CREPAX A 33 GIRI
CREPAX A 33 GIRI
Antonio Crepax/Archivio Crepax
(VoloLibero)
Anno nuovo. Come buona parte dei milanesi incappo in un ordine di quarantena che mi “costringe” a casa, tra libri, dischi e DVD. Quale miglior occasione per “flaggare” degli arretrati? Comprato a suo tempo, rimasto nei libri “to read” dal primo lockdown, non potevo non iniziare da ‘Crepax A 33 Giri’. Quando lavoravo in una società padronale, una media impresa, ma comunque a gestione famigliare, lo spettro che incombeva su noi dipendenti era una terribile statistica: imprese di quel genere, fondate dal “padrun” (nel mio caso “l’ingegnere”) a meno di cambi di gestione, destinavano a morire alla terza generazione. Perché? Semplice. Si tende a ricondurre, sempre e comunque, la storia dell’azienda ad una sola parola: “agiografia”. Traduco. E’ tutto un: “quando c’era l’ingegnere”… “questa cosa non sarebbe successa con l’ingegnere”… “bravi… ma l’ingegnere”… etc etc. L’archivio Crepax è gestito dalla seconda generazione. Il mio umile consiglio? Attenti. Non cascateci. Mi spiego meglio. I contenuti? Spettacolari. Come è ovvio che sia. Ci si perde in quelle copertine. Sono circa 300, no fillers, una versatilità che neanche Patton (e voi sapete che per me Patton è Dio). La forma? Attenti. Un libro del genere, “grosso” come un 33 giri, dovrebbe essere a copertina rigida. Peccato. La copertina, le retrocopertine? Un collage di foto e di disegni di Crepax che venendo dal punk/hc mi vien da storcere il naso e da preoccuparmi: possibile non si potesse fare un po’ meglio? Possibile che l’opera di gente come Winston Smith rimanga confinata nei nostri ambienti “bassi”? Vero anche che il destinatario “medio” di questo libro non sono forse io, ne’ in età, ne’ in ascolti, ne’ in tribù di appartenenza. Peccato. Le parti scritte? Mi sembra un po’ mia madre quando parla di mio padre, prof universitario mancato una quindicina di anni fa. Non c’è bisogno di ricordarmi, sempre e comunque, che mio
padre fosse un genio. LO SO. Ecco. Il tono è un po’ quello di mia madre. “Il primo copertinista italiano”… “sicuramente una delle più belle cover realizzate da nostro padre”… “non siete i soli che possono vantarsi” etc etc. Il tutto appesantito da quelli che dalle nostre parte si chiamano “credits”. LO SO! SO TUTTO. E se non lo sapevo, l’ho CAPITO bene da chi vengono quei disegni del disco dei Garybaldi! I dettagli? Ragazzi: attenzione agli errori di editing (punti che mancano, virgolette che si aprono e non si chiudono), secondo
me inaccettabili in una pubblicazione di questo tipo. E soprattutto attenzione ai correttori di bozze: pagina 69, il ricordo di Giancarlo Soldi. Lui e gli amici che vanno su ‘sta Dyane ad un concerto in cui le star erano gli Huria Heep. Chi? Peccato.
P.S.
Se non si fosse capito questa rece è un invito/CV. Non certo per un cambio gestione (siamo alla seconda generazione, quindi c’è tempo)… ma almeno per un collaboratore/tuttofare di cui non vi pentirete!
(fmazza1972)
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