Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Salad Days Magazine | December 26, 2024

Scroll to top

Top

No Comments

Bee Bee Sea vs Freez – double interview

Bee Bee Sea vs Freez – double interview
Salad Days

Per la serie “new garage italiano”, e grazie al mio omonimo Barcella, i.e. Wild Honey Records, ecco un’intervista parallela a Bee Bee Sea e Freez.

I primi, forse, sono già “arrivati”. I secondi, forse, scalpitano per diventarne gli eredi. Cosa hanno in comune? Un seguito agguerrito come la curva dell’Atalanta, ma più giovane. Gente che va ai loro concerti. Gente che organizza i loro concerti. Gente che, addirittura, ci suona ai loro concerti! Una bella risposta a chi dice che non c’è ricambio, o per dirla come Jake: “…E sti cantanti non fanno più cose nuove, Fanno solo le cover non fanno la benza dentro la Range Rover…”. Il risultato dell’intervista? Niente di tecnico, niente di: “il tuo album suona così, il loro suona cosà”. Al contrario, a mio modo di vedere, un divertente e veloce spaccato della provincia, con una certezza e niente (altri) “forse”: dateci i concerti! Come dicevano i Van Halen, “Women and Childern first”. Parto con i Freez, i “bambini” del lotto. Nota bene. Il loro ‘Always Friends’ è ancora disponibile @Wild Honey Records, affrettatevi prima che tutto questo esploda!

SD: Voi siete praticamente omonimi di due gruppi “diversamente” fighi, anzi, fighissimi! Freeez. UK. Funky jazz, uno dei gruppi preferiti di Gilles Peterson. L’acid jazz prima dell’acid jazz. E i The Freeze, HC americano, piena golden age. Quelli di ‘This Is Boston, Not L.A.’. Roba da paura. Insomma: che sensazione vi dà ‘sta cosa? Conoscete? È roba da vecchi, lo so. Ma magari lo avete fatto apposta per la ricerca di Google!
TF: Intanto ciao Franz! Sì, lo sappiamo, e fa ridere. In realtà ci abbiamo sbattuto la faccia parecchio all’inizio del nostro percorso, i primi video che caricavamo su YouTube erano ovviamente linkati a questi gruppi. Ed hai ragione, esiste pure una band dance inglese che negli anni ottanta si chiamava Freeez, proprio con la tripla “e”! In realtà il nome ci suonava semplicemente bene, purtroppo nessun collegamento voluto con queste band, indubbiamente più fighe della nostra.

SD: Per quelli della mia generazione (sono del ‘72) facile arrivare al garage! Erano gli anni ‘90. C’era la Crypt. I New Bomb Turks. E poi i Black Lips in tour. Cazzo per voi “regaz” è impossibile arrivare al garage! Come è andata?
(Michele) Ti dirò, mio padre mi regalò ‘Arabia Mountain’ dei Black Lips poco dopo che avevo iniziato a suonare con i ragazzi: mi ha fatto andare fuori di testa quel disco! Però diciamo che siamo arrivati a quella scena durante il liceo. Nel mio caso sono stato molto guidato da Nicolò e Stefano (batterista e chitarrista), che al liceo sono stati un po’ i miei “insegnanti” per quanto riguarda la musica garage. Sai cosa? Sicuramente ascoltavamo band che prendevano a loro volta ispirazione da band come i Black Lips, oppure ascoltavamo i Black Lips del 2014, piuttosto che quelli del 2005, ecco. Non sottovalutarci comunque, anche se abbiamo qualche anno in meno di te le band fighe le riconosciamo lo stesso…ahaha (ndr: colpito!).

SD: Il mondo garage è un mondo che più di altri è fisico. Parlo di dischi. Di sudore. Di concerti. Come si concilia il garage con la musica “fluida”? E come si concilia il garage con TikTok et similia. E come sopravvive il garage a ‘sto mondo senza socialità! Che, in altre parole, vuol dire “cosa state facendo”? Nuovo disco?
TF: Il garage su TikTok? Cazzo non sapremo come rispondere. Appena un nostro singolo diventa virale grazie a TikTok ci risentiamo, ok? Per il momento ti possiamo dire che le demo che Michele sta registrando sono belle fighe, attualmente però la priorità è ancora ‘Always Friends’, perché tre mesi di concerti per questo disco non sono abbastanza per noi. Fuck Covid!

SD: Domanda particolare. Legata a Vicenza (siete di lì, giusto?). A Vicenza c’è un nome ingombrante come quello dei Derozer. Mi chiedevo da milanese come è la “piazza” vicentina. C’è curiosità rispetto all’underground? Ci sono “settori”? È una bella realtà? Sì perché? No perché?
TF: Vicenza nello specifico no, per noi. Troviamo molto più stimolante la piccola città di Schio. Ad essere sinceri non abbiamo nemmeno mai suonato a Vicenza, questo per farti capire quanti locali ci sono dalle nostre parti! Però Schio ha avuto molto da offrire nell’era pre Covid, passa a fare un saluto appena si potrà!

SD: Siete andati all’estero? Ecco: forse una cosa meglio oggi che ai miei tempi è il discorso estero. Cosa ne pensate? ‘Sta cazzo di Europa sarà servita a qualcosa?
TF: Certo, certo. Noi grazie alla band abbiamo iniziato a “viaggiare” relativamente presto. Pensiamo che paesi come Francia, Svizzera o Inghilterra per il nostro genere siano molto più interessanti del panorama italiano, per un motivo preciso, e ti diremo anche quale: la gente balla tantissimo! Punto. Non c’è molto altro. Vai in Francia a suonare e magari le persone che incontri non sempre sono tra le più simpatiche, ok va bene! Però ballano come pazzi per tutto il live, e tu insieme a loro. Ecco, crediamo che questo sia importante.

SD:Mi fermo che se no vi annoiate. Granbeldisco!
TF: Grazie Franz per le belle domande, un bacio a Salad Days Mag. Lesgooo!

Continuiamo con i Bee Bee Sea, che essendo già esplosi, sono freschi di ristampa del loro (secondo, ma primo con Wild Honey) ‘Sonic Boomerang’, da avere “by all means”.

SD: Siete molto vicini, parlo assonanza e nome, agli Thee Oh Sees. Li conoscete (immagino di sì)? È un caso? In maniera più generale: da dove nasce il nome?
BBS: Certo che li conosciamo! Sono una delle band che più ci ha influenzato in passato e abbiamo suonato con loro circa 3 anni fa. Bee Bee Sea era un nome facile da ricordare perché richiama la BBC e che ha tanti significati, tra i quali “dropout” e “loser” in qualche slang australiano. Ci piaceva, non era un nome troppo ragionato o ricco di significato.

SD: Per quelli della mia generazione (sono un ‘72) facile arrivare al garage. Erano gli anni ‘90, la golden age. C’era la Crypt. I New Bomb Turks, poi gli Hives che diventano grossi, ed i Black Lips con i loro primi mitici tour italiani. Caxxo, per voi come è andata? Non è mica “figo”, oggi, fare garage! In altre parole, come avete iniziato?
BBS: Gli Hives ci piacevano tanto da ragazzini. Ovviamente erano già una band gigante da molti anni e non ne abbiamo mai pescato un granché, perché già sembravano una band superata. I Black Lips al contrario, pur avendo già pubblicato i dischi più celebri, per noi è stata una ventata di novità incredibile. Infatti volevamo essere esattamente come loro. Quando nel 2016 abbiamo aperto il loro concerto all’Hana-Bi di Ravenna abbiamo realizzato un sogno ed è stata la notte più bella della mia vita. Per il resto è andata più o meno così, dai Black Lips arrivi a riscoprire meglio le band del passato e andando ai concerti (a vederli ma anche a suonarli) entri in contatto con l’underground e da lì ti si apre un mondo. Il mondo garage (a mio modo di vedere) è un mondo dove, più che in altri, conta la fisicità. Parlo del disco, del vinile, del concerto, del piccolo club, parlo di mille uscite, parlo di sudore.

SD: Come si concilia il garage con la musica fluida. E come si concilia il garage con TikTok et similia. In altre parole, cosa state facendo?
BBS: Per me TikTok è una piattaforma come tutte le altre. Personalmente non mi piace ma non escludo che in un futuro possa ritrovarmici. In fondo anni fa avevo dubbi anche sul promuovere la band su Instagram e guardaci ora, non c’è nessuno (o quasi) che non ce l’abbia. E’ come se nella tua città aprisse un nuovo bar e tutta la gente che conosci inizia a frequentarlo. Che fai, te ne resti da solo nel solito bar? Poi, sudore e fisicità sono ancora alla base del garage rock ma questo non esclude per forza l’online.

SD: Cavolo, venire da un mini paese: quanto conta? C’è l’influenza del rock and roll “della bassa”? Parlo di Piacenza, parlo di Fidenza. Oppure siete degli outsider? Oppure siete più vicini al discorso alternative dei Super Elastic Plastic etc etc. (sorry about it, in realtà non mi ricordo come si chiamano… li ho visti… ed erano di Mantova).
BBS: Siamo abbastanza outsider. Inizialmente facemmo comunella con altre band della zona non proprio affini. Con il tempo abbiamo scoperto sempre più realtà interessanti e nemmeno troppo distanti. Nella bassa mantovana c’erano gruppi come i Tree House Society, Dots e Virus. A Bergamo c’era Franz (Miss Chain & The Broken Heels, Otis Tours, Wild Honey Records ecc…) che organizzava un sacco di concerti di gruppi garage e che spesso finivano a suonare in posti che frequentiamo come il Dallò a Castiglione D/S o il Lio Bar a Brescia. La situa di Fidenza Taun/Festival Beat purtroppo l’abbiamo scoperta un po’ più tardi.

SD: Siete già andati all’estero? Arrivati ci siete arrivati (vedi Iggy Pop). Come è stata la cosa? Conta la musica liquida di cui sopra? Conta l’essere europei, e non “italiani”?
BBS: Siamo stati all’estero parecchie volte in questi anni. Un tour in US e vari in Europa. Suonare all’estero solitamente è più stimolante. Spesso le situazioni sono più cariche e le band con cui suoni mediamente più valide delle nostre. La musica liquida per noi è una cosa praticamente normale, non ci poniamo nemmeno la questione. Siamo nati che già il CD stava diventando una cosa obsoleta e arrivavano gli ipod. Per noi i vinili e cassette sono praticamente i formati nuovi, se ci pensi! Quando abbiamo iniziato a suonare chi teneva i vinili era la band figa che si era potuta permettere di non stampare solo i CD: e fare una pagina FB (della band) era la prima cosa a cui pensavi perché così facevano tutti i nostri coetanei. Per quanto riguarda il discorso italianità dipende: se suoni in America che tu sia francese o ungherese o italiano, a loro non fa molta differenza; se invece suoni in Europa non è che sia chissà che bigliettino da visita. Non abbiamo una fama da veri rock’n’roller, pur avendo avuto discrete eccezioni negli anni passati! Ciao ed alla prossima!

(Intervista di franz1972)

Submit a Comment