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Salad Days Magazine | December 22, 2024

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Vinicio Capossela ‘13 Canzoni Urgenti’ @ Sala Verdi del Conservatorio, Milano – recap

Vinicio Capossela ‘13 Canzoni Urgenti’ @ Sala Verdi del Conservatorio, Milano – recap
Salad Days

Non potendomi permettere, per principio, la copia fisica – BTW, dobbiamo aspettare Ronco e la TV Svizzera per sentirci dire che c’è un problema di caro vinili?

- decido per il “concerto/lancio” di ‘13 Canzoni Urgenti’, ultimo lavoro di Vinicio Capossela. Parte da qui questo primo mio esperimento di recensione/live recap. La cosa è figa, visto che mi toglie dall’imbarazzo di dover mettere un voto (che fa schifo a tutti sin dai tempi delle elementari, ma vedo che nessuno contesta quelli della scuola – cagasotto – ne tantomeno quelli delle graduatorie nei concorsi – ricagasotto). La cosa è molto figa, visto che le impressioni del disco vengono da UN solo ascolto, dal vivo, in presa diretta. COME, secondo me, DOVREBBE ESSERE. Mi inserisco a gamba tesa in un interessantissimo dibattito riguardo alle recensioni, iniziato da un mostro sacro come Guglielmi sul suo facebook. Ci sono TROPPE uscite. TROPPI gruppi. TROPPI generi. Nella musica sta succedendo quello che è capitato (secondo me, purtroppo, solo in “provincia”, quindi solo in Italia) nella letteratura qualche anno fa: più scrittori che lettori. In questo mare magnum di proposte, non mi dovete rompere i coglioni. Recensisco QUELLO che mi piace… e recensisco COME mi piace. I.e. RECENSISCO ANCHE DOPO UN SOLO ASCOLTO, in presa diretta. Bene. ‘13 Canzoni Urgenti’ e’ il ‘Back In Black’ di Capossela. Da un periodo pessimo, esce fuori uno degli album più “facili” del Nostro, se non il più ascoltabile. Comunque il più diretto (lascio la parola punk alla stampa mainstream, che di solito qui gode). Un album, alla sua maniera, molto politico. Il mio highlight? Per me il senso di Capossela sta tutto ne ‘Il Tempo Dei Regali’. Una pezzo in cui si celebra il dono dell’incontro. E potrei finire qui. Invece vado avanti. Capossela predica bene e razzola bene. Non è un chiacchierone, se uno degli ospiti della serata (e del disco) è stato Sir Oliver Skardy. Skardy non è Raiz, che con teatro o cinema, piuttosto che con “Londra” (parlo del suono) ha avuto a che fare. Skardy non è Bunna, che con i fighetti milanesi (ed io sono di quella categoria) ci ha avuto a che fare (parlo del buon Giuliano Palma). Vedere “ASSO” suonare ‘Papa Nero’ (nei bis), con Capossela, Malfatti e tutti gli altri ad accompagnare: questa è l’immagine che mi porterò dietro per sempre, e che mostrerò a quegli “artisti”, con cui ho spesso a che fare. Gente che per un riferimento (per loro) sbagliato ti investe di lezioni di musica, di scrittura, di giornalismo… Capossela è più cattivo dei Sempre Peggio, se in ‘Minorità’ riesce a parlare del MALE del carcere come è fatto qui, in provincia. Mi viene in mente Stephen King e ‘Le Ali Della Libertà’. Mi viene in mente ‘Cash At Folsom Prison’. Se, da una parte, – cazzo parliamo di Capossela! – perdonerò alle testate mainstream di cui sopra l’accostamento alla parola/contenitore “punk” per descrivere delle atmosfere più dirette del solito… sappiate che dall’altra – proprio perché: cazzo parliamo di Capossela! – NON perdonerò chi userà la parola/contenitore “punk” per caratterizzare i suoi testi. Capossela NON scrive per slogan. ‘Minorità’, per rimanere in tema, si riferisce ai rapporti tra persone e cose. Rapporti che in carcere regrediscono a situazioni tipiche da bambini: cose da “minore età”. Capossela NON scrive per slogan. Prende l’incipit di ‘Bella Ciao’, la canzone politica per eccellenza, lo cambia in negativo e lo usa per denunciare, in ‘La Cattiva Educazione’, una società dove centinaia di donne “questa mattina non si sono svegliate” perché uccise dall’invasore dentro, dall’invasore in casa. Roba da pelle d’oca (anche per l’ospitata di Margherita Vicario). La cosa pazzesca di tutto questo? Introduce il pezzo con un fortissimo: “per fortuna le nuove generazioni sembra che questo problema non ce l’abbiano”. In una frase ci manda tutti a casa, noi professoroni della libertà e dei valori, ed i nostri zii/cugini più grandi. In una frase fa un giusto e bel complimento ai tanto bistrattati giovani, ed alla loro fluidità. In una frase spedisce un giusto e bel messaggio che se fossi Schlein farei di tutto perché diventi VIRALE. Per fortuna non succederà. E Capossela rimarrà “roba nostra”. Non ho ancora parlato di musica, in maniera più analitica che “questo è il ‘Back In Black’ di Capossela”. Ma ho deciso che non parlerò di musica: diventerebbe troppo lunga. Leggetevi i credits, fatevi due domande, e datevi due riposte. Continuiamo quindi coi messaggi. ‘All You Can Eat’. Altra canzone più cattiva dei Sempre Peggio. Se Martin e compagnia denunciano il “caro birre” a Milano, Capossela va oltre e manda un bel messaggio alla nostra giunta e ai nostri concittadini: NON esiste che gli unici posti dove fare socialità, a Milano, sembra siano solo i ristoranti. Ristoranti che aprono e chiudono come funghi, posti senza sapore, spesso più di apparenza che di sostanza. E con i ristoranti, ovvio, tutto l’indotto: trasmissioni tematiche, reality, etc etc. BASTA. Ridateci il nostro BAR, cazzo. Finisco con ‘La Parte Del Torto’. E qui Capossela fa come la Pellegrini ai mondiali del’19. Dopo un’incredibile vittoria nei 200 stile libero (la sua gara) contro avversarie più giovani di una o forse anche due generazioni… aveva detto qualcosa come: “non potevo farle vincere a casa mia”. Con ‘La Parte Del Torto’ Capossela mette le cose a posto. Cazzo ma ‘sta gente cita, come se niente fosse, Brecht. Cazzo ma ‘sta gente canta, come se fosse normale, De André. Ma stiamo scherzando?…“non possiamo farli vincere a casa nostra”…
(franz1972)

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