The Wonder Years ‘Sister Cities’
Review Overview
7
7THE WONDER YEARS
‘Sister Cities’–LP
(Hopeless)
7/10
Per la Hopeless è uscito il 6 aprile il nuovo lavoro dei The Wonder Years, ‘Sister Cities’, sesto album in carriera per la band di Lansdale, Pennsylvania. Dan Campbell e soci sono ormai distanti dalla collocazione pop punk in cui vengono per comodità e abitualmente inseriti, avvicinandosi a terreni più emo, all’alt rock e al post hardcore, e ‘Sister Cities’ è un ulteriore tassello in questo senso. Brutalmente aperto da ‘Raining In Kyoto’, che parla della morte del nonno, si passa a ‘Pyramids Of Salt’ che parla dell’incapacità di aiutare un amico: basterebbero queste a far capire che il tono settato per il disco è quello riservato ad un’atmosfera oscura e difficilmente positiva, ma che tutto ciò che capita è universalmente interconnesso, le esperienze che ad ogni persona sono comuni a gran parte dell’umanità rendendo chi le vive “città sorelle”. È questo il concept dell’album, attraverso le esperienze personali di Campbell. Ci sono anche momenti più vivaci musicalmente, come in ‘It Must Get Lonely’, dove parla di nostalgia dei luoghi in cui si è vissuto, o semplicemente d’amore, vedi ‘Flowers Where Your Face Should Be’, o chiudendo con i sei minuti di ‘The Ocean Grew Hands To Hold Me’, che Campbell giudica il suo miglior pezzo di sempre, in cui l’oceano è visto come collegamento universale di tutti noi e non come qualcosa che divide, confidando ancora una volta nelle persone, la sola speranza. È quello che vorremmo un po’ tutti, no?
(Fabrizio De Guidi, @fabriziodeguidi)
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