Arabot ‘Arabrot’
Review Overview
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9ARABROT
‘Arabrot’-CD
(Fysiks Format)
9/10
Protagonisti di un concerto immenso a Milano, e con alle spalle un grammy norvegese e cinque dischi evolutivi, ora tocca fare i conti con una delle migliori band post-estreme del pianeta e capire che, grazie anche a loro, si può arrivare a concepire una vita futura per la musica estrema. E l’impressione che non mi molla neppure un secondo è che gli Arabrot, in sostanza, abbiano la stessa visione della musica estrema che i Motorpsycho hanno avuto per il rock. Rivoluzionaria. A partire da ‘Statan Deofol’, gli Arabrot sconvolgono il dettato metal, lo propongono in un altro versante. Insomma, modificano ciò che oggi è conosciuto. E’ come se la loro amalgama fosse dettata dal punkhardcore, dal post punk, dal doom, dal black metal, e da chissà cos’altro. Una canzone come ‘Attabal’s Dream’, è la traduzione in postcore dei Joy Division, ma con un imprinting tipicamente Pentagram. Impressionante, capite perché? E a proposito di punkhardcore, sentite la rilettura blackmetallizzata di ‘Dedication’. E poi accogliete i tessuti late-industrial di ‘Blood Of Bunny’, che si infrange sui Mr Bungle e sugli Slayer. Schizofrenica, tellurica. Altri aggettivi non mi vengono in mente. Gli Arabrot sono indispensabili. Lo sono, perché hanno in loro il lampo, la luce del genio vero. Il coraggio di voler cambiare e cambiare le cose. Questo li rende una delle migliori band degli ultimi cinque anni.
(Mario Ruggeri)
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