Bones @ Magazzini Generali, Milano – recap
Reduce dal release party dei Futbolín, il sabato è dedicato ad una cosetta tenuta nascosta nel cassetto dal dicembre scorso: Bones.
Lo seguo dal 2012 circa, quindi il suo passaggio in Italia grazie ad uno European Tour (DeadBoy Tour) con due date (Milano e Roma, ma poi la Capitale eliminata per non si sa quale preciso motivo) è stata come una folgorazione per me. A chi non dicesse nulla il nome, Bones, all’anagrafe Elmo O’Connor, è uno dei rapper più prolifici di questi tempi e lontano dai canoni del rapper moderno. Nato in California, poi trasferitosi in Michigan e poi di nuovo nel Golden State col collettivo Team Sesh col compagno Xavier Wulf. Se pensate ad un rapper, vi verrà in mente una persona ben precisa con o collane, o treccine colorate, o grillz, o pellicce, o Cortez, o Gucci, ecc., senza che una escluda l’altra… ma sto solo mettendo alcune cose tra le più comuni. Bones non è nessuna di quelle. Magrissimo, capelli lunghi, bianco cadaverico, maglia basic o camicione a quadri oversize, camminate quasi claudicanti e scattose. Non esattamente il modello del giorno, ma il king dell’underground. Precursore forse anche dell’ondata di emo rap che con Lil Peep ha trovato fortuna e inserito anche nell’insieme del cloud rap e del lo-fi, numerose collaborazioni con artisti quali A$AP Rocky e Riff Raff. L’orario indica le 19, forse eccessivamente presto per i miei canoni, ma decido di raggiungere i Magazzini Generali per non trovarmi impreparato. Conscio già di non poter chiacchierare con lui (“no interview, no photo”), alle 19.30 il posto comincia a popolarsi pian piano. Per ora saremo un centinaio di persone. Io i quindici anni li ho passati da un pezzo, e sono l’unico sulla trentina. Per fortuna arriva un papà sulla cinquantina ad accompagnare il figlio, il che mitiga il mio spleen. Devo dire sarebbe già un successo così, perché Bones pensavo di conoscerlo solo io e qualche mio amico. In sottofondo passano anche un pezzo che ha più anni della maggior parte dei partecipanti: ‘Break Stuff’ dei Limp Bizkit, ahah! Poi il resto è tutto trap e vari, e i ragazzini si fomentano ben bene. Sono le 20 e in un attimo sono circondato da circa trecento persone. Sparano un po’ di fumo dalle macchine per creare atmosfera ed ecco entrare in scena il DeadBoy. Folla in visibilio, mai vista una cosa del genere. Visual zero, solo uno schermo senza segnale con scrittona Magazzini Generali, il fratello e manager Elliot O’Connor in cabina di regia e voce di supporto, un fotografo a seguire tutto. Bones canta e si dimena sul palco, pescando tra la sua sconfinata discografia: ‘Oxygen’, ‘DeadBoy’, ‘TimTheToolmanTaylor’, ’281-330- 8004′ e avanti così, anche la sua parte su ‘Canal St.’ di A$AP. Si forma anche un circle pit e all’inizio della strofa esplode tutto per la gioia di Bones e dei partecipanti. Una, due, tre, quattro volte. C’è poco da fare, qua si divertono tutti. Elliot fa scegliere per acclamazione tra questo o quel pezzo, creando coinvolgimento massimo. Dopo un’ora e mezza, e Bones che più volte ringrazia il pubblico per l’energia che ci sta mettendo, dichiara che nemmeno lui se l’aspettava e che ritornerà col suo compagno Xavier Wulf molto presto. È quello che mi auguro.
(Fabrizio De Guidi, @fabriziodeguidi)
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