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Salad Days Magazine | November 17, 2024

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CANDY ‘IT’S INSIDE YOU’

CANDY ‘IT’S INSIDE YOU’
Salad Days

Review Overview

8
8
8

Rating

CANDY
‘It’s Inside You’-LP
(Relapse)
8/10


Un qualsiasi purista inorridirebbe a vedere il termine hardcore associato ad una band come i Candy (e qui si potrebbe aprire un bel dibattito su quanto la chiusura mentale sia inossidabile allo scorrere del tempo) ma le radici del gruppo stanno proprio li. Che poi negli anni quella matrice sia stata imbastardita con molteplici influenze non proprio consone al genere questo è un altro paio di maniche, ma per me l’originalità e la grandezza del gruppo sta tutta nel voler osare e sperimentare, creando un ibrido davvero interessante. Perché non è da tutti mischiare abilmente hardcore, metal, industrial ed elettronica senza risultare ridicoli: il suono dei Candy è pura lava che corrode le orecchie dell’ascoltatore, suono abrasivo che può ricordare gente come Code Orange, Knocked Loose, Vein Fm., ma saldamente ancorato nelle radici hardcore, creando un gruppo unico nel suo genere. Prodotto dal chitarrista Michael Quick e da Ben Greenberg dei Uniform e mixato dall’onniprsente Kurt Ballou, l’album vede anche la presenza di diversi ospiti: Aaron Melnick (Integrity), Justice Tripp (Angel Du$t, Trapped Under Ice), David Gagliardi (Trash Talk), MIRSY (Fleshwater’s Marisa Shriar) and mmph (Sae Heum Han). Un discreto parterre di nomi della scena che aiuta ad arricchire quello che di per se è già un lavoro pregno di influenze. ‘eXisTenZ’, ‘It’s Inside You’, ‘Dehumanize Me’ e ‘Dreams Less Sweet’ ne sottolineano la brutalità, ‘Love Like Snow’ è forse il pezzo più “pop” e danzereccio dell’intero lotto mentre le conclusive ‘Dancing To The Infinite Beat’ e ‘Hypercore’ nel loro incidere marziale ai limiti della techno sono la giusta colonna sonora di un universo cyber punk post apocalittico. Sicuramente ‘It’s Inside You’ non è un prodotto di facile consumazione, ma una volta che riesci ad entrare nelle dinamiche delle canzoni, tutto avrà più senso. In fondo a semplificare il tutto sono un’ottima variante ai soliti breakdown mosh, una discreta boccata d’aria nel sudore ormonale del pit. Ora, non ho tra le mani una sfera di cristallo, quindi non so dirvi come si svilupperà il genere nel futuro, o che tipo di musica ci sarà nel futuro, ma sono certo che tra 10 anni, guardando indietro, questo lavoro suonerà ancora fresco e innovativo come suona ora di primo impatto. E scusate se è poco.
(Michael Simeon)

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