PUSCIFER ‘EXISTENTIAL RECKONING’
Review Overview
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3PUSCIFER
‘Existential Reckoning’-CD
(Alchemy/Puscifer Entertainment/BMG)
3/10
Questo pezzo mi permette un’amara riflessione sull’eterno match recensore vs. uffici stampa. Scusate se si parlerà di chi questa partita la gioca da “professionista”, e di chi, come me, lo fa per scelta. Causa mio lavoro “vero” (ingegnere), mi è capitato di incontrare e parlare “offline” con degli uffici stampa di multi-nazionali dell’industria pesante che ho scoperto essere peggio, per potenza di fuoco e cattiveria di intenti, dei servizi segreti. Penso che certi gruppi (Depeche Mode, piuttosto che tutto ciò che gravita attorno alla figura di Maynard Keenan) si servano delle stesse professionalità. Solo così mi posso spiegare l’alone di santità che questi personaggi si portano dietro, da anni… no matter quello che fanno… no matter quello che succede attorno. Ho visto i Tool a Torino, nel 2006, la famosa volta del super impianto luci che non si poteva fumare/se no i raggi laser non si vedono/lo spettacolo si rovina/siete degli ignoranti/noi vi diamo l’esperienza totale etc. Roba forse buona per i metallari (e io vengo da lì), roba sicuramente deludente per chiunque avesse girato un po’ il mondo, andandosi a vedere… che posso dire? I Chemical Brothers, che facevano lo stesso, molto meglio, almeno dalla fine del millennio prima (e si poteva pure fumare). Ci siamo sorbiti mille storie su quanto sia figo fare il vino: qualcuno ha detto alla BMG di turno che Al Bano fa il vino? Anche Mick Hucknall, se vogliamo andare su territori più alternative. Wow! Maynard fa ju-jitsu con la Gracie family: al prossimo disco ci diranno che ha messo al tappeto Harley Flanagan in un incontro di MMA. Insomma, quando non si parla di musica, ma solo dei musicisti, c’è qualcosa che non va: a costo di essere ucciso dai servizi segreti di cui sopra (dal punto di vista figurato, voglio sperare), sono qui per raccontarvi la verità. ‘Existential Reckoning’ è imbarazzante tanto è banale e noioso. Troppe canzoni, troppo lunghe, si riesce ad arrivare a fine corsa solo alla “disperata” ricerca di un guizzo, di un brano che possa darci una (piccola) scossa, tipo: “dai, la prossima non può che essere meglio”. La parte europea del gruppo, purtroppo, non aiuta a rendere la proposta più interessante, anzi: si passa dal “questa è Bjork”, al “qui ci sono i Massive”. I riferimenti li dovreste sapere a memoria: post punk meets new wave meets elettronica meets boh? A me, invece, vengono in mente due nomi, non di quelli che hanno cambiato la storia della musica. Il primo, lato alt-inde americano. I Metric. Gruppo canadese venduto dai markettari di turno come la next sensation in ambito new wave. Non erano i Voivod per carica innovativa, ma in quel momento (early 2000) “dovevamo” intervistare i Metric, “dovevamo” recensirli, “dovevamo” vederli in concerto (al Rock In Idro coi Darkest Hour, gli Hives, i Turbonegro… di cosa sono capaci gli uffici marketing!). Il secondo, lato sperimentale europeo. Schneider TM. Intercettato in Conchetta, early 2000. La cover di ‘There Is A Light Than Never Goes Down’ in chiave robotica è una delle cose più belle uscite in quel periodo. Ma ‘Zoomer’, il suo disco di lancio (uscito su Mute e City Slang), si trova oggi, in versione vinilica, a meno di 10 Euro, tipo scaffali delle occasioni. Se il mondo fosse giusto, tra venti anni in quegli scaffali ci sarà ‘Existential Reckoning’.
(Franz1972)
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