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Salad Days Magazine | November 22, 2024

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Bunker 66 ‘Chained Down In Dirt’

Bunker 66  ‘Chained Down In Dirt’
Salad Days

Review Overview

8
8
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Rating

BUNKER 66
‘Chained Down In Dirt’-LP
(High Roller)
8/10


Si percepisce da subito che i Bunker 66 (qui alla loro 4° fatica discografica, se si escludono singles, split e compilations ) si divertono a suonare la musica che a loro piace di più, sono strati e strati di ascolti che si materializzano nelle loro songs. L’elaborazione dei brani di ‘Chained Down In Dirt’ marca anche una notevole e ben vistosa vena compositiva pregna di una texture di riff velenosi, giri di bassi ancestrali e nebbiosi e un drumming in perenne fuga. La voce di D. Thorne sfugge al passato per rilasciare un connubio duttile growl/clear, che lascia a bocca aperta. Una combinazione che unisce alla loro formula originale di death-trasher incalliti una ricercatezza nell’eseguire il tutto. Otto i brani che compongono la tracklist, veloci colpi di scure poche volte sopra i tre minuti e in un solo caso con l’opening track ‘Satan’s Countess’ che sfiora i quattro minuti. Proprio ‘Satan’s Countess’ è in odore di anthem song: inizia con un assolo folgorante e partenza panzer/killer che incalza un refrain micidiale immagazzinandosi dritto dritto nel cervello. Altro colpaccio ‘Taken Under The Spell’ mid-tempo sofferto, per poi sfociare in una cavalcata che si impenna nel tumultuoso finale. ‘Black Steel Fever’ invece è una pillola che ha effetti collaterali multipli, scaglie di brina celtica si fondono a figure assassine exciteriane. E’ un lavoro molto coeso, furioso e ben prodotto, la formula consolidata suona ormai come un classic sound of Bunker 66!
(Giuseppe Picciotto)

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Ph. Giuseppe Picciotto

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