, non prima di cadere sotto le urla belluine dei tedeschi in campeggio e della loro techno teutonica. Domani sarà un giorno migliore.

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DAY 1

Il primo giorno ufficiale del PRH segna anche l’esordio dei concerti in Beach Stage. Un esordio malinconico visto il divieto di balneazione nel fiume dovuto a fanghiglia e forti correnti, che ha privato di qualche giorno il colore di bagnanti e gonfiabili vari. Ammetto di aver snobbato un po’ il beach stage quest’anno, un po’ per impegni in zona press e un po’ per mancanza di dono dell’ubiquità, quindi mi scuso con tutti quei gruppi che avrebbero meritato un po’ di esposizione. Non del tutto una tragedia perché se andate sulla pagina ufficiale del PRH troverete i video delle dirette di ogni esibizione di ogni gruppo. Non male eh? Degne di nota le esibizioni dei tedeschi Melonball (nome scelto in onore del drink ufficiale del festival), skate punk con voce femminile, le quattro sorelle inglesi delle Maid Of Ace con il loro punk rock grintoso e ruvido, e i Urethane dello skater Steve Caballero, con il loro OC punk di chiara matrice californiana. Salendo in zona main stage iniziano anche i set acustici presso lo stand della American Socks. Mike Rivkees dei The Rumjacks prima e soprattutto Nad Savarino dei Wasei ci deliziano con due ottimi piccoli set. Non male considerando che Nad ha avuto il compito improvviso di riempire lo slot lasciato vacante dal ritardo dei The Slackers. Un po’ di orgoglio nostrano non guasta mai. Ad aprire le danze sul main stage ci sono i Buster Shuffle. Il quartetto londinese aveva già suonato qualche anno fa al festival, ma per la prima volta mi hanno fatto drizzare le orecchie. Ska 2Tone rinfrescato e suonato in maniera energica, con quel forte accento inglese che mi manda sempre fuori di testa. The Rumjacks li ho saltati per rifocillarmi in tranquillità, ma avendoli visti in chiave acustica mi sento meno in colpa hahahah. Altro gruppo che attendevo con trepidazione sono i newyorkesi The Slackers, gruppo ingiustamente forzato nella terza ondata ska degli anni 90 ma che ha saputo costruirsi un proprio sound e fama grazie anche alle uscite su Hellcat Records. La loro miscela di ska/rocksteady/reggae/blues non sarà propriamente da festa e perfino moscia per alcuni, ma cavolo se lo fanno bene e con quella voce Vic Ruggiero può far quel che vuole. Si capisce che mi sono piaciuti? Seguono gli Agnostic Front con un’esibizione energica senza infamia e senza lode, almeno stavolta si sente la voce di Roger e sanno come tenere bene il palco. Troppe smetallarate per i miei gusti, ma mi accontento della foto fatta assieme a zio Stigma qualche ora prima. A chiudere la serata ci pensano i Dropkick Murphys, combo celtic punk di Boston. Un gruppo che ho smesso di ascoltare da anni ma che non ho mai avuto occasione di vedere dal vivo, quindi la situazione è ghiotta. A differenza di tutti i presenti che hanno ballato e pagato per tutto il set, la mia avversità verso il celtic punk e la mancanza di Al Barr alla voce hanno fatto si che me li godessi poco, se pur riconoscendo la grandezza del gruppo e la loro enorme presenza scenica. Le forze sono anche allo stremo, quindi per questa sera i tedeschi in campeggio non mi avranno.

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DAY 2

Quarto giorno a Tolmino, terzo per quel che riguarda i concerti. Pian piano il corpo inizia ad adeguarsi alla vita da camping tra colazioni in città, chiacchierate con gli amici e un altro giorno pieno di gruppi in vista. Da segnalare sul Beach Stage i You Nervous? dal Belgio con il loro skatepunk melodico, stesso genere degli svedesi Rebuke per chiudere con il punk rock melodico dei veterani Antillectual dall’Olanda, freschissimi di nuovo album. Ad aprire le danze sul main stage ci pensano i californiani Scowl, uno dei gruppi più freschi e chiacchierati del momento. Una delle esibizioni che attendevo di più, visto che l’anno scorso ho avuto di vederli davanti ad una 70ina di persone al Vennster 99 a Vienna ed ero curioso di vedermeli all’opera su un palco grande. Un’attesa più che ripagata visto il set proposto dai quintetto: energico, graffiante, coinvolgente. Meritano tutto l’hype che ruota loro attorno e chi dice che sono solo un gruppo costruito per far successo non capisce proprio un cazzo. A seguire un altro gruppo che non vedevo l’ora di vedere, ovvero i Cigar dall’Oregon. Un gruppo che a fine anni 90 ha avuto un cult following con l’unico album fatto uscire su Theologian Records per poi scomparire e riaffiorare 20 e passa anni dopo con un disco su Fat Wreck Chords. Skate punk tiratissimo, melodico e tecnicissimo. Roba da rimanere a bocca aperta. Tempo di una tranquilla pausa cena per poi tornare sottopalco a seguire l’esibizione di Frank Turner assieme ai fidi The Sleeping Souls. Che dire? Un’esibizione da 10 lode per la scaletta proposta, l’energia, il carisma e la capacità di tenere il palco con la classe del veterano che è. Davvero un’esibizione favolosa e lui persona davvero simpatica e umile, tenete d’occhio questo sito che presto trascriverò l’intervista che ho fatto con lui. Il compito di chiudere la serata spetta ai Me First And The Gimme Gimmes e si sa che quando suonano loro il bordello è assicurato. Con il solo Spike Slawson della formazione originale, spiccano come turnisti John Reis (Rocket From The Crypt, Drive Like Jehu, Hot Snakes) e CJ Ramone. Il loro set è una festa dall’inizio alla fine, cover dopo cover a coinvolgere tutto il pubblico. Essendo la mia prima volta con loro mi sarei aspettato altre cover e tolto altre, ma chi sono io per lamentarmi? La serata poi si conclude tra il dj set punk rock al Hangar e quello più vario alla sala Tropicana, per poi muoversi lentamente verso il campeggio per tentare di dormire.

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DAY 3

Terzo giorno ufficiale, il corpo regge bene, la mente entra in una leggera disconnessione spazio temporale. C’è tempo per riposare e ripigliarsi. Sulla carta il giovedì è probabilmente la giornata più skatepunk delle quattro e nonostante la fatica inizi a farsi sentire, ci sono forze abbastanza da andare giù al Beach Stage per una nuova carrellata di gruppi, tra cui spiccano gli skatepunkers Teresa Banks, stanziati in Finlandia ma che annoverano un italiano e uno spagnolo nel gruppo, The Venomous Pinks da Phoenix Arizona con il loro punk ibrido di TSOL/ Joan Jett/ Bikini Kill e a chiudere i californiani Versus The World, orfani del chitarrista Chris Flippin (Lagwagon) fermato qualche giorno prima a Stoccarda da un piccolo infarto e tenuto a riposo e sotto ossevazione. Un augurio di pronta guarigione a chi ha dato tanto alla comunità skatepunk. Il main stage oggi è una rassegna di vecchie di gruppi gloriosi. I primi a salire sul palco sono i Diesel Boy e per il sottoscritto è un tuffo al cuore visto che mai mi sarei aspettato di vederli in vita mia essendomeli persi nella loro golden era. Invece sono tornati con un nuovo album e in scaletta propongono anche i pezzi nuovi, ma sono le vecchie hit a scatenare i presenti sottopalco. Groppo in gola e via, chapeau. A seguire il gruppo che forse meno ti aspetteresti ad un festival simile, ovvero i Scream da Washington DC. Si proprio quei Scream ricordati più per la militanza di Dave Grohl nelle loro fila più che per gli album bellissimi usciti su Dischord. Certo non avranno la freschezza e la velocità degli anni migliori ma riescono comunque a coinvolgere un pubblico che non li ha propriamente nelle loro corde. E qui si vede la grandezza di una band. Dopo di loro è il turno delle Bad Cop Bad Cop e cazzo che gran concerto che han fatto: le quattro suonano davvero bene, melodie al posto giusto, setlist perfetta, gran coinvolgimento del pubblico, insomma tutto quello che ti aspetti da un concerto della madonna. Chapeau. I Good Riddance sono stati quelli che mi hanno convinto di meno in tutta la giornata. Ineccepibili a livello strumentale, la voce di Russ Rankin era un po’ sottotono e mi ha fatto storcere il naso. Ma le giornate no capitano a tutti e mi sono fatto la mia buona scorta di concerti del quartetto negli anni che non mi son perso niente. Invece i Pennywise, che avevo visto sottotono le ultime volte in concerto, a mio modesto parere hanno fatto un set della madonna. Belli compatti, i pezzi suonati con potenza, pubblico in delirio. Qualche mini cover dei Nofx, Minor Threat suonata assieme agli Scream e l’immancabile Bro Hymn che per quanto ormai stucchevole riesce ancora a prendere il cuore alla gente causando una nuova epica invasione di palco e coro che va avanti anche quando il gruppo lascia il palco. Un’altra giornata se n’è andata, after party evitati come la peste, i tedeschi in campeggio sono ormai in una dimensione a parte.

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DAY 4

Ebbene si, siamo arrivati all’ultimo giorno. Fisico che sta per cedere, deprivazione del sonno, voglia di un letto vero. Non manca tanto, ci separa solo un’altra giornata di concerti. Ci si muove con calma, ci si riposa più del solito, poi una buonissima colazione giù in spiaggia in attesa dell’inizio dei concerti. Il beach stage regala pure oggi: i norvegesi Suicidal Ninja Monkeys con il loro punk rock che in certi punti ricorda certi Sum 41, i londinesi Jawless con il loro thrashcore e la cantante Teresa vera animale da palco, passando per i tedeschi Primetime Failure e il loro pop punk fino ad arrivare al gruppo che più aspettavo in questo festival, ovvero The Raging Nathans da Dayton, Ohio. E mi ritrovo così attaccato alle transenne a fare singalong sulle varie canzoni della scaletta, hit dopo hit e li ringrazio personalmente per aver fatto ‘The Lime Pit’ come canzone bis. Grandi musicisti e persone umilissime e alla mano. Voto 10 e lode. Ci spostiamo sul main stage dove aprono le danze gli sloveni Alo!Stari, punk rock anni 90 cantato nella loro lingua madre che non può far altro che trovare consensi nella rappresentanza slovena del festival. A seguire i leggendari Pigs Parlament, anche loro sloveni, ormai un’istituzione del PRH vista la loro presenza dal primo anno. La loro è una miscela energica di punk melodico, ska, hardcore e metal, super coinvolgenti e anche loro successo assicurato tra i presenti. Da loro amico non posso che esserne contento. Dopo di loro è il turno dei Jaya The Cat, uno dei gruppi più amati dal pubblico del PRH. Il loro ibrido di punk/ska/reggae/dancehall funziona alla grande e la gente risponde estasiata e a quanto pare la loro esibizione viene riconosciuta come la migliore di tutto il festival. Arriva il turno dei Pulley e per l’ennesima volta si ripropone il solito dilemma: come fanno ad essere così fighi su disco e a far live al limite della decenza? La voce di Scott è ormai andata e il resto della band cerca di salvare il salvabile, ma dopo qualche canzone cala l’attenzione e l’interesse. Meglio tenere le forze per l’ultimo gruppo della serata, ovvero gli inglesi Toy Dolls. Il trio capitanato da Olga fa un gran bel concerto, sono belli in forma, coinvolgono bene il pubblico, hanno buon tiro anche grazie a Duncan degli Snuff dietro le pelli che tiene il ritmo bello potente. La gente è presa davvero bene, a chi è venuto in giornata solo per vederseli scatta anche la lacrimuccia. Finiti i concerti c’è ancora l’ultimo passo da compiere, ovvero il rituale punk rock karaoke a opera dei Pigs Parlament dove mettono a disposizione una lista di canzoni che suoneranno e ognuno si iscrive per cantare la canzone che vuole. Quest’anno ho scelto ‘Dammit’ dei Blink-182, cantata a metà karaoke nella bolgia del hangar. Poi un’oretta su una sedia sdraio ad assaporarmi la tranquillità di chi sa che il festival è ufficialmente finito. Il corpo si rilassa, gli occhi osservano gli altri partecipanti ancora pieni di energie, la mente è divisa a metà tra l’idea di poter dormire su un letto il giorno seguente e quella di dover aspettare un anno per la prossima edizione. Non sarò più il ghepardo di una volta ma intanto un altro Punk Rock Holiday me lo sono messo in saccoccia. E va benissimo così.

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(Txt Michael Simeon and Pictures Francesco Dose)

Triple B Records European Takeover @ Legend Club, Milano (MI) – recap

August 5, 2023 |

Trivel Collective e Versus Music sono come Marvelous Hagler contro Mugabi: non ci danno tregua, ci massacrano (nel senso buono) organizzando eventi su eventi, concerti fighi su concerti fighi…
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THE BRONX – INTERVIEW

July 22, 2023 |

Il live dei The Bronx nel pomeriggio della seconda giornata di Slam Dunk Italy ha infuocato il pubblico più del caldo sole romagnolo di inizio giugno…

…siamo riusciti a scambiare due parole con Matt Caughthran sul passato, presente e futuro della band.

SD: Parlando della scena hardcore punk hai visto un’evoluzione da quando avete iniziato la band?
B: Penso che ovviamente ci sia una costante, ma ora son più vecchio e stan venendo fuori un sacco di nuove band con un’energia, penso che come si faccia musica e tutte quelle cose li sian cambiate ma fondamentalmente quando una band fa la cosa giusta l’energia e le idee son le stesse di sempre. Crea per te stesso ma sii anche parte di una community, di una scena, aiutare le persone, è tutto sull’energia del live e della musica e fare le cose “raw and real”.

SD: E voi che siete appunto in giro da ormai 20 anni, che evoluzione c’è stata nella band, e che momenti alti avete avuto?
B: Ce ne son stati tanti, la cosa bella di questa band è che i dischi son dei punti fermi nel tempo no? Il primo disco era bene o male le nostre vite fino a quel punto, e poi col secondo abbiamo avuto una etichetta major ed una produzione grossa, con ovviamente più ansia ma anche energia. Era un tempo interessante anche perchè credo ci fosse un picco per la band. Il terzo disco è stato registrato nel nostro studio, facendo la nostra cosa, quello che volevamo… ci son cosi tanti momenti nella carriera di una band e se devo essere sincero son fortunato che non ne abbiamo avuti molti di bassi. Capisci che intendo, abbiamo avuto per lo più momenti alti, o comunque siamo riusciti ad essere consistenti, perche ci facciamo il culo!

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SD: Ora in che punto siete, alto o basso?
B: Alto! Perchè è il nostro ventesimo anno! Un grosso risultato!

SD: Farete qualcosa di importante per celebrarlo?
B: Si un po’ di roba negli States e subito dopo anche qui, non siamo riusciti a girare in Europa sin da quando? Prima della pandemia? Si, son almeno tre anni e quindi è bello essere tornati, bello essere tornati in Italia sicuramente. Quando sei una band come i The Bronx e stai celebrando i tuoi 20 anni di attività di concerti, dischi, hai amici che ti spingono a creare assieme, è un legame per la vita che non tutte le persone comprendono.

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SD: Hai parlato di pandemia, avete avuto problemi con ‘VI’? È stato più difficile promuoverlo?
B: Ecco cos’è successo con ‘VI’: abbiamo registrato il disco prima della pandemia, nel 2019, e prevedevamo di farlo uscire ad Aprile o Maggio dell’anno dopo ma poi è successo il tutto e abbiamo deciso di tenerlo lì, mi sentivo da schifo perchè c’erano cosi tante bands che facevano uscire dischi, la pandemia è stata pazza per tutti vero? Nel frattempo arriviamo nel 2021 e decidiamo di farlo uscire, in un modo che era basato sulla release di una canzone per volta, mese dopo mese, per mantenere l’attenzione per tutto l’anno. È stato un gran lavoro, estenuante, ma è stato figo, abbiamo collaborato con un mucchio di persone diverse, idee diverse, canzoni diverse, ed è risultato essere un progetto molto bello ma ecco, è stato… tanto. Amo la band, il punk, l’hardcore, ci siam detti “dobbiamo trovare una soluzione creativa“ e l’abbiamo fatto succedere. Non ci lasciamo andare giù, nonostante la situazione specifica non era a nostro favore, ci rimettiamo in strada e continuiamo ad andare.

SD: E siam contenti anche che siete tornati qui in Italia, com’era il pubblico dello Slam Dunk prima?
B: Era fantastico! Abbiamo fatto probabilmente solo una manciata di show italiani finora, tipo siamo venuti coi Rise Against, coi Gogol Bordello, e non ricordo… (The Hives/ndr) non suoniamo abbastanza in Italia!

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SD: Son d’accordo! Considerate di passare più spesso!
B: Sai, i tour europei per le band americane stan tornando ora ed è tutto cosi costoso adesso! Ma ovviamente devi suonare la tua musica, siam contentissimi di essere qui adesso e speriamo di tornare di più.

SD: Secondo te perchè The Bronx e Monster Energy fanno un ottimo match?
B: I ragazzi di Monster Energy tentano sempre di essere parte della community. Arte, musica, action sports, qualsiasi cosa sia. E per noi, una company grossa come Monster che guarda una band come i The Bronx e dice “hey vogliamo che voi facciate parte di questo, vogliamo aiutarvi, sponsorizzarvi, permettervi di crescere di più” questo è molto figo perchè non ci son molte company laffuori che fanno lo stesso. Non ci son veramente. Quindi apprezziamo veramente questo interesse su un livello tangibile, ci aiutano veramente a poter andare in tour, suonare degli shows. È una relazione fantastica!

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SD: Hai anche un gusto preferito?
B: Si, quella bianca, la Ultra! Quella che bevo regolarmente, la migliore.

SD: Grazie per la chiacchierata, vuoi fare un saluto ai fans italiani?
B: Ciao Italia, è un onore essere qui, I The Bronx vi vogliono bene! È stato bellissimo essere al festival oggi e speriamo di rivederci in più occasioni nel prossimo futuro.

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(Txt Marco Mantegazza; Pics Rigablood x Salad Days Mag; video courtesy of Monster Energy Italy)

BRYAN KIENLEN (THE BOUNCING SOULS/BEACH RATS) – INTERVIEW

July 12, 2023 |

Abbiamo parlato un po’ di The Bouncing Souls, del progetto Beach Rats, dell’andare in tour in età adulta con famiglia a casa e di tanta bella musica con Bryan Kienlen in occasione dello scorso Punk Rock Holiday.
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Fukuoka + So Close + Anf + Negative Path + Bloody Cirkus @ Palestra LUPo (Catania) – recap

June 19, 2023 |

Sfogarsi, liberarsi da un peso, sollevarsi, sospendersi. Questa serata alla palestra LUPo inizia con i Bloody Cirkus, collettivo romano dedito alle performance di Extreme body art.

I concetti espressi sono talmente espliciti che si imprimono dentro di te in profondità, tagliando di netto vene, muscoli, nervi. Carcere come metafora sociale, terapie imposte, cibarsi, fare sport e “finalmente” l’ora d’aria e poi si ricomincia, terapia, pasto, sport, ora d’aria in un moto circolare, finché la ribellione si mette in atto nelle pieghe della routine, ma è solo pura illusione, tutto è sotto controllo, l’obbedienza è il fulcro e a te non spetta altro che piegarti. Si segue la performance con il fiato sospeso fino all’epilogo, la morte, evento liberatorio ma che grava come l’ennesima sconfitta del genere umano. La potenza del corpo appeso, bucato, perforato è la vera forza di ribellione. L’oltre.

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La serata musicale vede sul palco i Fukuoka (hardcore da Cuneo), So Close (powerviolence da Milano), gli Anf- Alwaysneverfun (powerviolence da Palermo) e i Negative Path (hardcore da Palermo). I Fukuoka da Cuneo sono stati una folgorante scoperta, già attivi da qualche anno, con un lavoro dal titolo ‘Spaccati Di Vita Quotidiana’ e con il nuovo album ‘Natura Umana’ uscito da qualche settimana, hanno dimostrato sul palco con un set veloce e spigoloso come si suona hardcore in Italia, in italiano. I testi gridati a squarciagola sono un elemento portante del sound dei Fukuoka che mischiano alla grande hardcore old schoool made in 90 con sferzate rock n roll/punk rock.

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I So Close da Milano ci “deliziano” con un annichilente set di hardcore powerviolence davvero brutale tanto che molta gente era lì sotto il palco impietrita dal macigno incombente che aveva davanti. Anche per loro breve set ma super intenso.

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Le band palermitane Anf e Negative Path hanno in comune il cantante, gli Anf hanno prodotto un catastrofico set di powerviolence elettrizzante come delle continue scosse a 380V.

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Infine i Negative Path che, con il loro grezzissimo old school thrashroll hardcore, hanno aperto le danze nel modo più congeniale a loro: sbattere in faccia la loro musica. Piccola riflessione: la sensazione è statica di una forma che si è a poco a poco materializzata e plasmata davanti ai nostri occhi. Davanti a noi i il palco, le band, la gente che fa foto che fa video, che beve che chiacchiera ed è come la partitella dei ragazzi del quartiere nel cortile accanto casa. Un posto protetto, garanzia di divertimento, e luogo di culto. E chi curioso vuole aggiungersi è il benvenuto. Lontano dal music business, dai token, dalle foto fighe e dai selfie del “io ci sono”. Come una schietta risata ancora sincera, palestra LUPo c’è.

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(Txt y Pics Giuseppe Picciotto x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

Metal Vincit Omnia: il Dissonance Festival è più grande che mai

June 6, 2023 |

Partecipare ad un festival ogni anno è magia.

Assistere alla sua evoluzione curativa ed artistica, ammirare come assieme ad essa si imbarchino nell’avventura anche i suoi spettatori, dal più fedele all’ultimo arrivato, è d’ispirazione per chi crede ancora nello spettacolo. Al metal non piace cambiare, ma a noi piace che qualcuno abbia il coraggio di provarci e portarne avanti la legacy più moderna. Per il Dissonance quella del 3 Giugno 2023 è stata la nona edizione, la più ambiziosa, a cavalcare una scia di successi culminata con lo scorso anno. Dopo aver ospitato come headliners As I Lay Dying e Lorna Shore nel 2022, Mattia Brembati di Versus Music Agency si unisce a Trivel e Plasma Concerti per puntare ancora più in alto in squadra, con una lineup palleggiata senza sosta tra due open stage.

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Sono i Meshuggah, divinità del chugging e delle barbe ispide, padri fondatori di chi ama contare i tempi dispari ma anche i breakdown da mani in faccia, gli ospiti d’onore. Il resto del festival conta altri nove (9!) set imperdibili, quasi tutti nostrani. Ed in barba alle previsioni del meteo, la M4 chiusa, lo sciopero delle linee aeree, alle 15:30 il pit è già straripante durante il primo gruppo, i veneti Shading. Nell’industria post-pandemia, ormai va scritto in ogni report, i costi dei tour sono lievitati in ogni fase della supply chain. Investire su eccellenze locali, dalle nuove promesse grind Slug Gore a progetti culto come Destrage e Fulci, estende di gran lunga la palette sonora della giornata, dando al pubblico la possibilità di affacciarsi a nuovi ascolti e nuovi amici.

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Difficile spiegare in che modo possano convivere il prog-techwear dei bolognesi Prospective, i groove zarrissimi del supergruppo francese ten56. ed i voli sperimentali dei Benthos. Ma la lineup, in un ping pong tra due palchi eternamente gremiti, funziona senza singhiozzi: il Dissonance riesce nell’ardua impresa di attrarre pubblici diversi ma uniti dalla voglia di farsi pettinare dal ronzio di una otto corde e la mitraglia di un blastbeat, anche in assenza totale di capelli.

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Alcuni dei momenti più iconici prendono luogo proprio sul second stage, il più piccolo ed intimo dei due palchi: i Fulci rimpiazzano la loro classica drum machine per una human machine, Edoardo Nicoloso dei Jorelia/Omens before Hysteria. I Damned Spring Fragrantia ci regalano una performance gloriosa ed emozionante di Divergences, il loro gioiello brutale che compie 10 anni. Un ignoto leggendario completa un cubo di rubik in 10 secondi nel pit degli Slug Gore. Le fasi anticipatorie del grande climax sono così coinvolgenti che quando i compaesani svedesi Soen lasciano il palco ed il sole termina di tramontare, il live dei Meshuggah ci trova tutti energizzati anche dopo 6 ore di metal e birrette. Anzi, a dirla tutta, l’unica rosicata che arriva alle orecchie una volta calato il sipario, è che non si siano trattenuti a suonare anche Bleed. Se non ci credete, abbiamo immortalato le facce di chi c’era.

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(Parole: Vittoria Brandoni / Foto: Luca Secchi)