Outlook Festival day one – recap
La giornata d’apertura dell’Outlook Festival, escludendo il delizioso antipasto con il concerto di Lauryn Hill all’anfiteatro romano di Pola, è sempre la più difficile: interpretare al meglio il knowhow di come funziona uno dei meeting musicali più dispersivi e vasti d’Europa alla fine della fiera risulta stressante e alquanto faticoso. Senza dovervi tediare con preamboli su cos’è l’Outlook Festival veniamo al sodo: se son siete campeggiatori professionisti dello sballo, di sicuro vi ritroverete alloggiati in una delle più interessanti cittadine croate, Pola; e da qui che partono bus navetta verso Puntizela, un promontorio di macchia mediterranea che si affaccia sul mare e sede ufficiale del più grande festival di soundsystem culture.
Dal capolinea sono circa 30 minuti di bus tra stradine strette e poco illuminate e un gorgoglio di accenti più o meno cockney; sì perché la festa è di proprietà inglese fatta su misura per le esigenze narcodanzerecce della gioventù britannica. Dall’ultima fermata all’ingresso del parcogiochi vi fate almeno 20 minuti a piedi in penombra, e quando l’entrata vi fa sognare un arrivo certo, vi istruiscono che per accedere all’area protetta ci sono almeno altri 20 minuti di cammino per un sentiero sconnesso. Fatta siamo dentro la fiera della dancehall, che tra stands di merch (quest’anno Majestic Athletic la fa da padrone), cessi chimici dall’odore nauseabondo e bancherelle junkfood di ogni tipo, ci inizia al leitmotiv della nostra missione.
Prima tappa The Clearing, palco dove la musica più dura introduce i timpani ad una guerra infinita di bassi: dubstep, techno, drum’n'bass, discreto l’afflusso e i primi etilici iniziano a fare la loro comparsa. Giù per la collina a sinistra arriviamo al mainstage: The Harbour, il piazzale enorme dove stasera si viaggia sulle coordinate della jamaican roots: parola d’ordine reggae! Iration Steppas & Kenny Knots, Chronixx & Zinc Fence Redemption, Buraka Som Sistema sono i capi indiscussi della serata, inframmezzati dalla pagliacciata esecutiva di The Heatwave, un deprecabile siparietto di bass music commerciale da twerking ignorante… pubblico entusiasta, cultori di musica raffinata al bar!
Vai risaliamo la collina fino al piatto forte della manifestazione: Fort Punta Christo, ovvero una dozzina di fortificazioni che nel 1800 servivano a difendere Pola, all’epoca uno dei maggiori porti d’Europa, da eventuali attacchi nemici. Ecco a voi un dedalo di trincee, cunicoli, muraglioni da suddividere in differenti location per differenti soundsystem: The Moat ovvero un rave continuo incastrato nel fossato attorno al castello, qui morti e feriti se ne contano a bizzeffe, entrarci non è difficile ma arrivare sottopalco è impresa davvero per pochi eletti. Strobo senza sosta e volumi disumani non lasciano scampo. Passiamo oltre: The Void o Arena 6, spiazzo adiacente dove si fa la fila per entrare, e capiamo presto il perché; musica sopraffina per lo più deep house e r & b raffinato, colonia di fashion victims e narcisi cui piace farsi fotografare da chiunque dimostri interesse per i loro look.
Proseguiamo il nostro giro nel prossimo girone: Mungo’s Arena, variopinti murales adornano pareti sulla base di ragamuffin’ impazzito, bandiere giamaicane e dreadlocks la fanno da padrona, ma il posto non riesce a riempirsi a dovere. Avanti tutta: Noah’s Ballroom, una cavea intima alla fine di un cunicolo inquietante, numero chiuso vista l’esigua capienza, e si ritorna all’elettronica pesante. Pioggia di luci e tempesta di watt riducono l’autonomia dentro la pancia del Forte. E allora avanti a Fort Arena 1 e uscita obbligata dal castello delle streghe technohippy, prendiamo fiato all’aperto riguadagnando il terreno perso sui colori giallo, rosso e verde. Giù per la discesa c’è pure un micro palco per rapper freestyle … inglesi tanto per cambiare, come pure tutto l’apparato medico sanitario.
Ok sono le 4,00 AM nonostante il macro rave non dia il minimo segno di cedimento, è tempo di capire se dopo i 40 minuti di ritorno esiste davvero un bus navetta, non prima di aver avvistato l’attracco forzato di un paio di Boat Parties, segno evidente che per uscirne vivo o sei un buon marinaio o sei un buon bevitore. Dopo 50 minuti d’attesa il bus è arrivato ma occhio ad avere cambiato i soldi, da queste parti è un attimo pagare un’ordinaria corsa sui mezzi locali come quella di un comodo taxi. Buonanotte!
http://www.outlookfestival.com
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