Intronaut ‘Habitual Levitations’
Review Overview
8
8INTRONAUT
‘Habitual Levitations’-CD
(Century Media)
8/10
È sempre affascinate fare visita a quella zona oscura e minacciosa che si colloca tra il post-metal e il new prog. Il quarto lavoro degli Intronaut pare posizionarsi proprio lì, più precisamente in un punto equidistante tra le architetture sofisticate dei Porcupine Tree e i turbini mastodontici dei Tool, anche se in qualche momento si percepisce pure il senso di incombente disastro presente in certi Isis. La capacità di saldare assieme tutti questi elementi, per tirarne fuori qualcosa di colossale, raffinato, tormentato e cosmico, eleva il quartetto losangelino al rango di maestri, in grado di mettere nella stessa partitura tele progressive, gradazioni jazzate, lamentazioni corali à la Alice In Chains, fughe post-rock e detonazioni post-hc. In dieci tracce dalla durata consistente, si attraversano tutti gli strati dell’atmosfera, sparati verso lo spazio profondo da una sezione ritmica a dir poco superlativa. Alla fine di un’esperienza fisicamente distruttiva come l’ascolto per intero di ‘Habitual Levitations’ (menzione speciale per l’artwork mirabolante di David V. D’Andrea), la sensazione più epidermica che si possa provare è quella di aver ascoltato un disco sconvolgente ma, allo stesso tempo, estremamente rilassante. Un po’ come capitava con i capolavori dei Pink Floyd.
(Flavio Ignelzi)
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