Amesua interview
Dalla Sardegna con furore… e tanto sentimento, arrivano gli Amesua, formazione screamo punk dai riflessi multicolore. Un progetto interessante che meritava un approfondimento.
Abbiamo parlato del loro nuovo album ‘Punto’ e non solo. Ecco un’intervista in esclusiva per Salad Days Magazine!
SD: Avete appena pubblicato ‘Punto’, il vostro nuovo album. Potreste descriverci l’anima di questo disco dal punto di vista dei contenuti?
A: ‘Punto’ ha in sé gli ultimi anni di vita personale e da band, letture, videogiochi. Condensare tutti questi aspetti ci ha divertito e, in parte, fatto riflettere su cosa volevamo essere. Il personaggio immaginario protagonista del disco, ispirato dai giovani viaggiatori della ‘Trilogia Della Frontiera’ di McCarthy, ha i nostri desideri e le nostre paure, le delusioni, gli amori infranti. C’è la ricerca di un posto nel mondo, il bisogno di capire sé stessi e gli altri, luoghi mistici come il deserto, eterna fonte di riflessione.
SD: Dal punto di vista musicale, cosa definisce il sound di ‘Punto’? Ci sono novità e differenze rispetto alla produzioni precedenti?
A: Ci siamo dedicati molto di più ai suoni a partire da ‘Virtù’, il disco precedente. Con ‘Punto’ volevamo ottenere il massimo con i nostri pochi mezzi: quindi rispetto a prima c’è maggior compattezza a livello sonoro. I brani, in ogni caso, nascono sempre nella stessa maniera: si parte da un pattern di batteria, da un riff di chitarra o basso, da un testo che poi cerchiamo di musicare.
SD: Suonare punk (e simili) per molti significa anche abbracciare una certa consapevolezza sociale, che non è necessariamente lo scrivere testi politici, quanto avere un certo determinato approccio nei confronti del mondo che ci circonda. Come band vi sentite di vivere questo genere di relazione con la realtà quotidiana dei propri vissuti (sia nel contesto urbano e comunitario, che nel contesto privato) oppure considerate la band come espressione artistica senza altri aspetti associati ad essa?
A: Per quanto ci riguarda stiamo nel mezzo: ci rendiamo conto che aver conosciuto il punk molto giovani ci ha permesso di entrare a far parte di un mondo più aperto e sincero. Crescendo poi ti rendi conto che nessuna scena è esente dai problemi: ma, anche in questo caso, il punk ci ha dato gli strumenti per capire che direzioni prendere, come risolvere i problemi, come creare nuovi mondi. C’è una sensibilità differente in generale, comunque: come dici tu, non necessariamente politica, ma umana.
SD: Ci sono band odierne che secondo voi stanno facendo qualcosa che dovremmo ascoltare in Italia?
A: I nostri super-amici Sangue sono il gruppo hardcore più figo della terra. Solo qua in Sardegna abbiamo i Second Youth (dove suona Ale), Sarram (Valerio, che fa noise e ha 300 pedali e nastri, in pratica ci vuole una laurea in ingegneria per i suoi live set), tutta la roba che stampa/promuove/suona Diego Pani (che è un etnomusicologo, e viene dal punk, quindi è già bello così). Più in generale in Italia penso spesso ai Dags!, a cose lontane da noi tipo i Nu Genea (napoli-funk, che vi devo dire?). C’è davvero tantissima roba da ascoltare e tanta di questa è di qualità.
SD: Pensate che vivere in Sardegna, una terra decisamente unica nel suo genere, abbia una qualche influenza sul vostro modo di essere una band underground?
A: Si, ci pensiamo spesso ed è una cosa che credo accomuni un po’ tutte le band isolane: siamo ai confini dell’impero, per noi è fisicamente complicato spostarci se non con aerei/navi. Spesso, almeno pre-Internet attuale, le novità arrivavano in ritardo ed erano pochi quelli smaliziati che magari avevano amici all’estero che spedivano dischi e/o suggerivano cose nuove. Quindi in generale siamo abituati a dover sudare il doppio degli altri. I sardi, con pregi e difetti, sono un popolo meraviglioso e antichissimo: abbiamo assorbito culture diverse per secoli e credo che questo retaggio sia presente anche nelle band, che assorbono e rielaborano tutto ciò che ruota attorno.
SD: Torniamo al vostro nuovo disco. ‘Punto’ è il risultato degli ultimi anni? Ossia: pandemie, incertezze, isolamento, difficoltà e distanza hanno avuto un impatto nel vostro processo creativo nel dare forma a questo lavoro?
A: Assolutamente, è inutile negarlo: inizialmente sembrava che una cosa per noi quotidiana come suonare insieme fosse diventata impossibile. Abbiamo provato ad adattarci, inizialmente: nelle prime due settimane ci spedivamo i file per lavorarci da casa, ma la cosa non è andata avanti a lungo. Ci siamo resi conto che avevamo bisogno di guardarci in faccia l’un l’altro per lavorare ai brani, così abbiamo atteso di poter tornare in saletta e abbiamo convogliato negli strumenti tutta l’energia accumulata. Il titolo del disco, in parte, è riferito anche agli ultimi due anni: volevamo mettere un Punto e andare al capitolo successivo della nostra vita come Amesua.
SD: Qual è il modo migliore per supportarvi se qualcuno dei nostri lettori e delle nostre lettrici apprezzasse la vostra musica?
A: Venite ai concerti, scriveteci sui social e/o e-mail: ci piace il confronto e conoscere nuove persone. Tutti i nostri dischi stanno su Bandcamp acquistabili, su Spotify ci sono gli ultimi tre. Offriteci una pizza e diventerete i nostri migliori amici.
SD: Cosa possiamo aspettarci ora che ‘Punto’ è uscito? Sarà possibile vedervi dal vivo da qualche parte?
A: Assolutamente! Unico progetto per il futuro: suonare, suonare e suonare. Stiamo lavorando a dei mini-tour, probabilmente dall’autunno in poi: chiunque voglia darci una mano, può scriverci e ve ne saremo grati in eterno.
(Txt Gab De La Vega x Salad Days Mag)
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